Da qualche anno a questa parte, quando si guarda un telegiornale sportivo, o si cercano notizie sul mercato della propria squadra del cuore, è diventato sempre più comune imbattersi nella parola “plusvalenza”. La plusvalenza è un concetto economico che si è imposto nel dibattito calcistico a tutti i livelli, sia tra gli addetti ai lavori sia tra i tifosi. Non a caso nei giorni in cui si parla del clamoroso scambio sull’asse Juventus-Milan con protagonisti Gonzalo Higuain, Leonardo Bonucci e Mattia Caldara, giornalisti e appassionati provano a capire in anticipo gli scenari del mercato anche tenendo conto dei prezzi di acquisto degli anni passati, delle possibili plus o minusvalenze, delle cifre che servono alle squadre per far quadrare i bilanci nell’epoca del fair play finanziario. Ma che cos’è una plusvalenza? Per la definizione ci affidiamo all’articolo di Diego Tarì su Ultimo Uomo dedicato alle plusvalenze: “Tecnicamente – scrive Tarì – con il termine “plusvalenza” si intendono i ricavi derivati dalla differenza fra il valore di vendita di un calciatore e quello a cui lo stesso è registrato in quel momento nel bilancio, dopo aver scontato gli ammortamenti del periodo in cui è stato di proprietà di una squadra”.
L’affare Juventus-Milan: il costo di Higuain
L’incrocio Juventus-Milan di queste settimane ha sicuramente tenuto conto di motivazioni tecniche, flussi di cassa, ragionamenti sugli stipendi e certamente anche plusvalenze. Per esempio, cerchiamo di capire perché per Gonzalo Higuain le società abbiano individuato a 55 milioni di euro la cifra intorno alla quale accordarsi per il cartellino del giocatore. Dobbiamo innanzitutto rifarci alla cifra alla quale la Juventus ha acquistato Higuain dal Napoli nell’estate 2016: 90 milioni (fonte Transfermarkt). Altro dato che dobbiamo conoscere è la durata del contratto: nel caso del Pipita, 5 anni. Infine, ci serve sapere il piano di ammortamento legato al calciatore.
Nel caso di Higuain, secondo il sito specializzato Calcio e Finanza, l’ammortamento di Higuain è stato di circa 18 milioni all’anno (20% annuale dei 90 milioni pagati al Napoli). Questo fa sì che il valore di carico di Higuain in bilancio sia oggi di poco meno di 55 milioni: questa cifra è ottenuta dalla differenza fra la cifra di acquisto meno gli ammortamenti. Al fine di ricavare una plusvalenza e non incappare in una minusvalenza, la Juventus ha cercato un accordo che portasse la cifra della cessione sopra quella del valore di carico del calciatore (54 quest’anno, 36 il prossimo).
In ogni caso, una società può legittimamente decidere di non far registrare una plusvalenza pur di liberarsi dall’onere di un ingaggio molto pesante. La formula scelta dalla Juventus (prestito di Higuain al Milan per 18 milioni e riscatto l’anno prossimo a circa 36) sembra andare in questa direzione. Il prestito fa sì che l’ammortamento del calciatore sia nel bilancio della Juve anche l’anno prossimo. Di fatto, se il Milan pagherà 18 milioni per il prestito di Higuain per la stagione 2018-19 la Juventus rientrerà esattamente della cifra che dovrà mettere a bilancio, aggiungendo anche liquidità. Se poi il Milan riscattasse l’attaccante argentino nel 2019 a 36 milioni, allora la Juve eviterà una minusvalenza realizzando una piccola plusvalenza (+0,4 milioni), visto che tra 12 mesi Higuain avrà un valore di carico di esattamente 36,4 milioni sulle casse della Juve.
Le plusvalenze nello scambio Bonucci-Caldara
Le plusvalenze riguardano anche lo scambio tra Bonucci e Caldara. Essendo entrambi valutati 35 milioni nello scambio secco, le due squadre potranno generare una plusvalenza pur senza di fatto muovere un euro dalle loro casse.
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La Juventus spese circa 19 milioni per acquistare Caldara dall’Atalanta, perciò lo scambio con un calciatore quotato 35 milioni (Bonucci) genera una plusvalenza per la Juve sui 22 milioni. Perché? Anche qui, dobbiamo conoscere la durata del contratto e il seguente piano di ammortamento. Caldara è stato acquistato nel gennaio 2017, e poi lasciato in prestito all’Atalanta. Perciò Caldara è stato formalmente un calciatore della Juve – pur non essendo in rosa – dal gennaio 2017.
