Piano strutturale di bilancio: resta una visione di corto respiro


di Alberto Zanardi

Il Piano strutturale di bilancio ha una durata pluriennale. Ma l’unico vincolo sono i tetti massimi di spesa primaria netta, senza alcun impegno sulle politiche future di spesa e di entrata, sulla loro articolazione per settori e per livelli di governo.

Il vincolo delle nuove regole europee

L’innovazione fondamentale delle nuove regole di bilancio europee, che hanno trovato la loro prima applicazione nazionale nel Piano strutturale di bilancio (Psb) da poco presentato dal governo, consiste nella fissazione, paese per paese tenendo conto delle loro specificità, di una traiettoria pluriennale per la finanza pubblica, non modificabile nel corso dell’attuazione del Piano, come è stato già evidenziato qui e qui.

La traiettoria è definita in termini di correzione minima annua del saldo primario strutturale (cioè del saldo del bilancio dell’intera pubblica amministrazione al netto delle spese per interessi e degli effetti che il ciclo economico ha sulle spese pubbliche) che deve essere applicata nei successivi quattro anni (estendibili fino a sette) per porre il rapporto debito/Pil (l’obiettivo ultimo della disciplina di bilancio) su un sentiero di riduzione «plausibile e continuo». La correzione minima annuale del saldo primario strutturale viene poi “tradotta” in un corrispondente tetto di crescita annuale della spesa primaria netta (al netto cioè degli interessi sul debito e di una serie di altre voci, tra cui le variazioni delle entrate determinate da interventi discrezionali del governo), forse nella convinzione che sia più immediatamente riconoscibile dai decisori politici e dall’opinione pubblica come riferimento operativo per la sorveglianza di bilancio durante l’attuazione del Piano.

Il Piano italiano

La nuova prospettiva di medio termine rappresenta certamente un cambiamento radicale nelle regole europee – prima i vincoli di finanza pubblica da applicare nel paese erano determinati anno per anno – ma la sua effettiva ricaduta sulla decisione di finanza pubblica va meglio specificata. Se i tetti massimi della spesa pubblica da rispettare (o, equivalentemente, i livelli minimi del saldo primario strutturale da conseguire) sono oggi fissati per i prossimi quattro anni, lo stesso non è certamente vero per la dimensione della manovra di finanza pubblica che dovrà essere realizzata anno dopo anno, né tanto meno per la sua composizione tra spese ed entrate. La dimensione effettiva della manovra di finanza pubblica verrà determinata in ogni anno del periodo di aggiustamento sulla base dell’evoluzione tendenziale delle entrate (nella componente sia strutturale sia ciclica) e delle spese per interessi, e degli errori di previsione del passato, sotto l’unico vincolo dei tetti massimi della spesa primaria netta (e delle ulteriori ”salvaguardie” che alla fine sono state introdotte nellagovernance europea per iniziativa dei paesi rigoristi). Nessun impegno pluriennale vincolante viene assunto sulle politiche future di spesa e di entrata, sulla loro articolazione per settori (ad esempio, quanto intervenire sulle pensioni? E quanto sulla sanità?) e per livelli di governo (quale aggiustamento grava sul bilancio dello stato? E quanto invece sui bilanci di regioni e comuni?). Tutto è modificabile, basta che si stia prima e, sperabilmente anche dopo in fase di realizzazione, al di sotto dei tetti di spesa netta fissati dal Piano.

Fonte: La Voce