di Antonino Gulisano
Nella società italiana si sta risvegliando un’attenzione al mondo della politica, stimolata anche dall’avvento della pandemia, che ha reso le persone consapevoli di condividere lo stesso destino.
Nel 33° Rapporto di Eurispes Per una nuova Ri-costruzione si legge: “Programmare non è proiettare il presente nel futuro, ma l’opposto, avere una idea di futuro da innestare nel presente”. Il concetto di FUTURO viene scelto come “parola chiave”, per sottolineare che la costruzione degli scenari futuri va al di là di una semplice proiezione della situazione presente: richiede una visione, una idea di futuro possibile, un sistema di valori di riferimento, un pensiero forte in grado di guidare le nostre azioni di oggi verso una direzione ben precisa.
Il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, ha voluto sottolineare: “La pandemia ha messo in discussione valori, interessi, scelte, etiche, priorità, prospettive. Ha ridisegnato alleanze, confini politici, rapporti tra Stati. Ha imposto nuovi percorsi economici e sociali. Ha messo in risalto fragilità e ritardi del sistema, inefficienze e incapacità nella gestione della complessità. Ha mostrato il fallimento delle pretese taumaturgiche delle autonomie regionali. Ma, soprattutto, ha fatto emergere la necessità di ricostruire una identità statuale compressa negli anni da una devoluzione verso il basso, le Regioni, e verso l’alto, l’Europa. Nello stesso tempo, ha archiviato l’idea che i cittadini possano sostituire efficacemente – e ad un livello etico supposto superiore – le Istituzioni politiche”.
Movimenti di protesta e movimenti di proposta segnalano l’esistenza di un fermento nella società civile. Lo generano e lo stimolano le disuguaglianze che nascono o si aggravano a causa dell’emergenza, la crisi ecologica e il desiderio di cambiamento, la reazione di protesta alle misure assunte a causa della pandemia, ma anche la ricerca di un nuovo dialogo tra cittadini ed esponenti della politica.
La morfologia delle forze politiche è profondamente cambiata. Soprattutto i partiti tradizionali, che hanno caratterizzato le società del Novecento, hanno lentamente modificato le loro strutture, che prima erano radicate nel territorio e diffuse tra le realtà sociali, prendendo distanza dai cittadini.
In passato il partito aveva acquisito una struttura a cerchi concentrici: i dirigenti occupavano la posizione centrale, di coordinamento; la prima corona, poi, era formata dai parlamentari, i dipendenti e i dirigenti delle sedi locali; quella successiva dai militanti coinvolti in attività specifiche; la più esterna comprendeva i simpatizzanti e gli elettori fedeli. L’attuale forma partitica assomiglierebbe a un’ellisse. I suoi due punti fissi – identificati, uno, dai politici di professione e, l’altro, dalle lobby economiche di riferimento – sarebbero connessi tra loro da consulenti che giocherebbero un ruolo di mediazione degli interessi; all’interno del perimetro ellittico si muovono poi altri soggetti: figure professionali senza un vincolo di appartenenza identitario e incaricate di lavori specifici (indagini di marketing, comunicazione…); gruppi di pressione legati a soggetti sociali o aziende minori; singoli simpatizzanti e militanti.
Il tempo che si avvicina sta preparando una nuova sfida per la democrazia. Le forze politiche, che raccoglievano l’eredità dei partiti di massa del secolo scorso, si sono trasformate e a lungo andare hanno pagato lo scotto delle loro scelte strategiche con una riduzione, a volte drastica, della base elettorale.
Tuttavia i partiti rimangono essenziali per la ricostruzione di un sano rapporto tra cittadini e democrazia, per evitare i rischi della tecnocrazia o del populismo.
Inoltre, non si può sottovalutare il fatto che le tendenze di una spinta partecipativa, l’aumento delle disuguaglianze socioeconomiche e i sentimenti di inquietudine e angoscia dei ceti popolari hanno alimentato movimenti populisti in vari Paesi europei. La democrazia parlamentare, invece, offre la possibilità di dialogare e di mettersi in gioco. In una democrazia l’emergenza e la progettazione del futuro chiedono ai partiti di costruire una partecipazione condivisa, con il coinvolgimento delle forze sociali e dei cittadini.
Per rappresentare il popolo c’è bisogno di una legittimazione che si costruisce coltivando le relazioni. Da qui nasce la necessità di ripensare una legge elettorale proporzionale, anche con sbarramento al 3%, e la espressione della preferenza al candidato per un reale rapporto tra cittadino elettore e rappresentante.