Secondo Calcio e Finanza, al momento Caldara ha un valore di carico di 12,76 milioni sul bilancio bianconero 2019, pertanto con i 35 milioni rappresentati dall’acquisto di Bonucci per Caldara la Juventus genera una plusvalenza di circa 22 milioni. Stesso ragionamento per Bonucci, sponda Milan: acquistato a 42 milioni nel 2017 con contratto quinquennale, ora Bonucci ha un valore di carico di 33,6 milioni. Lo scambio per un calciatore quotato 35 milioni genera quindi una plusvalenza per il Milan di 1,4 milioni.
Le plusvalenze non sono certo l’unico criterio al quale Juventus e Milan si sono tenute per definire uno scambio di questa portata – i flussi di cassa e il fair play finanziario, per esempio, sono un’altra storia – ma è altrettanto vero che dal punto di vista delle plusvalenze sia la società torinese sia quella di via Aldo Rossi escono entrambe vincitrici: come a dire che generare plusvalenze non è un gioco a somma zero.
Come si calcola il valore di una plusvalenza?
Detto che per calcolare una plusvalenza non basta fare la differenza fra la cifra ottenuta per cedere un calciatore e la cifra spesa per acquistarlo, a volte non basta neppure rifarsi agli ammortamenti e occorre tenere conto anche del ruolo dei procuratori. Prendiamo l’esempio di Paul Pogba. Il neo campione del mondo francese arrivò alla Juventus nell’estate del 2012 dal Manchester United a parametro zero (si parla anche di un conguaglio simbolico di 500 mila euro). I bianconeri hanno poi ceduto Pogba ai Red Devils nel 2016 per 105 milioni di euro rendendo possibile il clamoroso “Pogback”.
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Plusvalenza di 105 milioni? No, di 72,6. Lo spiega molto chiaramente il sito Calcio e Finanza: i 105 milioni usciti dalle casse del Manchester United non sono entrati tutti in quelle juventine. Ai 105 vanno sottratti 4,7 milioni di costo residuo di Pogba inseriti nel bilancio bianconero, quindi 25 milioni che la Juventus ha riconosciuto al procuratore del calciatore Mino Raiola, e infine 2,7 milioni di “contributo di solidarietà” che sono stati girati proporzionalmente alle società nelle quali Pogba è cresciuto, Manchester United escluso. Per cui, dei 105 milioni ne restano appunto 72,6, che è la plusvalenza fatta registrare dalla Juventus e dichiarata anche ufficialmente dalla società torinese.
L’impatto delle plusvalenze nel calcio italiano
Secondo il report annuale della FIGC sullo stato del calcio italiano, nella stagione 2016-17 le plusvalenze sono arrivate a rappresentare il 22% del valore della produzione del calcio professionistico, che ammonta in totale a 3350 milioni di euro. Solo i ricavi da diritti radio-televisivi (36%) incidono maggiormente sui quei 3 miliardi abbondanti. Limitandosi alla sola Serie A, il valore della produzione si attesta a 2900 milioni circa.
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Sempre per la sola Serie A, nella stagione 2016-17 le plusvalenze hanno generato ricavi per 693,4 milioni, in aumento rispetto all’anno precedente dell’84,4%. Mediamente, ogni squadra di A nella stagione 2016-17 ha fatto registrare quasi 35 milioni di plusvalenze. Se invece caratterizziamo un po’ meglio la distribuzione media delle plusvalenze, notiamo che le prime tre squadre (squadre in Champions) hanno fatto registrare mediamente 113,3 milioni di plusvalenze; dal quarto al settimo posto (squadre in Europa League) mediamente 24,9 milioni; dall’ottavo al diciassettesimo posto (squadre fuori dall’Europa e salve) mediamente 21,8 milioni; ultime tre (retrocesse) mediamente 12 milioni.
Esempi di plusvalenze delle squadre italiane
Fra le squadre che negli ultimi anni hanno fatto registrare plusvalenze, valorizzando i calciatori e rivendendoli a prezzi molto alti, vediamo tra gli altri i casi di Udinese, Napoli, Juventus e Roma. L’Udinese è una delle squadre che ha fatto registrare importanti plusvalenze sin dagli anni Novanta, quando la cessione dell’attaccante Marcio Amoroso al Parma fruttò nel bilancio 1999-2000 una plusvalenza di circa 37 milioni di euro. Nel corso degli anni, poi, altri nomi che hanno assicurato plusvalenze alla squadra friulana sono stati Alexis Sanchez (26 milioni dopo la cessione al Barcellona), Giuliano Giannichedda (22 milioni, alla Lazio), Juan Cuadrado (20 milioni, alla Fiorentina), Samir Handanovic (19,4 milioni, all’Inter), Gokhan Inler (18 milioni, al Napoli), Kwadwo Asamoah (17 milioni, alla Juventus).
