Perché Paolo Maldini è tornato al Milan (dopo un doloroso addio) 


È il colpo dell’estate, la trattativa più bella, una rincorsa lunga giunta a buon fine e che esalta i tifosi del Milan e non solo, anche gli amanti del calcio, quelli che si ricordano di aver gioito per lui quando indossava la maglia rossonera e quella della Nazionale.

Perché Paolo Maldini è di tutti, e il presidente Paolo Scaroni lo sa – “Non ci sono parole per descrivere ciò che Paolo rappresenta per il Milan, è stato un privilegio vederlo giocare e vincere innumerevoli trofei in campo. Sono felice e onorato– ha aggiunto Scaroni – di lavorare con lui in questo suo nuovo ruolo. La Leadership e l’esperienza di Paolo saranno di grande beneficio per il club, così come la sua passione e la sua energia”.

La gestione Elliot ha le idee chiare e fino a questo momento non ha sbagliato nulla. Riportare il Milan ai grandi livelli del passato è la priorità, lo stesso obbiettivo di Paolo Maldini, che quasi due anni fa, ha rifiutato il ruolo da direttore tecnico perché non vedeva possibilità di cambiamenti o le premesse per un team vincente con la gestione cinese. Anche Barbara Berlusconi e Adriano Galliani avevano provato a riportarlo in società, ma non c’è stata mai un’offerta vera e soprattutto a Maldini sarebbe piaciuto un ruolo operativo e non solo di facciata.

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Spesso si torna indietro per malinconia, per la voglia di sentirsi nuovamente importante, per continuare ad appartenere ad un mondo che conta e che si conosce, ma Paolo non ha voluto né cercato tutto questo anzi, il suo amore per una maglia indossata per 25 anni lo ha spinto a rifiutare incarichi decorativi.  Nel 2009, dopo il doloroso addio al Milan (con la contestazione da parte di un esiguo gruppo di tifosi facinorosi che lui sempre ha combattuto) e il suo ritiro, ci provò anche l’amico Carlo Ancelotti ad affidargli un ruolo da dirigente nella squadra londinese del Chelsea. La risposta fu sempre negativa.

Ora Paolo Maldini può coronare il suo sogno: continuare a lavorare per un club al quale ha dato tutto se stesso per anni, senza mai cambiare maglia, quella con il numero 3, poi ritirata dalla società. E’ il  direttore sviluppo strategico area sport e insieme al compagno Leonardo (direttore sportivo) potrà farlo. Avrà una responsabilità enorme sulle spalle e cercherà di sfatare un tabù: in passato i grandi campioni del Milan, che hanno poi ricoperto posizioni in società, non sono mai riusciti a dimostrarsi vincenti anche dietro a una scrivania. E’ il caso di Gianni Rivera che non entrò mai in sintonia con Silvio Berlusconi.

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Fonte: sport agi