Perché la Fed non seguirà le orme della Bce


La Fed gioca un ruolo centrale nel sistema finanziario globale e le sue decisioni influenzano l’economia degli Stati Uniti e quella di molte altre nazioni. Quali saranno le prossime mosse?

L’inflazione persistente ha costretto la banca centrale europea di alzare i tassi di 25 punti base, portandoli al 4,50%. Il 20 settembre sarà il turno della Fed che potrebbe non seguire le orme della Bce, sebbene la politica monetaria di Jerome Powell non sia un gioco solitario. La banca centrale americana ha rallentato il ritmo di rialzo del tasso sui Federal Funds, man mano che il processo di disinflazione prendeva piede, passando da una fase iniziale d’urgenza a una di normalizzazione. Siamo dunque prossimi al picco?

Riunione Fed del 20 settembre: tassi fermi o al rialzo?

L’economista di Allianz Global Investors, Sean Shepley, offre una visione interessante della situazione attuale. Sebbene la conclusione del ciclo di inasprimento monetario possa sembrare vicina, non possiamo darlo per certo e la Federal Reserve potrebbe adottare una strategia diversa rispetto ad altre banche centrali.

Al momento, le condizioni dell’economia statunitense appaiono molto promettenti. L’attività economica reale è in crescita, mentre i segnali di cedimento delle tensioni nel mercato del lavoro e dell’inflazione core alimentano l’ottimismo.

Nonostante questo quadro apparentemente favorevole, è prematuro affermare che il finale della partita sia imminente e che la Fed sia prossima alla vittoria. Storiche fluttuazioni nell’inflazione, dopo aver toccato il picco, sono state spesso interrotte da episodi di rialzo, come il recente aumento dei prezzi del petrolio.

Secondo l’economista, dunque, è probabile che la prossima settimana la Fed mantenga invariati i tassi di interesse nel range 5,25%-5,50%. Tuttavia, le previsioni della Fed suggeriranno probabilmente ulteriori rialzi prima della fine dell’anno e potrebbero addirittura ridurre le aspettative di tagli dei tassi nel 2024.

Mosse future della Fed

Dopo settembre, la Federal Reserve (Fed) si trova di fronte a diverse opzioni per gestire la fase finale dell’inasprimento monetario. Secondo Sean Shepley, la Fed potrebbe adottare un approccio attivo, che prevede ulteriori aumenti dei tassi di interesse per mitigare il rischio di inflazione persistente. Tuttavia, la Fed non si limita solo ai tassi d’interesse diretti; le previsioni sulla crescita economica, sull’inflazione e sul tasso di riferimento possono essere altrettanto influenti nel plasmare il quadro economico.

È poi importante sottolineare che la Fed non è l’unico attore in campo. Le politiche di altre banche centrali, come la Bank of England e la Banca del Giappone (che scenderanno in campo rispettivamente giovedì e venerdì prossimi), giocano un ruolo significativo nei rendimenti delle obbligazioni globali a lungo termine, che influiscono in modo più incisivo sull’economia degli Stati Uniti. Questo è particolarmente vero a causa delle dimensioni del mercato dei mutui statunitensi, che spesso prevede piani di rimborso a tasso fisso a lungo termine.

La seconda opzione della Fed è quella di agire in modo passivo, per esempio decidendo di non abbassare i tassi di interesse quando l’inflazione diminuirà. Questo può portare a un aumento dei tassi di interesse reali, influenzando l’investimento nell’economia reale e i portafogli di investimento a lungo termine. Questi effetti tendono a provocare una svalutazione degli asset, interessando settori come infrastrutture, immobili, valute e persino l’oro. In conclusione, le future decisioni della Fed saranno influenzate da una complessa interazione di fattori che includono strategie attive e passive, influenze globali e considerazioni sul tasso reale di rendimento.

 

Di Claudia Cervi – fonte: https://www.money.it/