Pmi: Sace, 1.400 mld giro affari, all’estero un terzo fatturato


Le Pmi rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana e giocano un ruolo importantissimo sia in chiave economica sia in chiave sociale: le oltre 200mila Pmi italiane producono un giro di affari di più di 1.400 miliardi di euro, realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato (circa 7 punti percentuali sopra alle tedesche) e contribuiscono a quasi la metà dell’export nazionale (45%, rispetto al 20% delle tedesche e delle francesi e al 32% delle spagnole). E una su 3 sta investendo in innovazione 4.0 e formazione e questo accresce del 15% l’export capability d’impresa. Lo rileva la ricerca ‘Obiettivo Sparkling. Pmi e filiere italiane a prova di futuro’ realizzata dall’Ufficio Studi di Sace in collaborazione con Teha, che analizza le trasformazioni che spingeranno la competitività del Made in Italy nel mondo: innovazione 4.0, sostenibilità ed export. Lo studio è stato presentato al Forum di Vernobbio da Alessandra Ricci, amministratore delegato di Sace, Alessandro Terzulli, Chief Economist di Sace, e Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e responsabile dell’Area Scenari e Intelligence e dello Sviluppo Internazionale di Teha Group.
“Sace partecipa al Forum di Cernobbio insieme alle Pmi italiane, offrendo loro la possibilità di seguire virtualmente la tre giorni di lavori, incontri e dibattiti, e soprattutto portando all’attenzione di questo autorevole contesto l’importanza e le prospettive per le piccole e medie imprese italiane, alle prese con le sfide e le opportunità della transizione sostenibile e digitale”, ha dichiarato Ricci.
“Noi di Sace – ha sottolineato l’ad – in linea con la missione e gli obiettivi del nostro Piano Industriale Insieme 2025, siamo già al fianco di 51mila Pmi italiane nei loro progetti di investimento e crescita sostenibile in Italia e nel mondo e contiamo di raggiungerne 65 mila nell’arco di Piano. Abbiamo superato gli 80 miliardi di euro di progetti sostenuti al fianco di Pmi e filiere italiane, generando un impatto di 220 miliardi di euro sul sistema produttivo e supportando 1 milione e 300mila posti di lavoro. Lo Studio che portiamo oggi al Forum di Cernobbio parte da questa esperienza per aumentare le opportunità di crescita per il tessuto economico nazionale”.
Secondo le stime di Sace, le esportazioni delle Pmi italiane dell’1,5% circa nel 2024 e del 3,5% nel 2025, raggiungendo i 260 miliardi grazie in particolare al traino delle medie imprese, vero e proprio motore delle filiere. A guidare la crescita delle vendite estere quest’anno sarà l’Oriente: Medio Oriente e Asia Orientale sono le aree per cui sono infatti previsti significativi incrementi, rispettivamente +6,1% e +2,3%. Non sarà da meno l’America settentrionale (+3,8%), mentre la crescita sarà piatta verso l’Unione Europea, che rimane comunque la principale area di destinazione. Nel 2025 un maggior dinamismo verrà mostrato dall’Africa subsahariana (+10,1%).
Anche per le grandi imprese si prevede una dinamica positiva, fino al +3,8% quest’anno e al +5,8% nel 2025.
“Le oltre 200 mila piccole e medie imprese giocano un ruolo fondamentale nell’economia italiana, producendo un giro di affari di oltre 1.400 miliardi di euro, che genera quasi il 40% del valore aggiunto nazionale – ha dichiarato Terzulli – secondo le nostre stime le esportazioni delle Pmi italiane cresceranno dell’1,5% circa nel 2024 e del 3,5% nel 2025, raggiungendo i 260 miliardi di euro grazie in particolare al traino delle medie imprese. Una export capability che può crescere, puntando su due leve strategiche: la trasformazione tecnologica, anche in chiave sostenibile, e l’integrazione in più filiere produttive”.
L’integrazione nelle filiere rappresenta un elemento centrale per la competitività delle Pmi, grazie all’interconnessione dei processi produttivi. Un potenziale ad oggi largamente inespresso, considerando che la maggior parte delle imprese italiane (in media 4 su 5) dichiara di partecipare a una sola filiera.
Lo studio ha identificato le 8 principali filiere a rilevanza sistemica – macchine industriali, edilizia, agro-alimentare, abbigliamento, mezzi di trasporto su gomma, energia, sanità, farmaceutica e cure – che da sole rappresentano il 56,4% del Valore Aggiunto, il 52,3% dell’occupazione e il 67,3% dell’export delle unità con almeno 3 addetti. Ed evidenzia, tra le altre, le “filiere del futuro” relative a edilizia intelligente (smart building), agro-alimentare (agritech) ed energie rinnovabili e alternative (come l’eolico offshore e l’idrogeno).
“Il modello distrettuale si conferma un pilastro fondamentale per il sistema produttivo nazionale”, ha spiegato Lorenzo Tavazzi di Teha Group. E ha aggiunto: “È in corso un’evoluzione verso una crescente integrazione lungo le catene del valore che consentirà alle imprese italiane di affrontare le sfide di un mercato sempre più globale e competitivo e di superare alcuni limiti dei distretti tradizionali. Nello specifico, abbiamo identificato alcune filiere informali – ovvero non censite a livello statistico – e cross-settoriali – che tagliano trasversalmente più settori – su cui l’Italia potrà rafforzare e consolidare il proprio posizionamento in termini di attivazione occupazionale, produzione industriale e proiezione sui mercati esteri. Ad esempio – ha proseguito l’esperto – stimiamo che nei prossimi anni la trasformazione del patrimonio edilizio in Italia nella direzione dello smart building possa generare oltre 200.000 posti di lavoro qualificati e specializzati, così come importanti prospettive possono provenire dalla filiera agritech e delle tecnologie rinnovabili e alternative su cui l’Italia è già oggi ai primi posti in Europa (secondo Paese europeo per Valore Aggiunto nei settori attivati dall’eolico offshore galleggiante e secondo produttore europeo di tecnologie meccaniche potenzialmente utilizzabili nella filiera dell’idrogeno)”. (AGI)