Si dimentica sempre che, specie in una guerra moderna, non esistono vincitori e vinti. Sono sempre perdenti, in ogni caso, i popoli di ambedue gli schieramenti
di Augusto Lucchese
Presso la Corte Penale Internazionale dell’Aja è stata formalmente avviata la procedura per accertare eventuali crimini di guerra commessi dalla Russia nel corso della invasione dell’Ucraina.
Il governo russo non ha ritenuto di dare seguito alla notizia e, alla prima udienza, non ha inviato alcun suo rappresentante.
Il Tribunale penale internazionale fu istituito con il trattato di Roma del 1998. Pur non essendo la Russia fra gli aderenti, l’indagine scaturisce dal fatto che l’Ucraina, nel 2015, ha richiesto un intervento del detto Tribunale riguardo ai supposti crimini commessi sul suo territorio nel 2014 (Donbass e Crimea). Il procuratore sta indagando, quindi, su eventuali reati commessi, in territorio ucraino, da uomini armati non ucraini.
È ciò che è successo nei Balcani negli anni ‘90, quando la Croazia ha denunciato la Serbia per il crimine di aggressione. Il Tribunale penale internazionale ove dovesse acclarare responsabilità personali in crimini di guerra potrebbe emettere, in teoria, un mandato di cattura contro Putin.
È tuttavia difficile che ciò accada, a prescindere dal clima di quasi impunità concesso per prassi ai Capi di Stato.
Basti pensare ad alcune Nazioni vincitrici della 2° guerra mondiale, all’Indocina, al Vietnam, all’Iraq, allo Yemen, all’Afganistan, per non dire della lunga serie di guerre locali che hanno generato autentici genocidi. Per quanto concerne la Russia di Putin, ancor prima della Ucraina, potrebbero essere probanti gli accadimenti di Cecenia, Georgia e Siria.
Quali sono i crimini attribuibili ai russi, secondo Amnesty International?
Potrebbero essere gli attacchi indiscriminati verso obiettivi civili (abitazioni, ospedali, scuole, edifici di culto ecc.) mediante l’utilizzo di ordigni che, più o meno volutamente, colpiscono insediamenti non militari.
Sembrerebbe altresì che, almeno in una circostanza, si sia fatto ricorso alle bombe a grappolo, utilizzate in quanto la Russia non ha sottoscritto, a suo tempo, la convenzione di Oslo che ne esclude l’impiego perché eccessivamente insidiose e letali.
Ove effettivamente fosse stato deciso (o si dovesse decidere) di usarle, la Russia andrebbe comunque incontro ad un giudizio internazionale.
Si concretizzerebbe l’accusa di crimini di guerra e lo stesso Putin potrebbe essere dichiarato “criminale di guerra” ed essere processato.
Si è, tuttavia, nel campo di supposizioni meramente teoriche, per non dire fantasiose.
Da circa 80 anni a questa parte, in effetti, quanti palesi e comprovati crimini di guerra sono passati sotto silenzio e non sono mai stati contestati a personaggi di rilievo?
Non va trascurato o snaturato, all’uopo, il concetto che in guerra non ci sono buoni o cattivi: sono tutti cattivi e molto spesso criminali.
La guerra non è mai una “medicina” ma è sempre una venefica mistura che trae origine dalla barbara usanza (da che l’uomo è presente sulla Terra) di affidare alle armi – lecite o meno lecite – le controversie fra Nazioni, magari seguite da drastiche sopraffazioni in danno di presunti “nemici” per occuparne i territori, per sottomettere le popolazioni, per usufruire delle loro risorse, per privarli del loro diritto alla libertà.
Quale Nazione, fra quelle auto insignitesi dell’appellativo di “civile”, a prescindere dal sacrosanto diritto alla difesa, può gloriarsi di non avere mai fatto suo tale assioma ?
La millenaria storia dell’umanità ci fa sapere che, di massima, nessun popolo (neppure le primitive società tribali) è mai stato esente dal crudele ricorso all’uso della violenza e della forza bruta contro eventuali nemici, o presunti tali, specie quando palesi “provocazioni” accreditano, in favore dell’attaccante, il principio di “causa ed effetto”.
Orbene, a fronte del preoccupante scenario di guerra venutosi a creare in Europa (esecrabile e premeditata invasione della Ucraina da parte della Russia), niente e nessuno può giustificare l’arrogante e irresponsabile comportamento di Putin nella misura in cui, spregiudicatamente, ha ordinato alle Forze Armate del suo Paese di attaccare uno Stato sovrano in funzione della ipotetica supposizione che esso sarebbe potuto divenire nel tempo (inserimento nella NATO) il trampolino di lancio per “future” azioni offensive contro la Russia. Ma il motivo potrebbe essere anche un altro. Il tentativo di riannettere i vasti e ricchi territori ucraini alla “madre russa zarista e stalinista” da cui s’erano resi indipendenti nel 1991.