Dal 1992 al 2015 l’Udinese ha fatto registrare quasi 650 milioni di plusvalenze. Per la Juventus spicca la clamorosa operazione Pogba, ma plusvalenze importanti sono arrivate anche grazie a Arturo Vidal (36,7 milioni), Mattia Caldara (22) e Alvaro Morata (15,9). Negli ultimi anni anche il Napoli di Aurelio De Laurentiis ha fatto registrare plusvalenze notevoli, coniugandole con una crescita sportiva di alto livello.
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Su tutte, spicca la plusvalenza di circa 86,3 milioni fatta registrare in occasione della cessione di Higuain alla Juventus nel 2016-17, di 14 milioni più alta di quella di Pogba. Altra importante plusvalenza quella legata alla cessione di Edinson Cavani al PSG (+64,4 milioni), con i francesi che avevano già permesso agli Azzurri di godere di un più 31,6 milioni con la cessione di Ezequiel Lavezzi. Altra clamorosa plusvalenza fu quella fatta registrare dal Milan quando cedette Kakà al Real (+63), di poco superiore a quella che quest’anno ha messo a segno la Roma cedendo Alisson al Liverpool (intorno ai 60 milioni, e potrebbe aumentare per via dei bonus). Roma che negli ultimi anni ha messo a bilancio sistematicamente delle ottime plusvalenze: 28,2 milioni per Pjanic, 27,9 per Salah, 27,4 per Marquinhos, 25,4 per Rudiger, 23,8 per Romagnoli.
Alcuni casi critici
Visto che le plusvalenze sono la seconda fonte di ricavi per le squadre italiane non dobbiamo concludere frettolosamente che siano di per sé sempre un bene, né che siano sempre utilizzate in senso virtuoso. Proprio intorno a plusvalenze fittizie, basate cioè su un indebito “ricalcolo” del reale valore di alcuni calciatori, si è giocata la battaglia legale che ha visto la Procura Federale contro Chievo Verona e Cesena, con i romagnoli che nel frattempo sono andati incontro a fallimento.
La Procura ha deferito le due società in quanto accusate di “aver sottoscritto le variazioni di tesseramento di alcuni calciatori indicando un corrispettivo superiore al reale e per aver contabilizzato nei bilanci plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo dalle norme che regolano i bilanci delle società di capitali, condotte finalizzate a far apparire un patrimonio netto superiore a quello esistente alla fine di ciascun esercizio e ciascun semestre così da ottenere la Licenza Nazionale e l’iscrizione al campionato delle stagioni 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale”.
La sentenza del Tribunale Federale Nazionale ha dichiarato improcedibile il deferimento nei confronti del Chievo Verona mentre ha inflitto 15 punti di penalità ai romagnoli nella prossima stagione da scontare nella categoria nella quale riuscirà a iscriversi il Cesena dopo il fallimento. Inoltre, secondo Calcio e Finanza un frenetico ricorso a plusvalenze virtuali fu tra le ragioni del fallimento del Parma al termine della stagione 2014-15: i crociati mettevano a bilancio numerose plusvalenze facendo quadrare i conti solo da un punto di vista contabile, ma al contempo non avevano i flussi di cassa necessari per coprire concretamente le spese. Nel settennato 2007-2014 il Parma ha fatto registrare 227 milioni di plusvalenze contabili ma allo stesso tempo dal 2008-09 in poi il saldo monetario fra entrate e uscite è stato costantemente in rosso.
Emblematico di quel periodo in casa Parma fu l’acquisto di Ishak Belfodil da parte dell’Inter che permise alla società ducale di far registrare una corposa plusvalenza (circa 9 milioni, secondo Calcio e Finanza) a fronte di un quasi inesistente movimento di cassa facilitato anche da scambi e contro scambi realizzati attraverso la valutazione (molto alta) di alcuni giovani. Questo significa che di per sé generare plusvalenze non garantisce di avere sufficiente liquidità, vista anche questa sorta di immaterialità legata a queste operazioni.
Plusvalenze e settori giovanili
Inoltre, il carattere “immateriale” di certi scambi e la variabilità delle valutazioni dei calciatori fanno sì che ci sia un massiccio ricorso alle plusvalenze coinvolgendo non solo giocatori affermati, ma anche ragazzi dei settori giovanili o di squadre cosiddette “minori”. Alcuni calciatori vengono valutati e scambiati a cifre molto alte pur essendo ragazzi con poca esperienza o con poche presenze in campionato, il tutto in operazioni di mercato non sempre mirate a obiettivi tecnico-sportivi. Queste operazioni servono invece allo scopo di generare plusvalenze sia per la società che vende sia per quella che compra. Questo sistema tendenzialmente si verifica maggiormente con squadre di serie minori, ma non solo: un articolo, tratto sempre da Ultimo Uomo, riporta come anche i club più importanti tendano ad utilizzare le plusvalenze legate ai settori giovanili.
Vedi: Plusvalenze, cosa bisogna sapere per capire davvero il calciomercato
Fonte: sport agi