A un anno e mezzo dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina i combattimenti non si fermano. Oltre duecentomila le vittime da entrambe le parti, mentre il numero dei feriti si aggira attorno ai centottantamila. Intere città andate distrutte causando almeno otto milioni di profughi in Europa. Non tutti però possono fuggire. Sin dall’inizio della guerra l’Ucraina ha imposto ai giovani fra i 18 e i 60 anni di non lasciare il Paese per poter rispondere all’eventuale chiamata alle armi. Anche la Russia ha incrementato i reclutamenti: solo nella scorsa primavera Mosca ha inviato cinquantaduemila cartoline di coscrizione. Il reportage “Dov’è la vittoria” di Giuseppe Borello, Andrea Sceresini e Matteo Del Bo in onda lunedì 7 agosto alle 23.25 su Rai 3 per il ciclo “Il Fattore Umano”, racconta da un lato l’addestramento da parte di ufficiali americani delle reclute ucraine, dall’altro le storie di chi ha deciso di rifiutare il concetto stesso della guerra. Si tratta di giovani russi e ucraini che sono fuggiti o che tentano di fuggire dalla logica delle trincee, denunciando come in questo conflitto – così come in tutti i conflitti – a pagare il prezzo più alto siano sempre i più disgraziati. Alcuni di loro ora vivono in esilio per non sottomettersi alla guerra, per non dover combattere sul fronte ucraino. È l’altra resistenza alla guerra, quella dal basso, in paesi dove al momento è difficile trovare spazio per tutto ciò che non è propaganda bellica. La voce narrante è quella di Hanna Bilobrova, un’attrice e regista lituana che crede ancora nella pace, nonostante abbia portato in macchina per ore il cadavere del marito ucciso dai russi. Hanna ha portato a termine il testamento cinematografico del marito Mantas Kvedaravicius, arrestato e ucciso dai soldati russi il 2 aprile durante l’assedio di Mariupol. Il regista e antropologo lituano aveva girato lì Mariupolis2, presentato a Cannes da sua moglie Hanna. Il film documenta la vita dei civili ucraini che si erano rifugiati in una chiesa, la quotidianità della guerra, la disperazione e la speranza di quegli abitanti che vivono tra le macerie e si sentono dimenticati dal mondo mentre “tutto è in rovina”. (AGI)
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