Il tutto anche in relazione al fatto che l’Ucraina si affaccia strategicamente sul Mar d’Azov e sul Mar Nero.
La eventuale disponibilità da parte della NATO dei porti di Mariupol e Odessa porrebbe in discussione l’atavico dominio russo su quei mari e porrebbe in serie difficoltà la flotta russa di stanza a Sebastopoli (Crimea).
Putin, agendo militarmente contro l’Ucraina, ha implicitamente enunciato la tesi secondo cui altri Paesi, limitrofi o non, chissà per quali interessi o recondite motivazioni, potrebbero avere l’intenzione di attaccare o distruggere la Russia, pur se i tempi dell’URSS e di Hitler sono definitivamente tramontati.
Il Mondo ha dovuto assistere, in definitiva, ad un atto di violenza, ad crudele attentato contro un popolo che solo da qualche lustro ha ottenuto la libertà, alla vile falcidia di inermi civili, all’esodo biblico di milioni di cittadini – in gran misura anziani, donne e bambini – in cerca di sicurezza e protezione nei Paesi confinanti.
Come non definire tutto ciò un misfatto, degno di essere annoverato e aggiunto ai tanti crimini contro l’umanità?
Di contro, vieppiù per una equa valutazione dei fatti, non si può giustificare l’assurdo schema operativo (da Putin ritenuto provocatorio) posto in atto dalla NATO nel corso di questi ultimi decenni, probabilmente mirato all’espansione della stessa verso oriente, sino ai confini della “pericolosa” Russia, quasi a volerla cingere d’assedio.
Un grave errore diplomatico e strategico che, ai fini delle tensioni esistenti fra blocchi di Nazioni contrapposte, è stato pressoché unanimemente biasimato da chi vuole vivere in pace e ha fornito una sorta di alibi al violento despota ex “falce e martello”.
Ambedue gli schieramenti, in definitiva, sono colpevolmente artefici del conflitto armato e dei nefasti accadimenti in corso.
Si sono venuti a creare, di riflesso, determinate condizioni e parecchi presupposti perché si torni a parlare di “crimini di guerra”.
Sta di fatto, tuttavia, che talune nazioni del mondo occidentale, nella misura in cui dimostrano di avere la memoria corta, non dovrebbero alzare la voce più di tanto in materia di accuse per crimini di guerra.
Basta rispolverare la storia, sia quella che riguarda le atrocità della 2° guerra mondiale che quella relativa ai cruenti conflitti succedutisi nei decenni successivi e anche di recente, in Asia, in Africa e nel Medio Oriente. Di crimini inumani e sconvolgenti ce n’è per tutti.
Al momento sta di fatto che, solo in caso di esito negativo per la Russia dello scontro avviato in Ucraina, di presa d’atto che la “blitzkrieg” stile Wehrmacht non s’è avverata, di un imprevisto cambio di regime al Cremlino, si paleserebbe la possibilità di aprire un contenzioso a carico della nazione assalitrice, pur se appare del tutto improbabile che si possa istituire un tribunale stile Norimberga.
Per quanto concerne la validità o meno della attribuzione di “crimini di guerra” a carico della Russia (pur a fronte delle eventuali colpevolezze dei suoi capi (mandanti) e dei suoi generali (esecutori), la questione presenta parecchie incongruenze.
Non appare sostenibile, infatti, che un costituendo consesso giudicante, più o meno facente capo ad ambienti in cui sono stati di casa provati colpevoli di innumeri crimini perpetrati in passato – pur se graziati dalla insufficienza di prove o dal fatto che i capi d’accusa sono passati sotto silenzio o sono finiti nel dimenticatoio del tempo – possa emettere sentenze contro chi, in atto, si suppone che si stia macchiando di altrettanto simili reati.
A conforto di questa tesi mi permetto riportare uno stralcio di quanto a suo tempo ebbi convintamente ad esporre a pagina 176 del mio libro “ENNA 1943 – Ricordi di guerra” (Boemi- giugno 2014), pur dando per scontato il fatto che i tempi sono cambiati, i mezzi, le strategie e le tattiche di guerra sono di gran lunga diversi, i fattori geopolitici ed economici del Mondo di oggi pressoché nulla hanno a che spartire con quelli di allora.
È rimasta intatta, tuttavia, la triste regola del “più forte” che porta ad agire in maniera violenta, sconsiderata e spesso inumana per sottomettere il più debole, anche infierendo contro la popolazione civile.
