Perché AstraZeneca e Oxford incasseranno solo 100 milioni per il vaccino anti Covid 19


AGI – Il vaccino messo a punto nei laboratori dello Jenner Institute dell’Università di Oxford è diventato una delle speranze più concrete per debellare il coronavirus. La sua storia è uno strano connubio tra soldi e ricerca scientifica, è una sorta di matrimonio d’interesse tra gli intenti scientifici dell’Università di Oxford, che ha 900 anni di storia e che ha finanziato con fondi pubblici la ricerca di laboratorio anti-Covid e l’industria farmaceutica. In altre parole, è una ‘strana unione’ tra la necessità di combinare gli alti ideali, i nobili sentimenti della ricerca universitaria con l’etica orientata al profitto del mondo farmaceutico. 

Come racconta il Wall Street Journal, gli accademici di Oxford e i loro alleati dell’industria farmaceutica si sono ripetutamente scontrati sul controllo della strategia e sui diritti di proprietà intellettuale del vaccino. “Ci siamo inoltrati nella giungla senza un machete”, spiega John Bell, genetista di Oxford scelto dai dirigenti universitari per trovare un partner dell’industria farmaceutica. “Noi siamo un’Università piuttosto buona, ma le università non fanno queste cose”, cioè non s’intendono di prodotti industriali. 

Alla fine, Oxford ha concluso un accordo con la multinazionale britannica AstraZeneca per supervisionare la produzione e la distribuzione di miliardi di dosi di vaccino. L’accordo, descritto al Wsj da fonti vicine alla trattativa, non è stato facile. Tuttavia ora, che il vaccino affronta gli ultimi ostacoli normativi e si appresta a diventare uno dei baluardi contro il Covid-19, come ritengono alcuni scienziati, l’Università e Astrazeneca arriveranno a guadagnare oltre 100 milioni di dollari.  

Il vero artefice di questo accordo, a detta sia dei sostenitori che dei critici di questa intesa, è il professore John Bell, che ha il merito di aver colmato il divario tra la storia di Oxford di innovazione medica senza scopo di lucro e le motivazioni economiche degli azionisti dell’industria farmaceutica. “E’ un tipo ruvido”, dice di lui, Graham Richards, decano di Oxford. “Può far arrabbiare le persone. Ma indubbiamente è uno che porta a termine quello che fa”. 

Tutto nasce da studio Merck sul raffreddore dello scimpanzé 

La scienza alla base del vaccino di Oxford risale a poco meno di due decenni fa. Negli anni 2000, gli scienziati della Merck hanno utilizzato il virus del raffreddore di uno scimpanzé per produrre un certo numero di vaccini. Poi la Merck ha abbandonato il progetto, in parte perché temeva che un vaccino basato sul virus dello scimpanzé avrebbe avuto difficoltà a ottenere l’approvazione dalla Food and Drug Administration. Tuttavia, il lavoro non si è fermato ed è continuato anche al Jenner Institute di Oxford, un centro di ricerca che prende il nome dal pioniere britannico del vaccino contro il vaiolo Edward Jenner, e che è uno dei principali istituti al mondo per lo studio dei vaccini. Due scienziati, Sarah Gilbert, una professoressa di vaccinologia di Oxford, e Adrian Hill, il direttore dell’istituto, hanno sviluppato la loro versione della tecnologia del vaccino per gli scimpanzé. Lo hanno brevettato e nel 2016 hanno fondato Vaccitech, con il supporto di Oxford, per creare vaccini e trattamenti a scopo di lucro. 

Vaccitech, azienda biotech modello Usa

 L’azienda biotech Vaccitech è una società di venture capital sostenuta da un’università chiamata Oxford Sciences Innovation. Oxford ha avviato la società nel 2015, attirando circa 600 milioni di sterline (788 milioni di dollari) da investitori esterni che vanno dagli hedge fund ai conglomerati cinesi. L’idea era quella di emulare i rivali americani come la Stanford University e il Massachusetts Institute of Technology, promuovendo le ricerche di laboratorio a scopo di lucro. All’inizio del 2020, l’Istituto Jenner stava producendo un vaccino contro il virus Ebola nel suo piccolo stabilimento di produzione.

A metà gennaio, poco dopo che il nuovo coronavirus ha iniziato a diffondersi a livello globale, gli scienziati cinesi hanno rilasciato la sua sequenza genetica. Il giorno successivo, la squadra di Gilbert si è messa al lavoro. Gilbert, 58 anni, ha passato ore in laboratorio svegliandosi alle 4 del mattino e lavorando fino a sera. 

L’idea era che il Jenner Institute e Vaccitech avrebbero lavorato in tandem. Gilbert e Hill, che insieme possiedono circa il 10% di Vaccitech, hanno iniziato a valutare se l’università potesse lanciare il vaccino su scala globale, utilizzando Vaccitech e altri partner e senza concedere diritti esclusivi a nessuna grande azienda. In effetti l’Università era di questo avviso, ma non tutti erano d’accordo. “Non abbiamo la capacità di distribuirlo, di fabbricarlo”, ha spiegato al Wsj il vice cancelliere di Oxford, Louise Richardson, la quale sapeva che Oxford aveva bisogno di un grande partner aziendale. 

