Quanto costerebbe all'Italia il blocco del 5G di Huawei


AGI – E se a Huawei venisse impedito di sviluppare il 5G in Europa? Per la prima volta, uno studio ha provato a quantificare gli effetti economici e convertirli in euro. Risultato: in Italia i costi di sviluppo della rete lieviterebbero – in media – di 282 milioni l’anno nel prossimo decennio. Cioè del 19%. Ci sarebbe una riduzione della concorrenza, un aumento dei prezzi e un generale rallentamento dello sviluppo. Con almeno altri due effetti: nel 2023, ci sarebbero 6,2 milioni di italiani in meno con accesso al 5G. E nel 2035, il Pil perderebbe 4,7 miliardi rispetto alla proiezione attuale. Lo studio, meglio dirlo subito, è dell’istituto di analisi Oxford Economica ed è stato commissionato da Huawei. Sarebbe quindi singolare che un’azienda (quale Oxford Economics, nata come costola commerciale dell’università omonima, è) parlasse male del suo committente. Ma la ricerca è un primo tentativo di definire l’impatto di un eventuale blocco del gruppo cinese.

Cosa c’entra Huawei con il Pil

Oggi le reti 5G hanno tre chiari leader: Nokia, Ericsson, Huawei. A differenza di quanto successo negli Stati Uniti, il gruppo cinese è presente in Europa da tempo. Ma, a differenza dei due principali concorrenti, è soggetto a possibili restrizioni governative legate ai dubbi sulla sicurezza. Alcuni Stati hanno deciso di cambiare fornitori (premiandosoprattutto Ericsson), ma in Europa non c’è stato alcun bando. Oxford Economics indaga questa ipotesi partendo da un assunto: la mancanza di concorrenza penalizzerebbe il mercato. Da qui partirebbe una slavina tecno-economica. I costi diventerebbero più alti (con gli investitori che dovrebbero in parte scaricarli sugli utenti) e puntare sul 5G sarebbe quindi meno remunerativo; rallenterebbero cantieri e innovazione, ammansendo così la spinta che le nuove reti potrebbero dare in termini di produttività e crescita.

I tre scenari per l’Italia

Viste le tante variabili in gioco, l’analisi ammette che le stime sono soggette a escursioni molto ampie. Tanto da dover indicare tre scenari. Oltre a quello “centrale”, che costerebbe 282 milioni l’anno, ce ne sarebbero uno più blando e uno più severo. Nel primo caso, i costi lieviterebbero “solo” del 9%, pari a 137 milioni l’anno. Ne farebbero le spese 3,7 milioni di utenti italiani e il Pil nel 2035 perderebbe 1,5 miliardi. Nella proiezione più cupa, invece, i costi di sviluppo crescerebbero del 29%, presentando un conto di 428 milioni l’anno. Con una zavorra così pesante, la frenata sarebbe più significativa: nel 2023 ci sarebbero 9,7 milioni di italiani in meno con accesso al 5G. E la contrazione del Pil nel 2035 supererebbe i 10 miliardi.

Il conto di Huawei in Europa

Il mercato europeo è frammentato. E per quanto la Commissione Ue stia cercando di compattarsi per fornire norme comuni sulla verifica di reti sicure, ogni Paese può agire di propria iniziativa. Lo studio non ragiona però su questa ipotesi (che renderebbe il futuro ancor meno pronosticabile) ma sull’eventualità estrema di un blocco totale su tutto il continente (non solo nell’Ue). Se Huawei venisse cacciato dall’Europa, nello scenario intermedio lo studio stima un aggravio dei costi di sviluppo del 19% per ciascun Paese. Traducendo la percentuale in euro, l’Italia subirebbe il quinto impatto più consistente tra i 31 Stati analizzati. La Spagna pagherebbe poco di più. Assai più salato sarebbe il conto per Regno Unito (374 milioni), Francia (447 milioni) e soprattutto Germania (479 milioni). Sommando l’intero continente, il blocco del gruppo cinese costerebbe 3 miliardi l’anno (4,5 miliardi nella proiezione peggiore), 56 milioni di utenti in meno connessi al 5G nel 2023 e 40 miliardi di Pil nel 2035 (che potrebbero arrivare a 85).

Fanta5G: il duopolio Nokia-Ericsson

All’origine di tutto ci sarebbe una “maggiore concentrazione”. Oxford Economics stima infatti che la quota di mercato di Huawei non verrebbe redistribuita anche agli attori minoritari del settore, come Samsung e Zte. A spartirsela sarebbero solo i due leader rimasti: Ericsson e Nokia. L’analisi ipotizza che, nei primi anni, il mercato delle reti 5G abbia più o meno gli stessi equilibri del 4G nel 2018. Huawei (allora con una quota del 35%), Ericsson (con il 31%) e Nokia (con il 24%) sarebbero quindi in relativo equilibrio. Senza il gruppo di Shenzhen, Ericsson arriverebbe al 51% e Nokia al 39%. Da soli varrebbe il 90% del mercato europeo. Un duopolio.  

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Fonte: economia agi