AGI – “I movimenti dei prezzi delle materie prime e dei mercati finanziari visti dallo scoppio della guerra potrebbero ridurre la crescita del Pil globale di oltre 1 punto percentuale nel primo anno, con una profonda recessione in Russia, e spingere l’inflazione globale dei prezzi al consumo di circa 2,5 punti percentuali”.
Lo scrive l’Ocse nel suo Report di valutazione degli impatti e delle implicazioni politiche della guerra in Ucraina spiegando che “la portata dell’impatto economico del conflitto è molto incerta e dipenderà in parte dalla durata della guerra e dalle risposte politiche, ma è chiaro che la guerra risulterà in un sostanziale freno a breve termine sulla crescita globale e in pressioni inflazionistiche significativamente più forti”.
Secondo l’Ocse, inoltre, “di fronte a un nuovo shock negativo di durata e portata incerte, la politica monetaria dovrebbe rimanere concentrata sull’assicurare aspettative di inflazione ben ancorate. La maggior parte delle banche centrali dovrebbe continuare con i loro piani prebellici, con l’eccezione delle economie più colpite, dove una pausa potrebbe essere necessaria per valutare appieno le conseguenze della crisi”.
Importante ridurre al minimo dipendenza dall’energia russa
“La guerra ha evidenziato chiaramente che molte economie dell’Ocse dipendono pesantemente dall’energia dei combustibili fossili con un alto rischio di shock dei prezzi e persino di carenze” da qui deriva “l’importanza di ridurre al minimo la dipendenza dalla Russia per le importazioni di energia”. Scrive l’Ocse nel suo Report di valutazione degli impatti e delle implicazioni politiche della guerra in Ucraina spiegando che “i responsabili politici dovrebbero riconsiderare l’adeguatezza della progettazione del mercato al fine di garantire la sicurezza energetica e mettere in atto incentivi per assicurare la transizione verde in un modo pubblicamente sostenuta pubblicamente”.
Nel breve termine, secondo l’Ocse, “molti governi dovranno attutire il colpo dell’aumento dei prezzi dell’energia, diversificare fonti di energia e aumentare l’efficienza dove possibile”. Uno stop delle esportazioni di energia dalla Russia comporterebbe però anche “un potenziale rischio economico” il cui “impatto è difficile da quantificare, ma potrebbe essere brusco date le limitate possibilità di sostituire forniture dai mercati mondiali nel breve termine e i bassi livelli di riserve di gas”.
Un sostegno aggiuntivo per compensare gli ulteriori rincari dell’energia dall’inizio della guerra dovrebbe “essere ben mirato e temporaneo” al fine di “mantenere i costi gestibili, ed evitare di distorcere i prezzi”. Lo scrive l’Ocse nel suo Report di valutazione degli impatti e delle implicazioni politiche della guerra in Ucraina spiegando che “per mitigare l’impatto degli aumenti dei prezzi dell’energia sui consumatori i governi avevano già introdotto una serie di misure per compensare gli effetti prima dell’inizio della guerra e ora queste misure vengono ulteriormente rafforzate”. Nello specifico, sottolinea il report, “aliquote fiscali più basse e massimali di prezzo riducono direttamente il costo dell’energia, ma avvantaggiano sia le famiglie a più alto reddito sia quelle più bisognose”, in questo senso gli interventi potrebbero essere “più mirati e avere effetti moltiplicatori più alti se concentrati sulle famiglie a basso e medio reddito, ma possono richiedere più tempo per essere messi in atto e non influenzare i prezzi di mercato”.
Più rapido flusso di rifugiati in Europa dalla II guerra mondiale
“È in corso il più rapido flusso di rifugiati in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale”. Spiega l’Ocse sottolineando che “il costo umanitario della guerra è alto e crescente”. Secondo i dati, circa tre milioni di persone sono già fuggite dall’Ucraina nelle prime tre settimane di guerra e questo numero è destinato ad aumentare ulteriormente”.
Per l’Organizzazione di Parigi, “occuparsi dei rifugiati dall’Ucraina richiederà una spesa per l’assistenza sociale e abitativa, fornitura di cibo, assistenza medica, assistenza ai bambini e istruzione” che però ancora “è difficile da prevedere a causa dell’incertezza sul numero di rifugiati, la durata del loro soggiorno e l’ammontare della spesa per rifugiato”.
Source: agi