di Francesco Suman
Grigori Perelman, matematico (Leningrado, 1966). Foto di George Bergman – Mathematisches Institut Oberwolfach (MFO), GFDL, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11511619
Nel 1904 il matematico francese Henri Poincaré stava studiando le proprietà topologiche della sfera e con i suoi studi pionieristici avrebbe gettato le basi per la topologia algebrica. Questa storia, ricostruita in un documentario della televisione russa, parte da un problema, di topologia appunto, passato alla storia come congettura di Poincaré. Se avvolgiamo un elastico attorno a una palla possiamo stringere l’elastico verso l’alto fino a ridurlo a un punto, senza mai staccarlo dalla superficie. In termini formali, la congettura di Poincaré asserisce che ogni varietà tridimensionale compatta semplicemente connessa è assimilabile a una sfera. Ma in quanto congettura, la verità di questo enunciato va tutta dimostrata.
Nel 1900, al congresso internazionale della matematica di Parigi, David Hilbert, uno dei più influenti matematici di tutti i tempi, aveva presentato una lista di 23 problemi fondamentali e irrisolti, noti come problemi di Hilbert. Nel 2000, a distanza di un secolo, sempre a Parigi, l’istituto matematico Clay (Cambridge, Massachusets) presentò una lista di 7 problemi, anch’essi senza soluzione, ribattezzati problemi del millennio. 7 problemi da un milione di dollari ciascuno: questa la cifra promessa dall’istituto Clay ai temerari solutori. Temerari perché la matematica può spalancare porte che ti portano ai confini dell’universo, ma può anche farti sprofondare in un abisso da cui è impossibile risalire.
Nella lista vi era anche la congettura di Poincaré, che nessuno nell’arco di un secolo era riuscito a dimostrare. Nessuno o quasi. Stephen Smale, nel 1966 si era guadagnato la medaglia Fields (il premio Nobel della matematica) per aver dimostrato che l’enunciato era verificato in uno spazio a 5 dimensioni o più. Vent’anni dopo, nel 1986, era la volta di Michael Freedman, che dimostrò la congettura in uno spazio a 4 dimensioni. Rimaneva però aperto il quesito nello spazio tridimensionale, il nostro. La sua dimostrazione avrebbe potuto far comprendere alla comunità dei matematici e dei fisici teorici alcuni aspetti fondamentali della forma del nostro universo.
Grigori Jakovlevic Perelman nasce nel 1966, a Leningrado. È un ragazzo costante e impeccabilmente onesto, tanto che la madre intuisce che la matematica gli potrebbe dare quello di cui aveva bisogno: solitudine, complessità e un insieme di regole cui attenersi.
Viene accettato nella più prestigiosa università di Leningrado, la stessa che ha formato menti matematiche come Lobachevsky e Kolmogorov. Completa i suoi studi in matematica in quella che ora si chiama San Pietroburgo, ma nei primi anni ’90 la Russia sta decadendo. Nel 1992 vola oltreoceano, a New York al Courant Institute, dove conosce Gang Tian, matematico cinese, uno dei pochi con cui sviluppa un’affinità. New York non lo conquista. Visiterà Berkley, ma è a Princeton che farà l’incontro che gli cambierà la vita: qui segue alcuni seminari, tra cui quello di Richard Hamilton, matematico statunitense. È sufficiente una conversazione con lui sul flusso di Ricci per capire che finalmente ha trovato pane per i suoi denti. Hamilton gli confesserà di essere vicino alla soluzione della congettura di Poincaré, ma di non sapere come proseguire. Grigori Perelman, Grisha per amici e colleghi, capisce che forse un modo c’è.
Dopo tre anni di permanenza negli Stati Uniti molte università gli offrono un posto, ma lui, nel 1995, compra un biglietto per San Pietroburgo, torna all’istituto Steklov dove sa di poter trovare un posto tranquillo per lavorare in pace. Torna a vivere nello stesso quartiere di sua madre, ma in appartamenti diversi. La solitudine è quello di cui ha bisogno per arrivare là dove nessuno è mai arrivato. Lavorerà alla congettura per più di 7 anni.
L’11 novembre 2002 Grisha carica sul database ad accesso libero arXiv.org un file, “The entropy formula for the Ricci Flow and its geometric applications”: 40 pagine in inglese e la sua firma. A poco a poco inizia a girare la voce che un matematico russo che si occupa di topologia ha scritto un articolo sul flusso di Ricci all’interno del quale pretende di avere dimostrato la congettura di Poincaré. Chiunque fosse stato consapevole di aver risolto uno dei problemi del millennio, avrebbe preparato una pubblicazione sulla più prestigiosa rivista scientifica con annunci in grande stile. Grisha no. Giang Tian, l’amico matematico cinese conosciuto negli States, lo invita a tenere una serie di lezioni sulla sua scoperta. Grisha accetta, ma rimarca di non volere telecamere o giornalisti intorno a lui, nemmeno un registratore sulla cattedra.
Nel 2003 vola di nuovo oltreoceano per tenere la sua lezione, durante la quale non menziona nemmeno la congettura di Poincaré, perché secondo lui era solo un piccolo passaggio che aveva provato durante l’esposizione di una teoria più ampia. La dimostrazione della congettura era sorprendentemente breve, seguiva un approccio del tutto inusuale, geometrico. Lì per lì nessuno la capisce. Hamilton segue la lezione di Perelman, ma non va a parlargli né si complimenta con lui. Nonostante l’invito a rimanere negli Stati Uniti, Grisha torna a San Pietroburgo.
