Quando Monk realizzò il sogno di un sedicenne: così nacque 'Palo Alto'


AGI  – Nell’autunno del 1968 si compiva il sogno jazz del sedicenne Danny Scher. Aveva invitato Thelonious Monk e il suo stellare quartetto ad esibirsi presso la sua scuola superiore a Palo Alto, in California. Tra complicazioni, annullamenti, giravolte e inciampi organizzativi, che si sommavano alle tensioni razziali e politiche, il concerto alla fine ebbe luogo, e fu registrato dal custode della scuola, per venir fuori dopo 52 anni.

‘Palo Alto’, pubblicato su etichetta Impulse! e in versione digitale da Legacy Records, contiene una “performance tra le migliori registrazioni dal vivo di Thelonious che io abbia mai sentito”, dice T.S. Monk, batterista figlio del maestro pianista-compositore e fondatore del Thelonious Monk Institute. “Non avevo neanche idea che mio padre si fosse esibito in una scuola, ma lui e il suo quartetto lo hanno fatto. Quando ho ascoltato il nastro a prima volta, gia’ dalle prime note ho capito che mio padre quel giorno era in gran forma.”

Si tratta di 47 minuti che vedono il quartetto di Monk (completato da Charlie Rouse al sax tenore, Larry Gales al contrabbasso e Ben Riley alla batteria) impegnato in un concerto in cui figurano alcune delle sue migliori composizioni. Il 1968 era un anno di tumulti negli Stati Uniti, segnato dalle uccisioni di Martin Luther King e Robert Kennedy, dalle rivelazioni di quanto veniva compiuto in Vietnam, con proteste e rivolte in tutto il Paese. Paolo Alto e la vicina East-Paolo Alto (abitata da una maggioranza nera) non facevano eccezione.

Danny Scher era un idealista appassionato di jazz con il pallino di diventare un organizzatore di concerti (cosa che realizzo’ anni piu’ tardi, quando si conquisto’ una meritata fama lavorando anche al fianco del leggendario rock promoter Bill Graham). “Ho sempre pensato che la musica fosse in grado di sospendere i problemi – racconta – o a costringere le divergenze (fossero di natura politica o sociale) a confrontarsi. Il 27 ottobre 1968 ci fu una tregua fra Palo Alto e East Palo Alto. E questo e’ quello che la musica e’ in grado di fare”.

Nel 1968, Thelonious Monk era per molti versi all’apice della sua carriera. Il suo quartetto era al meglio della forma, ed era noto al grande pubblico per avere conquistato (un paio d’anni prima) la copertina della rivista Time, ma era a corto di soldi e spesso ammalato. Cio’ non gli impedi’ di ascoltare l’appello di un sedicenne nel mezzo di un ingaggio di tre settimane al Jazz Workshop di San Francisco. “Chiamai Monk un paio di giorni prima”, ha raccontato Scher in una intervist a All About Jazz. “‘Non vediamo l’ora di vederla al liceo”, gli dissi. E lui: ‘Di cosa stai parlando?’.’Suona al nostro liceo domenica’. ‘No’. ‘Sì, abbiamo un contratto con Jules Colomby, e ci ha inviato materiale per la stampa. Abbiamo avuto le sue registrazioni. Le abbiamo trasmesse alla stazione radio della scuola. Abbiamo poster in tutta la città. Abbiamo ha creato un programma per lo spettacolo’. ‘Beh, ho un concerto quella sera’, rispose. ‘Sì, lo so, ecco perchè suona nel pomeriggio. La verrà a prendere mio fratello, io sono troppo giovane per guidare l’auto’, dissi io”.

Cosi’ il 27 ottobre 1968, Monk e il suo quartetto scesero dall’auto di famiglia degli Scher (a casa dei quali il nastro di ottima qualita’, e’ rimasto in questi anni, attraversando sotto una pioggia scrosciante il parcheggio gremito a attoniti abitanti di Palo Alto e East Palo Alto, per raggiungere l’auditorium della Palo Alto High School e travolgere tutti con un set muscolare e straordinario, pronto ad entrare nella storia  del jazz.

Nel repertorio troviamo la lirica “Ruby, My Dear” (tocca a Rouse esporre il tema, seguito da un abbagliante assolo del leader), la dinamica e trascinante “Well, You Needn’t” (ben 13 minuti, con assoli di tutti i membri del quartetto), la personalissima rilettura in piano solo dello standard di Jimmy McHugh “Don’t Blame Me” , una danzante, epica “Blue Monk” e una versione quasi spensierata e giocosa di “Epistropy”. Lo show si conclude con un abbozzo di un datato successo del 1925 di Rudy Vallee, “I Love You Sweetheart of All My Dreams”: anche qui piano solo (in cui Monk evoca lo “stride piano” di quegli anni), un bis concesso in fretta, salutato a una standing ovation: il quartetto doveva far ritorno a San Francisco entro la sera, dove lo attendeva il Jazz Workshop.

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Fonte: cultura agi