Petrolio: accelera con acuirsi tensioni in M.O.


I prezzi del petrolio hanno chiuso in rialzo la quarta seduta di fila, in seguito all’azione delle forze armate statunitensi in Iraq che ha colpito un’auto uccidendo tre membri di Kataib Hezbollah, una milizia irachena sciita sostenuta dall’Iran. A spingere il greggio, anche il rifiuto da parte di Israele della proposta di cessate il fuoco di Hamas.
Il costo di un barile di Brent del Mare del Nord con consegna ad aprile è salito del 3,05% a 81,63 dollari, il Wti statunitense con consegna a marzo ha guadagnato il 3,19% a 76,22 dollari.
“Gli attacchi statunitensi in Iraq aumentano il rischio di un ampliamento del conflitto in Medio Oriente”, ha spiegato Daniel Ghali di TD Securities in una nota.
Mercoledì sera a Baghdad, un drone statunitense ha colpito un’auto e ha ucciso Abu Baqir al-Saadi, un alto comandante delle Brigate Hezbollah, movimento filo-iraniano con sede in Iraq. L’operazione fa parte di una rappresaglia per l’attacco di droni che ha ucciso tre soldati americani in una base giordana alla fine di gennaio. “Questo ci porta un passo più vicino a un conflitto diretto con l’Iran”, ha dichiarato Robert Yawger di Mizuho. “Non credo che accadrà, ma aumenta la tensione”. L’analista vede anche l’impennata di oggi come il risultato delle tensioni sui prodotti raffinati. Il “crack”, il differenziale di prezzo tra la benzina statunitense e il greggio, ha raggiunto il livello più alto dal maggio 2022 per il contratto di marzo. Questo fenomeno è dovuto in parte alla domanda relativamente sostenuta di benzina negli Stati Uniti, nonché alla bassa attività delle raffinerie. La scorsa settimana il tasso di utilizzo delle raffinerie è sceso all’82,4%, il livello più basso degli ultimi 13 mesi.
Oltre alla benzina, la pressione si esercita anche sul gasolio da riscaldamento, il cui “crack” non era così alto da due mesi, e sul diesel. (AGI)