Il dem Orlando: ora ci aspettiamo dica la sua
di Giuseppe Alberto Falci
Il dialogo C’è sempre stato dialogo con le opposizioni, ma senza la solennità della convocazione a Palazzo
Andrea Orlando, è stata un’occasione sprecata l’incontro con Meloni?
«È stato un esercizio tattico, dote che va riconosciuta alla presidente del Consiglio. Tutto questo per gestire una profonda contraddizione».
Ritenete di aver messo in difficoltà l’esecutivo?
«Le questioni sono rimaste dov’erano. Il tema dei salari è esploso. Al momento c’è una proposta dell’opposizione ma non c’è nulla da parte del governo».
La premier ha rivendicato ieri in una lettera al Corriere che in molti anni all’opposizione non è mai stata chiamata a Palazzo Chigi per discutere di una sua proposta. Come risponde?
«Ricordo diversi incontri di Draghi con la leader di FdI. Avevo colto che servissero anche per valutare le proposte dell’opposizione. Poi su molti provvedimenti c’è stata una consuetudine di confronto, senza la solennità della convocazione a Palazzo Chigi. Da ministro della Giustizia ho incontrato le opposizioni diverse volte per illustrare le proposte che il governo avrebbe messo in campo. Semmai il tema è che c’è bisogno di una messa in scena a favore di telecamere per coprire il fatto che non c’è un confronto né con le forze sociali né con le opposizioni a partire dal Parlamento schiacciato dalla impressionante sequenza dei voti di fiducia».
Quale sarà ora la vostra strategia?
«È molto importante che questa battaglia si svolga anche fuori dalle aule istituzionali, ed è altresì importante che si tenga al centro della discussione il tema dei salari. Tutti sappiamo che il salario minimo non risolve tutti i problemi ma è un primo passo fondamentale che dobbiamo saldare a un ragionamento più ampio. Ricordando che i contratti pirata, la cattiva contrattazione e la precarietà influenzano negativamente quella buona».
Raccoglierete le firme alle feste di partito e continuerete la battaglia in Parlamento?
«C’è una proposta di legge di cui il governo ha sospeso l’iter. Ecco, alla ripresa dei lavori la nostra proposta di legge ritornerà in Aula e ci aspettiamo che il governo dica la sua».
Calenda appare più aperturista.
Temete possa sfilarsi?
«Al momento il pericolo non c’è. È possibile che il leader di Azione sia più indulgente, ma il fatto che Calenda debba dire che non c’è nulla sul tavolo, al di là della personale cortesia, è un ulteriore sottolineatura della mancanza di proposta da parte della maggioranza».
Resta sul tavolo l’obiezione di Meloni: perché non avete introdotto il salario minimo quando eravate al governo?
«Draghi pose una questione metodologica, si poteva intervenire sulla normativa sul lavoro solo con un accordo con le parti sociali che si realizzò soltanto su un’ipotesi meno ambiziosa. Ma anche quella non andò a buon fine, per diverse defezioni nella maggioranza».
Perché non condividete l’idea di coinvolgere il Cnel?
«L’impressione è che si voglia allungare solo il brodo ed evitare che il governo assuma una posizione, fatto salvo il lavoro istruttorio positivo che il Cnel può svolgere».
Farete asse con la Cgil?
«Faremo fronte comune con tutte le forze sociali e imprenditoriali che comprendono che il tema salariale non è solo una questione che riguarda i lavoratori».
Delusi anche dalla posizione sul caso De Angelis?
«Avevo previsto che non ci sarebbe stato nessun chiarimento. C’è un groviglio di idee, di storie, di vissuto che impedisce alla premier di prendere le distanze dall’esperienza del neofascismo italiano. È questo il vero nervo scoperto di Fratelli d’Italia».
Nascerà prima o poi il campo largo del centrosinistra?
«Se partiamo dalle battaglie comuni, come ad esempio il salario minimo, possiamo fare degli ulteriori passi avanti anche nella difesa della sanità pubblica, sulle politiche industriali e per il contrasto alla povertà. Questa vicenda dimostra che se l’opposizione è unita su una parola d’ordine mette in difficoltà il governo e con l’iniziativa detta l’agenda con risultati sicuramente maggiori di quelli ottenuti dalla somma dei legittimi 5 minuti di visibilità di ciascun leader».
Ormai Renzi è fuori dall’opposizione?
«Nessuno ha cartellini rossi da esporre però è giusto ricordare che in Europa la direttiva sul salario minimo più di ogni altro l’ha voluta Macron».
Fonte: Corriere