La stategia di Becciu quindi, secondo il Promotore di Giustizia, era quella di “interferire con le indagini” e “di demolire tutti quelli che erano contro di lui”, “ci ha riempito di documenti falsi” e il suo operato ha causato perdite alla Segretaria di Stato per una cifra che oscilla tra i 130 e 180 milioni di euro, di cui 55 sono riconducibili al solo investimento del palazzo di Sloane Avenue. Sono amareggiato – ha detto Diddi – per il livello a cui il cardinale ha potuto abbassare questo processo, senza il minimo gesto leale nei nostri confronti”. Il cardinale, ha continuato, si è mosso “in maniera scomposta”. “Non basta dire – ha aggiunto riferendosi ai rapporti tra il Papa e Becciu – che si considera come un fratello, ma occorre muoversi in sintonia con lui”. Nella requisitoria sono state evocate le “operazioni sconsiderate” condotte da Becciu, Sostituto per gli Affari Generali in Segretaria di Stato nel segno della speculazione dalla seconda metà del 2014, allontanandosi dalle “raccomandazioni conservative” contenute nella Costituzione apostolica Pastor Bonus. Sono stati messi a fuoco i passaggi del consolidato processo decisionale in Segretaria di Stato, che, certamente, vide il sostituto costantemente informato sulle attività dell’ufficio amministrativo; è stato evocato il reato di subornazione di testimone ai danni di monsignor Alberto Perlasca; è stato ricordato il denaro sperperato da Cecilia Marogna; così come i “favori” disseminati in Sardegna. Il promotore di giustizia ha chiarito come il porporato si sia inserito autonomamente nelle indagini, emergendo dalle carte, dalle dichiarazioni e dagli eventi ricostruiti, e delineando, conseguentemente, i reati di peculato, peculato aggravato, abuso d’ufficio aggravato. Eppure, nonostante la diffusa presenza di “impronte digitali”, ha insistito, il cardinale ha sempre adottato “atteggiamenti irriverenti” nei confronti dell’Autorità giudiziaria, interferendo con le indagini e senza “cooperare con l’Ufficio del Promotore”, sin dalle perquisizioni dell’ottobre 2019. Diddi ha delineato anche il rapporto tra Becciu e la “sedicente analista geopolitica” Cecilia Marogna, “un’autentica patacca” che “pur non avendo alcuna credibilità” venne incaricata di seguire la delicata questione della suora colombiana sequestrata in Mali, nel febbraio del 2017. “È venuta qui dentro solo per desiderio del cardinale Angelo Becciu”, ha sottolineato il promotore di giustizia, e per un presunto servizio reso si è vista corrispondere “575 mila euro”. Tali soldi, tuttavia, non vennero spesi per “una finalità istituzionale” o per “una missione umanitaria”, ma vennero sperperati tra cosmetici, ristoranti o vacanze alle terme. “Che questo ufficio sia fatto di ‘puzzolenti’ e ‘porci’ è uscito sulla stampa italiana ed emerge dalle chat”, ha ricordato Diddi che ha sottolineato come non ci sia “mai stato un atto di resipiscenza da parte del cardinale su questi giudizi”.
Domani, mercoledì 26 luglio, prima della regolare pausa estiva del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, saranno avanzate le richieste dell’Ufficio del Promotore, rispetto a tutti i capi di imputazione dei protagonisti del procedimento penale Protocollo 45/19. (AGI)