“Pur accettando il rischio di rendermi inviso a taluni ambienti che ancora osannano al decadente e conservatore sistema storico-politico del controverso apparato liberaldemocratico d’oltre Oceano – basato sulla velleità di non venire meno alla qualifica di potenza mondiale “più forte” – va ribadito che anche i governanti dell’Inghilterra e degli U.S.A. non si posero alcuno scrupolo nel fare ricorso a scellerati metodi di guerra. Non si può discutere imparzialmente di malefatte e di crimini di guerra ove si continui ad essere condizionati da preconcette distinzioni fra l’una e l’altra parte belligerante, specie considerando che un po’ tutti i governanti dell’epoca furono ugualmente responsabili, negli anni di anteguerra, di atteggiamenti e di comportamenti nocivi alla salvaguardia della pace mondiale…
…Avviata la spaventosa macchina distruttrice del conflitto, ambedue le parti contendenti agirono spietatamente, specie nel campo della guerra aerea e fu adottata la tragica decisione di colpire i popolosi centri abitati al fine di “fiaccare il morale della popolazione”, sperando che s’innescassero consistenti moti di ribellione…
È da sottolineare, in merito, la linea ufficiale assunta da Churchill che giunse ad auspicare la “distruzione sistematica delle città nemiche”. Il Generale della RAF, Arthur Harris, responsabile dell’Air Command inglese nonché convinto esecutore del pensiero di Churchill, affermò spudoratamente: – …”occorre portare l’attacco alle città alle estreme conseguenze, non rinunciando ad alcuna occasione per aggravarne le conseguenze”. Dal canto suo, Roosevelt non fu da meno nel dichiarare: – “…bombardare, bombardare, bombardare, dobbiamo sottoporre la Germania e l’Italia ad un incessante e sempre crescente bombardamento aereo. Queste misure possono da sole provocare un rivolgimento interno o un crollo” (lettera di Roosevelt a Churchill, del 25 luglio 1941 – doc. 67, pag. 151 del testo “Roosevelt e Churchill” di Loewenhleim Langley Jonas – Saturday Review Press – E.P.Dutton – 1975 – New York).
…I famigerati e indiscriminati “bombardamenti a tappeto” rientrano, per l’appunto, fra gli atti classificati come “omicidio di massa”, alla pari dei “genocidi”, dei “campi di sterminio”, dei “massacri” di cui ebbero a macchiarsi i nazisti di Hitler e di Himmler ed a fronte dei quali le condanne furono giustamente inflessibili e dure sino a prevedere la pena capitale per impiccagione e il carcere a vita. È risaputo, di contro, che nei riguardi dell’altrettanto spregiudicata piramide di comando alleato d’allora (fra cui Churchill, Roosevelt, Stalin, Truman, Eisenhower, Harris, Patton, e parecchi altri ancora) non fu mai avviato alcun procedimento per “crimini di guerra” loro ascrivibili, pur se di diversa natura e forma.
Non sembra azzardato sostenere, in conclusione, che le bandiere dei “vincitori”, pur se non umiliate dalla sconfitta o dalla “resa senza condizioni”, talvolta sono state macchiate, alla stregua di quelle dei vinti, dal sangue innocente di centinaia di migliaia d’incolpevoli civili…
I 35 mila morti di Rotterdam (Olanda), i circa 300 mila di Dresda e altrettanti di Amburgo, sono solo alcuni dei nefasti atti d’inumano accanimento (autentiche stragi) posti in essere dagli anglo-americani contro la popolazione civile. Anche Roma, il 19 luglio 1943, subì il proditorio attacco di un centinaio di aerei americani che devastarono il quartiere di San Lorenzo e provocarono 2000 morti. Eisenhower, peraltro, aveva fatto sapere, in maniere ultimativa, ricattatoria e tracotante, che avrebbe fatto bombardare ancor più duramente la Capitale ove, entro le ore 19 dell’8 settembre, l’Italia, in osservanza dell’armistizio capestro di Cassibile, non avesse ufficialmente annunciata la propria resa incondizionata”.
Per chiudere il discorso è bene sottolineare che la crudeltà dell’uomo si palesa quasi istintivamente quando si è convinti che lo sferragliare di carri armati, l’impiego di sempre più sofisticati armamenti, l’uso di “missili intelligenti”, di aerei supersonici e, adesso, di “droni” a guida elettronica ecc. ecc. possa portare all’ottenimento di scopi più o meno ammissibili.
Si dimentica sempre che, specie in una guerra moderna, non esistono vincitori e vinti. Sono sempre perdenti, in ogni caso, i popoli di ambedue gli schieramenti partecipanti.