Sono pochi i matematici che possedevano una conoscenza sufficientemente vasta per comprendere il lavoro innovativo di Perelman. In molti prima di lui hanno proposto soluzioni alla congettura di Poincaré, ma tutte si erano dimostrate scorrette in qualche passaggio. Trascorrono alcuni anni prima che due gruppi di lavoro si convincano che la dimostrazione è corretta. Non solo, apre prospettive che quasi nessuno prima d’allora si era immaginato.
L’Unione internazionale dei matematici decide di consegnare nel 2006 la Medaglia Fields a Grigori Perelman. Ma improvvisamente, nel 2005, Perelman rassegna le sue dimissioni dall’istituto Steklov di San Pietroburgo. Da quello che percepiscono i suoi colleghi, Grisha sta lasciando non solo l’istituto, ma anche la matematica.
La notizia della dimostrazione intanto si è diffusa. La rivista Science descrive la soluzione della congettura di Poincaré come una delle scoperte dell’anno, il Telegraph annovera Grisha tra i 100 geni viventi, al nono posto. La notorietà lo rincorre come un predatore. È il New Yorker però a uscire con una notizia che fa scalpore: il matematico cinese Shing-Tung Yau rivendica parte della soluzione della congettura e contesta la scelta di assegnare il premio a Perelman. Grisha ne è profondamente deluso: tutti possono comprare, vendere e rubare tutto, pensa; la comunità dei matematici gli appare corrotta, come il resto della società, e se la prende anche con i matematici russi, che secondo lui non si sono esposti per difendere la verità.
Nonostante tutto, la comunità matematica internazionale nell’agosto del 2006 si riunisce a Madrid per consegnare il riconoscimento a Perelman, c’è anche il re spagnolo invitato per mettere al collo del vincitore la Medaglia Fields. Perelman non si presenta. La stampa esplode su questa notizia: giornalisti lo chiamano a casa, lo attendono al supermercato, su di lui vengono scritte canzoni, poesie e false interviste. Lui non si fa trovare. Grisha è molto ostinato, senza questa qualità d’altronde non avrebbe mai dimostrato la congettura. Ma non avendo più la matematica verso cui rivolgere il suo talento, l’ostinazione diventa testardaggine e l’isolamento il suo unico alleato.
L’istituto Clay attende altri 4 anni prima di annunciare l’assegnazione del premio da un milione di dollari. Questa volta Grisha ci pensa, per quasi 100 giorni. Perelman è consapevole che il contributo di Hamilton è stato fondamentale, la conversazione avuta a Princeton sul flusso di Ricci è stata forse l’inizio di tutto. La regola del premio però dice che è il matematico che per primo taglia il traguardo a prendersi il premio, non si può dividerlo con chi ha fatto parte del tragitto. Questa regola, Grisha non la accetta, non condivide la scelta della comunità dei matematici, la trova ingiusta. Rifiutare il sistema di regole della comunità cui anche lui dovrebbe appartenere significa non riconoscere la comunità stessa. Nel giugno 2010, a Parigi, alla cerimonia di consegna del premio da un milione di dollari, Perelman non si presenta.
Molti ragazzi indossarono una maglietta con la faccia di Perelman e sotto una scritta che diceva che aver risolto il problema era un premio sufficiente, il suo cervello non era in vendita. Oggi nessuno sa come si guadagni da vivere Grigori Perelman, si dice che viva nella periferia di San Pietroburgo con la madre pensionata, ai limiti della povertà. Se Perelman avesse potuto dare altri contributi alla comunità scientifica o se invece le sue energie fossero esaurite dopo la fatica della congettura, nessuno può dirlo. Diversi suoi colleghi russi ritengono che il suo talento sia sprecato, che non lo sta trasmettendo a nessuno, mentre lui è diventato il genio che è grazie anche agli insegnamenti di alcuni tra i più grandi matematici al mondo. Ha scelto la libertà individuale, a scapito di tutto il resto.
John Nash, il matematico che vinse il Nobel per l’economia per i suoi studi nel campo della teoria dei giochi, era schizofrenico, ma ciò non gli impedì di diventare una celebrità quando il film ispirato alla sua biografia (scritta da Sylvia Nasar, la stessa giornalista che aveva firmato l’articolo sul New Yorker del 2006) vinse l’oscar. Perelman non aveva imbarazzi a parlare di matematica con i suoi colleghi, anzi tutti lo ricordano come una persona gentile. Rifiutava invece un invito a pranzo se, oltre ai suoi colleghi, a tavola erano seduti anche i loro famigliari. Non per qualche specifica ragione, nessun atteggiamento eccentrico alla Bob Dylan. Molto più semplicemente, non faceva per lui.
Qualcuno potrebbe tacciare Perelman di ignavia, come se avesse voluto scansare responsabilità molto più grandi di lui, ma accettare quei soldi e quella medaglia per Perelman voleva dire tradire i suoi principi. È singolare riflettere quanto oggi la matematica sia utilizzata per contare soldi o per produrre oggetti tecnologici che costruiscono la ricchezza di pochi. Quando inseriamo una carta di credito in uno sportello automatico sfruttiamo teoremi matematici per rendere l’operazione sicura, per criptarne i codici. La matematica non è nata con questo scopo. Si dice che Euclide abbia risposto così a un discepolo che gli chiedeva cosa ci guadagnasse a imparare la sua geometria: “Date tre oboli a questo signore, visto che vuol guadagnare con la geometria! Poi ditegli che se ne vada!”.
Perelman ha svelato uno dei segreti più reconditi del nostro universo e questo, tutto sommato, ci deve bastare.
Fonte: https://ilbolive.unipd.it/