Polonia: scontro tra passato e presente

Poland's President Andrzej Duda and European Council President Donald Tusk (R) pose for a picture ahead of a meeting in Brussels, Belgium, January 18, 2016. REUTERS/Francois Lenoir


È uno scontro tra passato e presente quello che si consuma ai vertici della Polonia, tra il presidente Andrzej Duda e il neopremier Donald Tusk, a cui l’Europa guarda con crescente preoccupazione. Duda, vicino al Partito conservatore ed euroscettico Diritto e Giustizia (PiS), all’opposizione dopo aver guidato il paese per otto anni, ha detto che “non avrà pace” fintanto che l’ex ministro degli Interni Mariusz Kamiński e il suo vice Maciej Wasik – arrestati in seguito all’accusa di abuso d’ufficio – non saranno rilasciati. I due, oggi entrambi parlamentari, sono stati fermati dalle forze dell’ordine al termine di un rocambolesco inseguimento e dopo essersi rifugiati nel palazzo presidenziale su invito del presidente. “Dichiaro di considerare la mia condanna come un atto di vendetta politica”, ha detto Kamiński, annunciando di aver iniziato uno sciopero della fame. Dopo aver conquistato il potere in ottobre, il primo ministro Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo, ha promesso di cancellare le politiche dei suoi predecessori, più volte entrati in rotta di collisione con l’Europa che ha accusato il partito di minare lo stato di diritto del paese. La vicenda appare solo l’ultimo episodio – in ordine di tempo – di una drammatica escalation della tensione tra vecchia e nuova leadership, in un contesto di difficile coabitazione tra governo e presidente, di opposti schieramenti politici.
Presidente vs premier?
La vicenda giudiziaria che vede coinvolti i due politici polacchi risale al 2007, quando Kamiński, allora capo dell’Ufficio centrale anticorruzione, e il suo vice Wasik furono condannati per abuso di potere per aver consentito l’uso di documenti falsi in un’indagine. Entrambi negano le accuse, citando l’indulto – successivamente annullato dalla Corte Suprema, ma confermato dal Tribunale costituzionale controllato dal PiS – concesso loro da Duda nel 2015 e che gli ha consentito di prestare servizio nell’ultimo governo. A dicembre 2023 una corte d’appello aveva stabilito che la coppia dovesse scontare due anni di carcere. Una decisione contro cui Duda si è espresso in maniera chiara: “La prerogativa presidenziale è stata effettivamente esercitata nel 2015, le due persone in questione sono state graziate”. Per salvare i due parlamentari dal carcere, Duda potrebbe decidere di graziarli nuovamente, anche se ciò significherebbe ammettere che il primo provvedimento è stato inefficace. Il PiS deve affrontare molteplici accuse di sovversione dello stato di diritto e la coalizione filoeuropea di Tusk, insediatasi il mese scorso, afferma di voler riportare la Polonia in linea con le norme democratiche dell’UE, anche al fine di sbloccare decine di miliardi di euro di finanziamenti congelati. In ballo, infatti, ci sono anche i 36 miliardi di euro del “Recovery fund”, che la Commissione europea potrebbe finalmente decidere di sbloccare se il nuovo governo decidesse di effettuare le riforme richieste da Bruxelles.

