“Può essere eliminata la guerra?”


 

di Ettore Minniti

 

Così scriveva don Luigi Sturzo, in lingua francese, nel volume “Il diritto alla guerra dei popoli e la comunità internazionale”, in occasione del Patto di Parigi concluso il 27 agosto 1928, entrato in vigore il 24 luglio 1929:

“Sotto l’assillo di un più largo sviluppo economico e di esigenze sempre in aumento di popolazioni, tormentate dalla crisi della grande guerra e dall’alto costo della vita, il mondo è al bivio tra un ideale nazionale e un ideale internazionale.

La Nazione, che cinquant’anni o cento anni fa era l’ideale da raggiungere insieme alla libertà e all’indipendenza dove queste mancavano, oggi non è più, la sintesi ideale e pratica; non più termine da raggiungere, per non circoscrive, né completa l’attività dei popoli; resta, per i più, una conquista del passato.

L’idea nazionale può oggi essere fortemente vissuta da minoranze irredente, da razze che aspirano all’autonomia e alla libertà, ma resta limitato a casi particolari. L’uomo non si ferma su quello che raggiunge: è spinto a volere sempre più in là. Oggi si incomincia a comprendere che può attuarsi un’organizzazione internazionale reale e stabile e gli occhi si volgono verso questo punto idealizzato.

Ma anche l’Internazionalizzazione non è fine a sé, come non lo è la Nazione: questi sono idee e fatti intermedi, dei mezzi per arrivare allo scopo e allo sviluppo e pratico: l’abolizione della guerra.

I pacifisti hanno idee confuse, sentimenti involuti, miscuglio di anarchismo individualista e di umanitarismo mistico, non arrivano a formare una concezione teorica e pratica da ottenere larghe adesioni dispensatori e di masse popolari. Ma quando l’ideale dell’abolizione della guerra è stato legato ad un’organizzazione internazionale pratica, allora si è passato dal campo dell’utopia a quello delle possibili realizzazioni parziali, fino ad intravederne la realizzazione completa. Perciò oggi l’orientamento morale va verso la società delle nazioni, verso il patto Kellog, verso la proscrizione della guerra, di ogni guerra, come ad un alto ideale umano”.

Il Patto di Parigi, o Patto Briand Kellog (segretario USA), si proponeva di eliminare la guerra come strumento di politica internazionale. La guerra, che era stata considerata fino a quel momento la prerogativa per eccellenza del principio di sovranità degli Stati, veniva ad essere spogliata proprio di questa sua caratteristica, della sua liceità.

Con la speranza di vincolare gli Stati Uniti d’America ad una rete di protezione internazionale contro possibili volontà guerrafondaie della Germania, il Ministro degli Esteri francese, Aristide Briand (che nel 1930 caldeggiò l’idea di una Europa Unita federale!) propose nella primavera del 1927 un patto bilaterale di non aggressione al Segretario di Stato americano, Frank Kellog, che ne propose la conversione in un accordo generale multilaterale. In sostanza, gli Stati firmatari si riservarono infatti il diritto incondizionato a ricorrere alla legittima difesa.
Infatti, le situazioni che non ricadevano nell’ambito di applicazione del Patto e dunque erano comunque autorizzate rimanevano le seguenti: guerra usata al di fuori dei rapporti con gli Stati contraenti; l’esercizio della legittima difesa.

Per quanto riguarda il primo punto, la rinuncia alla guerra, valeva esclusivamente nei rapporti reciproci tra gli Stati contraenti e non aveva quindi nessun valore nei riguardi di coloro che non avevano ratificato il trattato; riguardo alla legittima difesa, sebbene nessuna disposizione particolare riguardasse direttamente questo aspetto, non c’è dubbio che la messa al bando della guerra fosse costruita in accordo con questo principio.
Tutti i rappresentanti erano d’accordo sulla necessità di mettere al bando la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, ma erano, allo stesso tempo, unanimi nello stabilire l’assoluta impossibilità di rinunciarvi, in quanto unico modo per rispondere ad un attacco o ad un’invasione esterna, appellandosi alla circostanza che il diritto di ricorrere alla legittima difesa fondati su una norma di diritto consuetudinario.

Il Patto fu di controversa interpretazione e non trovò mai applicazione.