La chiamano estate ma potrebbe essere anche inverno. Sul marciapiede di viale Toscana, accanto alle architetture eteree del campus della Bocconi, alle sette del mattino c’è lo sciame di sempre di chi allunga le mani per mangiare. Anzi è più lungo e ondulato perché alcune associazioni che offrono i pasti sono chiuse ad agosto. Luigi Rossi, il vicepresidente dell’organizzazione ‘Pane Quotidiano’ che da 126 anni a Milano riempie le mani vuote a chi lo chiede senza chiedere perché lo chiede, prevede che “quest’anno supereremo un milione e mezzo di passaggi, il record di sempre”. Questa coda, che si rimpolperà fino ad arrivare oggi a più di duemila persone, è un po’ più giovane rispetto al solito. Le scuole sono chiuse e ci sono tanti bambini, uno lascia la piccola bicicletta a un volontario prima di entrare con la raccomandazione di tenergliela d’occhio. A loro viene data una razione piena, uguale a quella per gli adulti, il cui valore, spiega Rossi, “è di circa 15 euro, il che significa che al mese noi rappresentiamo un aumento del reddito per queste persone del 35%”. Una signora di 60 anni, bell’abito viola, curata, sorridente, racconta di avere lavorato per 20 anni come “cassiera a tempo pieno”. “Da tre anni prendo 600 euro di pensione, ho qualche problema di salute, non posso fare altro. Vengo qui. Poi, quando riesco, compro carne e pesce, serve anche quello per la salute…”. Danila la volontaria che oggi mette il pane nei sacchetti conferma che tanti sono come lei: “Quando ho iniziato a dare una mano, due anni fa dopo 40 anni da impiegata, è stato molto forte perché non comprendevo la quantità di persone che vedevo sfilare. Non bisogna pensare che siano per lo più senzatetto. Vedo tantissimi pensionati italiani e famiglie coi bambini che hanno un reddito. Nel tempo con alcuni di loro si è creato un rapporto di cordialità. Ci sono anche tanti ucraini, immagino siano scappati dalla guerra ma non ne sono certa perché non parlano italiano. E poi, asiatici, sudamericani: famiglie dignitose, ordinate. Non serve solo il pane, a volte vado da loro durante la fila per guardarli negli occhi”. In corridoio è appesa una vecchia lastra di metallo bianco con la scritta nera: ‘Fratello, nessuno qui ti domanderà chi sei né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni’. Una donna peruviana dà a due bimbe piccole ancora nel passeggino i succhi di frutta che ha appena ricevuto. “Sono qui perché a casa abbiamo solo lo stipendio di mio marito che prende 1200 euro come magazziniere”. Poco più indietro ci sono due suoi connazionali. Il padre dice di lavorare “solo ogni tanto, faccio le pulizie, non trovo altro”, e il figlio di 19 anni che farebbe “qualsiasi mestiere” pur di non venire a chiedere da mangiare”. Ride, con la forza di chi ha un orizzonte largo. Luigi Rossi, amministratore delegato di una società finanziaria che nel ‘Pane Quotidiano’ mette cuore e ingegno per generosità, ci accompagna nella “stanza di Robin Hood”. “La chiamo così perché è dove organizziamo le cene di beneficenza e cerco di ‘rubare’ ai ricchi per dare ai poveri. Ma Milano in verità è molto generosa, capisce e aiuta e senza necessità di avere nulla in cambio. I pasti che prepariamo sono tutti regalo delle aziende. Capita poi che si presentino imprenditori che firmano davanti a me assegni da trecentomila euro, chiedendo riservatezza. Essere laici ci aiuta nei rapporti con le imprese internazionali che hanno persone di tutte le religioni. Abbiamo talmente tanti volontari che c’è la lista d’attesa. Ora ci aiutano tantissimi giovani. C’è anche un ‘gentlemen agreement’ con la Bocconi: chi viene beccato a fare qualcosa che non dovrebbe può scegliere tra l’espulsione o un anno di volontariato da noi. Se viene, spesso poi resta’”. Perché a Milano ci sono sempre più poveri? “E’ diventata una città internazionale e in questo assomiglia alle altre capitali europee e costa troppo per la legge del mercato dei consumi. Qualche anno fa di un pensionato che prendeva mille euro si commentava ‘E’ un bel sciur (signore in milanese, ndr)’, adesso si mette in coda per mangiare perché vivere con quei soldi è una missione impossibile. Si potrebbe intervenire sulle politiche del reddito. Noi non abbiamo né tempo né capacità per capire perché esiste questa povertà. Siamo quelli che quando il fiume straripa mettono i sacchetti di sabbia”. Anche per questo signore alto e robusto che ha parecchie curve nella sua storia: “Sono qui perché sono povero, diciamo la parola giusta. Ho 55 anni, un’invalidità psichiatrica, una pensione di 600 euro. Però cucino bene, sa? Ho imparato facendo il cuoco nel carcere di Bollate. Oggi per esempio ho preso il formaggio tondo e lo cucinerò impanato”. Passa una donna araba, velata, e gli indica un pezzo di carne di maiale per regalargliela. “La vuoi?” fa un cenno con la testa. In fondo alla coda c’è chi, sono quattro o cinque, si rivende il cibo del ‘Pane Quotidiano’ appena ritirato per pochi spiccioli. (AGI)