Intanto, le dimensioni delle liti: in media 25mila ricorsi al mese (con 830mila ricorsi ancora pendenti al 31 marzo 2012!), per un valore complessivo delle controversie tra cittadini e Stato che supera la spaventosa cifra di 11 miliardi di euro. Soldi che il Fisco considera suoi e che invece i contribuenti (commercianti, imprenditori, professionisti, famiglie) devono dimostrare, con l’onere della prova a carico loro, di non aver mai ingiustamente sottratto e quindi di non dover versare (il contribuente è un presunto evasore fino a prova contraria). Metà di loro ci riuscirà, perché questo dice la tabella sugli esiti dei ricorsi. Ed ecco i numeri. L’ente impositore che ha la più alta percentuale di errori e quindi di insuccessi in fase di contenzioso è l’Agenzia delle entrate. Nell’ultimo trimestre l’ente guidato da Befera ha vinto contro il ricorrente soltanto il 37,98% dei ricorsi. Significa che più di una volta su due, il 62% circa delle volte, aveva ragione il cittadino a contestare la richiesta di pagamento.
Una statistica pessima, che dovrebbe comportare sanzioni per i funzionari che vessano ingiustamente i contribuenti, ma che invece comporta problemi solo per i tartassati, finché non riusciranno a dimostrare la propria «innocenza». E nel 72% si tratta di persone fisiche, non di società. Perlopiù commercianti (19%), imprenditori del settore manufatturiero (15%), ristoratori e albergatori (6%), che ricevono cartelle e avvisi di pagamento campati sul nulla, ma minacciosi. Che riguardano quasi sempre imposte non pagate (Irpef, Irap, Imu e Iva), a detta del Fisco. Ma che una volta su due non erano state pagate perché non dovevano essere pagate.
Peggio ancora dell’Agenzia delle entrate è l’Agenzia del territorio, che ha ragione meno di una volta su tre (30,3%). In altre parole sette contestazioni su dieci che provengono dall’Agenzia del territorio sono fuffa, inventate, anche se bisogna sempre sobbarcarsi l’onere di dimostrarlo (il ricorrente ha ragione il 48,3% delle volte), e per farlo serve in media un anno di patimenti. E la famigerata Equitalia, che percentuale di successo ha nei ricorsi? Anche qui siamo sotto la metà, 42%. Cioè nel 35% dei casi Equitalia ha torto marcio (il contribuente vince su tutta la linea), mentre nel 12% il ricorso viene accolto parzialmente.
«Gentile contribuente, dalla sua dichiarazione dei redditi 2011 risultano alcune spese apparentemente non compatibili con i redditi dichiarati» recita l’incipit delle 300mila letterine appena spedite dall’Agenzia delle entrate. In moltissimi casi chi le ha ricevute si è visto contestare l’incongruità tra lo stipendio e l’acquisto di una casa. «Mai sentito parlare all’Agenzia delle Entrate della voce “risparmio”? Secondo loro una casa si compra coi soldi risparmiati in un anno??» si domanda uno di loro, l’avvocato Stefano Turchetti, che ha raccontato la disavventura sul suo blog.