Quanto vale il turismo russo che l'Italia rischia di perdere


AGI – Il turismo a “cinque stelle”, per capacità di spesa e anche per numero di presenze in Italia? È quello russo. E non è un fenomeno né di ieri né dell’altroieri, ma data dalla metà degli annI Ottanta. Basti pensare che a meta 1991, rispetto ai cinque anni precedenti, il turismo da parte di quella che era all’epoca ancora l’Unione Sovietica, si era letteralmente quadruplicato: un milione di presenze contro un milione e trecentomila giapponesi, popolo di girovaghi per eccellenza, sfegatato amante del Belpaese.

Neppure le difficoltà della Perestroyka gorbacioviana, il difficile ciclo economico e lo sfavorevole cambio del rublo di quel periodo avevano impedito al turismo, allora sovietico, di raggiungere livelli di rilievo. Un incremento nemmeno troppo lento ma costante e progressivi, tant’è che l’Enit, l’Ente nazionale per il Turismo, nel marzo del 1995 decise di aprire un ufficio direttamente nella capitale, a Mosca, per favorire e accompagnare il flusso crescente di turisti russi verso il nostro Paese.

Il turismo russo è fatto soprattutto di ‘big spender’. Non solo oligarchi e magnati, ma persone con un certo reddito e tenore di vita. Tant’è che nel 2014 un’indagine sul turismo internazionale dell’Italia, realizzata dalla Banca d’Italia, stabilisce che i russi sono un segmento molto ricco con una capacità di spesa giornaliera che nel solo 2013 è stata di 170 euro, superiore del 65% a quella degli altri turisti stranieri che sono soliti soggiornare in Italia.

Ora tutto questo flusso di presenze e denaro rischia di essere messo in mora dal conflitto Mosca-Kiev, dalla chiusura dei cieli che dal 27 febbraio inibisce agli aerei sovietici di fare scalo anche in Italia. Significativo è questo semplice dato: a partire dal 2009 e fino al 2014 i pernottamenti di turisti russi in Italia sono passati da poco meno di 3 milioni e 600 mila a quasi 8 milioni mentre la spesa è salita da 623 milioni a 1 miliardo e 328 milioni di euro, grazie anche alla capacità di offrire pacchetti differenziati per tutte le tasche: dal turismo deluxe alla formula del “tutto compreso”.

Dell’Italia, i russi amano l’arte, l’ambiente, la moda, lo stile, il cibo, i vini, veri e propri “ambasciatori” che, nel tempo, hanno contribuito a forgiare quell’immagine di Paese che attrae più di tutti anche i turisti e i visitatori dell’est. Tant’è che per i vini, per esempio, Mosca ha ospitato nel maggio 2005 al Grand Hotel Marriot la seconda edizione del Vinitaly Russia (la prima è del 2004) con una partecipazione davvero record, che ha visto di oltre 100 aziende mentre sono state appena una trentina l’anno prima.

Contrariamente a quel che potrebbe accadere oggi, la prima crisi ucraina del 2014 non è riuscita invece a invertire la tendenza e a frenare il flusso dei turisti russi verso lo Stivale. Nonostante la contrapposizione tra Russia e Occidente, la svalutazione del rublo e il rallentamento economico, il turismo russo verso l’Italia all’epoca ha tenuto con una certa efficacia ed è persino cresciuto del 3% rispetto al 2013, secondo i dati emersi nel corso della presentazione del primo Forum sul Turismo italo-russo che si è svolta sempre in quell’anno dal 18 al 19 settembre a Palazzo Reale di Milano.

Tuttavia, il vero salto di qualità del turismo russo in Italia lo si è però avuto a partire dal 2003, quando Vladimir Putin alla fine di agosto è stato ospite di Silvio Berlusconi nella stessa villa in cui nel 2002 avevano già potuto trascorrere qualche giorno in riva al mare le sue due figlie adolescenti: Maria e Iekaterina, ribattezzate in famiglia Mascia e Katia.

E in quello stesso 2003, ad abbronzarsi sulle spiagge del Salento c’è stato pure l’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov. Poi nel marzo del 2015 è stato lo stesso Vladimir Putin ad annunciare da Mosca, nel corso delle dichiarazioni finali con l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, al termine dell’incontro al Cremlino, che circa 900 mila cittadini russi hanno visitato l’Italia lasciando nel nostro Paese un miliardo di dollari mentre “i nostri investimenti in Italia sono del valore di 2-3 miliardi di euro” a fronte di “oltre 400 aziende italiane in Russia, ciò che rappresenta oltre un miliardo di scambi commerciali” ha tenuto a sottolineare il presidente russo.

Tant’è che nel 2016 l’Enit, in occasione dell’inaugurazione del suo stand al salone turistico Mitt di Mosca, citando stime della Banca d’Italia, fa sapere che i visitatori russi in Italia sono stati il 5,3% in più rispetto al 2015. E lo stesso Ente nazionale per il Turismo nel 2019 è lieto di poter annunciare che i russi amano l’Italia addirittura più della Spagna, che è stata sorpassata per numero di viaggi.

Per assecondare, accarezzare, accompagnare e contribuire a incrementare lo sviluppo dei turisti russi in Italia nel 2009 ci si è messo persino il Codacons, il coordinamento delle associazioni in difesa dei consumatori, che l’11 luglio di quell’anno ha lanciato un servizio ad hoc di “Sos” turistico a favore degli ospiti russi che si apprestano a visitare l’Italia dal titolo “Tourist Protection”.

Si è trattato di un innovativo servizio che ha avuto lo scopo in quel frangente la certezza del diritto per i turisti russi  che subiscano reati contro la persona o il patrimonio nelle principali città storiche e turistiche italiane o che abbiano a che fare con piccoli imprevisti che, considerato l’ostacolo della lingua in un Paese straniero, possono trasformarsi in gravi problemi: ovvero, la possibilità di ricevere, entro 72 ore, una consulenza legale, con l’ausilio di un interprete, nel caso in cui si verifichino reati contro la persona.

Un incentivo a varcare i confini per coloro i quali Bernabo’ Bocca, presidente di Federturismo, già nel 2011 considerava “una manna per l’Italia” in grado di dare “tante soddisfazioni all’Italia, e non solo nelle città d’arte ma anche alle località cosiddette minori”. A partire dal 2003, l’Italia si è spesa molto per facilitare gli ingressi dei russi nel Belpaese, a partire dalla semplificazione delle procedure burocratiche, a partire dal rilascio dei visti non affatto scontato anche per coloro che già all’epoca erano considerati dall’Enit potenzialmente “il più grande serbatoio di utenti europei mai visto”.

Ora la chiusura dello spazio aereo sui cieli europei e italiani provocherà un sicuro stop a questo flusso mettendo in ulteriore seria crisi il settore turistico, già fortemente acciaccato da due anni di pandemia da Covid-19 e sue varianti, mentre anche in Russia, a causa delle sanzioni europee comminate a Putin per l’aggressione all’Ucraina, la crisi economica comincia a farsi sentire ed essere più stringente.

Source: agi