Ancora una volta il governo Monti mette in seria sofferenza la Costituzione. Ecco perché abbiamo ripetutamente manifestato l’esigenza di creare un fronte che si unisca intorno alla difesa della Carta Costituzionale e dello Stato sociale contro le aggressive politiche liberiste dell’esecutivo montiano. Da ultimo, il d.l. n. 95/2012 (cd. spending review 2) recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” incide in modo gravoso sull’autonomia degli enti locali, così come delineata nella Costituzione (cfr. art. 5 e 114 ss.), nonché sul loro funzionamento, in particolare, per quanto attiene i servizi pubblici locali e le attività sociali. Tale provvedimento, al pari di precedenti analoghi (come il d.l. n. 78/2010, conv. in l. n. 122/2010 recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica”), imponendo severi “tagli” alle spese degli enti locali (soprattutto in tema di personale, cfr. art. 16 ss. d.l. n. 95), rappresenta un vulnus ai principi di autonomia organizzativa e di sana gestione, collocandosi ben al di là della sacrosanta ratio di riequilibrio complessivo della finanza pubblica.
La spending review, così come viene attuata nell’ultimo decreto, minaccia di costituire un intervento normativo irragionevole e sproporzionato rispetto all’obiettivo prefissato. Il contenimento della spesa corrente non può tradursi in alcun modo in una paralisi della macchina amministrativa, né tanto meno in una mortificazione del ruolo delle autonomie locali, elemento fondamentale di coesione sociale e territoriale per il nostro Paese. Per effetto di tale intervento, si rischia di assistere ad un sempre più abbondante ricorso a forme di esternalizzazione e privatizzazioni forzate di funzioni istituzionalmente spettanti agli enti locali (si pensi ai servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale), ennesima tappa del processo di “disarmo” del diritto pubblico in corso negli ultimi vent’anni. Il timore è che le istituzioni comunali non siano messe più in grado di avere risorse sufficienti per regolare e controllare tali processi, anche per evitare infiltrazioni della criminalità organizzata nelle fasi di privatizzazione.
Occorre subito aprire una riflessione sull’ampiezza dei limiti che le norme statali possono imporre alla spesa delle regioni e degli enti locali in relazione alle funzioni che questi sono chiamati ad assolvere nella disciplina del Testo unico degli enti locali, ma soprattutto ci si aspetta dall’Anci una risposta ferma anche nel percorso di conversione del decreto legge, magari convocando al più presto gli Stati generali sui diritti economici e sociali delle autonomie locali, iniziando anche una campagna di “obbedienza civile” alla Costituzione.
da il manifesto