Possibile che nessuno si fosse accorto che l'assassino di Samuele era malato di mente?


AGI – Su Samuele Gargiulo, il bimbo di quasi 4 anni, precipitato da un balcone venerdì a Napoli, sono arrivate le parole che non avremmo mai voluto sentire. “L’ho preso in braccio – ha detto Mariano Cannio – e sono uscito fuori al balcone. Con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo. Sono fuggito e sono andato a mangiare una pizza”.

Un omicidio senza senso, senza motivo, senza movente. Un omicidio che ha la sua spiegazione solo nella malattia mentale. E infatti l’avvocato difensore di Cannio ha immediatamente mostrato una serie di certificati medici che dimostrano come il suo assistito, che sostiene di essere affetto da schizofrenia, sia una persona gravemente disturbata.

Dopo aver ucciso un bimbo che avrebbe compiuto tra poco 4 anni, come si può mangiare una pizza, stendersi sul letto a riposare e poco dopo scendere di nuovo in strada, raggiungere un bar, bere un cappuccino, mangiare un cornetto per acquietare “una fame nervosa scaturita dalla paura”?

Come è possibile che nessuno del quartiere o della famiglia si sia mai accorto dei gravissimi problemi di cui era affetto la persona che faceva da domestico in casa Gargiulo?

Ancora una volta si dimostra una verità terribile: mentre la malattia fisica è facile da vedere, ha dei sintomi, ha dei segni, ha dei segnali, l’esistenza della malattia mentale è spesso invisibile: non era questo il caso, ma a volte è persino rifiutata dagli interessati. E così provoca danni enormi, tragedie inenarrabili. 

Il dolore della famiglia del piccolo Samuele è grande ma se vogliamo far sì che le loro lacrime abbiano un senso, lasciando che la giustizia prosegua il proprio corso, pensiamo a proteggere i bambini e le persone con difficoltà mentale dalle tragedie che inconsapevolmente possono compiere.

Perché nel nostro Paese, dopo aver chiuso i manicomi cinquant’anni fa, ad oggi non sembra ancora esserci una presa in carico seria da parte della società delle malattie psichiatriche? Il padre e la madre di Samuele erano al corrente della malattia mentale di Mariano Cannio? Si accendono i riflettori quando esplode il dramma e poi tutto torna nell’oblio.  Non riusciamo a stabilire delle regole per cui le persone malate siano protette dal male che possono fare a se stessi e agli altri?

Source: agi