Recovery Plan italiano: è la strada giusta?


 di Luca Marchello

Il Governo italiano ha presentato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Next Generation Italia) nel quale viene illustrato il programma che l’Italia vorrà adottare utilizzando i fondi stanziati dall’Unione Europea tramite il Recovery Fund. Siccome stiamo parlando di 196 miliardi di euro (dei quali in parte sono a fondo perduto ed in parte sono erogati come prestito) si presenta come un’occasione unica che bisogna sfruttare nel migliore dei modi. Il piano è suddiviso in sei “missioni”:

1) Digitalizzazione innovazione, competitività e cultura;
2) Rivoluzione verde e transizione ecologica;
3) Infrastrutture per una mobilità sostenibile;
4) Istruzione e ricerca;
5) Parità di genere, coesione sociale e territoriale;
6) Salute

Tali missioni nel piano vengono poi a loro volta suddivise in progetti. Sfogliando il documento, questo appare più come un programma politico piuttosto che un vero e proprio piano di azione. Forse si hanno troppe pretese ma, poiché quasi tutto il paese ha applaudito il Governo per aver giocato bene la sua partita in estate ed aver puntato tutto sull’approvazione del Recovery Fund (quando anche all’inizio la stessa Unione Europea era scettica), mi sarei aspettato un piano più concreto, con politiche mirate e soprattutto numeri più precisi. Mi è sembrato, invece, di trovarmi di fronte a delle semplici idee, con la sensazione di non capire se i fondi stanziati su ogni singola missione siano sufficienti a coprire ogni progetto. Premettendo che ogni missione meriterebbe un articolo a parte, mi soffermerò a esporre commenti di poche righe per ogni missione.

Per la prima missione sono previsti € 48,7 miliardi. È innegabile che siamo ancora molto indietro riguardo al tema della digitalizzazione e che ci vogliono interventi massicci per evitare le figuracce di questa primavera quando è andato in tilt il sito dell’INPS per troppi utenti collegati. Nel piano si parla di digitalizzare l’intera Pubblica Amministrazione riducendo così costi sia in termini monetari che di tempo da parte di cittadini ed imprese. L’ottimismo della misura un po’ scema nel pensare che poi gli investimenti debbano essere aggiornati e rifinanziati di continuo vista la velocità del progresso tecnologico.

La missione della Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica prevede uno stanziamento di ben € 74,3 miliardi; l’imponente divario di stanziamento con le altre missioni è dovuto dal fatto che uno degli obiettivi dell’Unione Europea (fissati dall’European Green Deal) è la sostenibilità ambientale e la neutralità climatica nel 2050. L’obiettivo, secondo il piano, verrebbe raggiunto sia incentivando le imprese a produrre in maniera ecologica, ad esempio favorendo l’utilizzo di energie rinnovabili, sia proponendo incentivi anche ai cittadini (uno di questi, ad esempio, è il Superbonus 110%).

Per le infrastrutture sono stati destinati € 27,7 miliardi. Con questi fondi c’è in programma di migliorare alcune linee dell’alta velocità già esistenti e l’intento di portare l’alta velocità al Sud. Quest’ultimo è un obiettivo dichiarato da anni e grazie al Recovery Fund si intravede un barlume di speranza per il suo raggiungimento.

Sul fronte dell’istruzione e della ricerca sono stanziati € 19,2 miliardi che dovrebbero esser utili per limitare i divari territoriali, per ridurre la dispersione scolastica, per potenziare la didattica STEM (ovvero le materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche), per rafforzare la R&S (ricerca e sviluppo) e per attuare politiche di sostegno all’innovazione delle PMI (piccole e medie imprese). Tutto molto bello: purtroppo, leggendo il piano, non è scritto nulla circa le misure da adottare per raggiungere tali risultati.

Per la missione “Parità di genere, coesione sociale e territoriale” è previsto lo stanziamento di € 17,1 miliardi. In questa missione sono previste le misure che riguardano le politiche del lavoro e le politiche sociali. Molto spazio è dedicato al lavoro femminile prevedendo sgravi contributivi, la creazione di un fondo per l’impresa femminile e il rinnovo dell’opzione donna. Quello che fa riflettere, invece, è la quota destinata ai giovani e alle politiche del lavoro: sono stati stanziati solo 3,2 miliardi. Non credo che sia azzardato dire che dal M5S, partito di maggioranza di Governo, quello che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo del lavoro con il modello tedesco, ci sarebbe dovuta essere più attenzione riguardo la problematica del lavoro, in particolare quello giovanile.

Arriviamo, infine, all’importo stanziato per il comparto sanitario: € 9 miliardi. Sì, non è un errore di battitura. Sono nove i miliardi destinati alla sanità. Abbiamo constatato sulla nostra pelle (e lo stiamo tutt’ora constatando) come una sanità efficace ed efficiente sia importante per un paese; certo, non doveva essere una pandemia a farcelo notare visto che in Italia la salute è costituzionalmente garantita, ma a forza di tagli effettuati negli anni passati il paese si è ritrovato a gestire l’epidemia da Covid-19 con delle strutture tecnologicamente vecchie e con posti letto limitati. Visto il rifiuto continuo del Governo all’utilizzo del MES sanitario (che vale 36 miliardi) lo stanziamento, a mio avviso, sarebbe dovuto essere sicuramente maggiore.

Dopo aver letto il piano così redatto, la prima domanda che mi sono posto è stata: saremo in grado di raggiungere tutti questi ambiziosi obiettivi, non sprecando questa opportunità enorme che è stata data al nostro paese? Uno più bravo di me avrebbe risposto: “Ai posteri l’ardua sentenza”.