Iniziano le trattative per trovare un partner industriale

Richardson si è quindi rivolta a Bell, membro del cda di Roche e consulente di politica sanitaria dei premier britannici. A lui viene affidata la ricerca di un partner industriale adatto. Bell spiega a Gilbert e Hill che in quanto scienziati, fondatori di società private e ricercatori universitari sono in conflitto di interessi. Inoltre Bell non vuole interferenze da parte di Vaccintech nel negoziato e si rivolge alla Merck per una partnership ma senza risultati.

A marzo, mentre i governi di tutto il mondo intensificano i propri sforzi sui vaccini, molti all’interno dell’università si preoccupano che i paesi ricchi possano lasciare indietro gli altri per assicurarsi l’accesso al rimedio. Nobilmente essi intendono fornire un vaccino a prezzi accessibili ai paesi ricchi e a quelli poveri allo stesso modo, senza pensare ai profitti. 

Nel secolo scorso, Oxford aveva aperto la strada all’uso della penicillina, cioè, secondo molti, Oxford aveva ceduto il controllo dei diritti sulla penicillina, lasciando che le compagnie farmaceutiche si intascassero tutti i soldi. Bell è ossessionato da questo ricordo e dice: “Ci diranno: oh mio Dio, un’altra università britannica che ha inventato qualcosa che vale un sacco di soldi, e indovina un po’, l’ha dato via gratuitamente'”.

Nella trattativa con Merck, secondo quanto riferiscono fonti attendibili al Wsj, l’azienda farmaceutica ha proposto di dare a Oxford circa l’1% dei diritti d’autore. Gilbert e Hill sono contrari a un accordo con Merck. Intanto la corsa al vaccino è diventata sempre più politica. Gli alti funzionari di gabinetto e i consiglieri sanitari del Regno Unito temono che l’amministrazione Trump decida di accumulare le dosi prodotte negli Stati Uniti, a danno dei cittadini britannici. Entro la metà di aprile, si apre a Bell la strada della trattativa con un’azienda farmaceutica britannica: AstraZeneca.

L’intesa tra Oxford e Astrazeneca

I dettagli dell’accordo di Oxford con AstraZeneca sono privati. Tuttavia un portavoce dell’azienda spiega che AstraZeneca avrebbe garantito di vendere senza scopo di lucro circa 3 miliardi di dosi. “Abbiamo anche promesso di rendere il vaccino disponibile per i paesi a reddito medio-basso senza profitto per sempre”, aggiunge il portavoce di AstraZeneca. Alla fine di aprile, Menelas Pangalos, capo della ricerca biofarmaceutica di AstraZeneca, chiede a Bell cosa si debba fare con Vaccitech.

Bell gli suggerisce di contattarla. AstraZeneca cerca di addolcire la pillola a Vaccitech, le propone di cedere i suoi diritti sul vaccino Covid-19 a Oxford, accordandole una licenza esclusiva. In cambio AstraZeneca si immpegna a trovare il modo per collaborare con la piccola azienda di biotecnologie. L’accordo non vincolante cita “la potenziale partecipazione di AstraZeneca al finanziamento di serie B proposto da Vaccitech”. 

Vaccitech acconsente a cedere i suoi diritti 

AstraZeneca e Oxford annunciano il loro accordo il 30 aprile. Secondo persone che hanno familiarità con i termini offerti, AstraZeneca accetta di dare a Oxford 10 milioni di dollari in anticipo e altri circa 80 milioni nei cosiddetti pagamenti ‘milestone’, cioè se il vaccino supererà gli ostacoli normativi e di vendita. A ciò si aggiunge circa il 6% delle royalty che Oxford può guadagnare se il vaccino avrà successo, a partire dalla prossima estate, sostengono le fonti. Alcuni dettagli dei termini finanziari, sempre secondo le fonti, sono rimasti fluidi. 

Il comunicato stampa dell’accordo di Oxford afferma che né l’università né la Vaccitech riceveranno royalties durante la pandemia. Inoltre specifica che i guadagni di Oxford verranno incanalati in un nuovo Centro di ricerca sui vaccini e per fronteggiare la pandemia, tutte azioni che Oxford sta sviluppando “in collaborazione con AstraZeneca”. 

I risultati delle prove finali del vaccino nel Regno Unito sono attesi quest’anno, ma da settembre è in atto una pausa nelle sperimentazioni statunitensi, in attesa di indagini sulla malattia di un partecipante, ha detto AstraZeneca. Un regolatore sanitario brasiliano ha detto mercoledì che gli studi clinici lì per il vaccino di Oxford continueranno nonostante la morte di un volontario. Oxford ha descritto il vaccino come “sviluppato congiuntamente dal Jenner Institute e Vaccitech”.

Il signor Enright, ceo di Vaccitech voleva una divisione 50-50 per la sua azienda di qualunque pagamento arrivasse a Oxford. Ha ottenuto il 24%. Il professor Bell ritiene che Oxford abbia svolto la maggior parte del lavoro e che Vaccitech dovrebbe essere soddisfatta. “L’università non è entrata in questa discussione con l’idea di fare un sacco di soldi”, spiega Bell. Tuttavia il professore non vuole nemmeno essere ingenuo: “Immaginiamo che (il vaccino) diventi stagionale e venda un miliardo di dollari all’anno. Per noi essere seduti lì e non fare soldi mi sembra che sarebbe piuttosto stupido”. 

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Fonte: cronaca agi