Una situazione senza precedenti?
Anche se il presidente Duda concedesse una nuova grazia ai due parlamentari in questione, ciò non ammetterebbe automaticamente il loro ritorno in parlamento. Lo ha chiarito il presidente del nuovo emiciclo Szymon Hołownia, per cui la sentenza della corte di dicembre “significa che entrambi hanno perso il loro mandato parlamentare”. Hołownia ha rinviato una seduta prevista per questa settimana, in cui il Parlamento avrebbe dovuto votare il bilancio per il 2024, citando una “profonda crisi costituzionale”. La legge dovrà comunque essere inviata al presidente entro la fine di gennaio affinché la firmi. Se così non fosse, Duda ha il potere di sciogliere il parlamento. Tusk, ex primo ministro polacco , ha definito quella attuale una situazione “senza precedenti”, accusando “il campo politico che ha governato la Polonia per otto anni” di aver scatenato “il caos istituzionale”. I membri della coalizione sostengono che il comportamento di Kamiński e dei sostenitori alleati del PiS è un esempio dell’azione di retroguardia che il partito intende organizzare per evitare ogni responsabilità di crimini presumibilmente commessi in carica. “Due politici legalmente condannati credono di essere al di sopra della legge”, ha detto Tusk, aggiungendo che aiutandoli, “Duda e altri rischiano di rendersi complici di ostruzione alla giustizia”.

L’UE tirata per la giacca?
Subito dopo l’insediamento, il nuovo governo polacco si è concentrato sull’abolizione delle trasformazioni con cui il PiS aveva reso la televisione statale, la radio e l’agenzia di stampa polacca in altrettanti portavoce della propaganda governativa. Ma i metodi con cui l’esecutivo è intervenuto non sono stati esenti da critiche. La Fondazione Helsinki per i diritti umani ha riconosciuto che il PiS ha reso giuridicamente difficile la riforma dei media ma afferma che i cambiamenti del nuovo governo “sollevano seri dubbi”. L’ex primo ministro Mateusz Morawiecki ha sollevato la questione al parlamento europeo – dove il PiS fa parte del gruppo dei Conservatori e riformisti (ECR) – cercando di ribaltare il discorso sullo stato di diritto contro Tusk.  “Chiedo ai rappresentanti delle organizzazioni internazionali, in particolare alle istituzioni dell’Unione europea di prendere una posizione inequivocabile su questa spaventosa svolta degli eventi”, ha detto Morawiecki, aggiungendo: “Stiamo assistendo a un attacco senza precedenti allo stato di diritto. Il governo di Tusk ha deciso di prendere il controllo della televisione pubblica e dei media con la forza. Ciò non ha nulla a che fare con gli standard democratici. Non vedevamo un’azione governativa così brutale dai tempi del comunismo. È tutto tanto più scandaloso è che ciò venga fatto da persone che hanno sulle labbra questi slogan di democrazia”.
Il commento

Di Serena Giusti, ISPI Senior Associate Research Fellow

“La tensione di questi giorni in seno alle istituzioni polacche e, in particolare, tra il Presidente, Duda, e il Primo Ministro, Tusk, sono anche il riverbero del risultato di elezioni politiche che hanno ancora una volta mostrato un paese diviso fra conservatorismo e nazionalismo da una parte e riformismo ed europeismo dall’altra. Nessuna delle due parti ha prevalso in maniera netta all’appuntamento elettorale dello scorso ottobre, obbligando il Presidente Duda del partito tradizionalista di Giustizia e Libertà (PiS) che aveva guidato per otto anni il governo ad una difficile convivenza con il Primo Ministro Tusk, ex Presidente del Consiglio europeo ed esponente del Partito Piattaforma Civica. La necessità dell’intervento della polizia per l’arresto dell’ex ministro e di uno dei suoi collaboratori è anche sintomatica di un sistema giudiziario indebolito e svilito dagli anni in cui il PiS ha governato il paese, causando il congelamento di ingenti finanziamenti da parte della Unione europea. Intanto la grave crisi istituzionale rischia di bloccare il paese se il Parlamento, i cui lavori sono stati rallentati proprio a causa della vicenda, non riuscirà a inviare la legge finanziaria al Presidente entro la fine di gennaio. Il caso polacco svela drammaticamente quanto la polarizzazione, le diatribe fra partiti proiettate sulle istituzioni e gli attacchi allo stato di diritto nuocciano alla stabilità del paese, al benessere dei cittadini e a quello che tutte le parti in causa dovrebbero riconoscere come interesse nazionale”.

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)