Pensioni: studio, spesa sotto controllo ma sale peso welfare


Nel 2022 l’Italia ha complessivamente destinato a pensioni, sanità e assistenza 559,513 miliardi di euro, con un incremento del 6,2% rispetto all’anno precedente (32,656 miliardi). La spesa per prestazione sociali ha assorbito oltre la metà di quella pubblica totale, il 51,65%. Rispetto al 2012, e dunque nell’arco di un decennio, la spesa per welfare è aumentata di ben 127,5 miliardi strutturali (+29,4%); una crescita ascrivibile soprattutto agli oneri assistenziali a carico della fiscalità generale, cresciuti del 126,3% a fronte dei “soli” 37 miliardi della spesa previdenziale (+17%) e del 18% del nostro Prodotto Interno Lordo. È il quadro tracciato dall’ultimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, curato da Alberto Brambilla, presentato alla Camera dei Deputati.
Secondo lo studio, i dati mostrano che il valore della spesa previdenziale è in linea con la media europea ma distante da quello davvero comunicato a Bruxelles, “generando confusione ed esponendo il Paese al rischio di una nuova dura riforma”. Per questo l’attenzione va posta sulla “necessità di separare previdenza e assistenza”.
Dopo il crollo dovuto alla pandemia di Covid e alle misure di lockdown, crescono nuovamente nel 2022 le entrate contributive, che – spiega il rapporto – salgono dell’8% rispetto al 2021 toccando quota 224,94 miliardi di euro, valore ampiamente superiore a quello pre-pandemico. Diminuisce di riflesso anche il saldo (negativo) tra entrate e uscite, pari a circa 22,64 miliardi: sul deficit del sistema pensionistico, che scende di quasi 7 miliardi rispetto ai 30 dello scorso anno, continua a pesare soprattutto il disavanzo della gestione dei dipendenti pubblici, che evidenzia da sola un passivo di oltre 39 miliardi (erano 33 prima della pandemia).
Quattro, invece, le gestioni obbligatorie Inps con saldi positivi: i lavoratori dipendenti che – al netto delle gestioni speciali poi confluite nel Fpld – presentano un attivo di 17.715 milioni di euro contro gli 11,5 miliardi del 2021; i commercianti, che raddoppiano il loro saldo positivo (da 654 a 1.317 milioni di euro); i lavoratori dello spettacolo ex Enpals, con 373 milioni (288 nel 2021), e la Gestione Separata dei lavoratori parasubordinati. Con un saldo che passa da 7.700 a 8.477 milioni, quest’ultima resta indubbiamente favorita dall’istituzione piuttosto recente, avvenuta nel 1996, e dunque dal numero ancora ridotto di pensionati, spesso peraltro percettori di assegni dall’importo contenuto. Buono anche il saldo previdenziale delle Casse privatizzate dei liberi professionisti, che sale a 4,259 miliardi di euro (+15,35% sul 2021): nel dettaglio, si tratta di 3,674 miliardi di euro per gli enti istituiti dal D.lgs. 509/1994 (+14,67%) e di 586 milioni per quelli di cui al D.lgs.103/1996.
Nel complesso, la spesa pensionistica di natura previdenziale comprensiva delle prestazioni IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti) è stata nel 2022 pari a 247,588 miliardi, per un’incidenza sul Pil del 12,97%, in riduzione rispetto al 13,42% dell’anno precedente. Al netto degli oneri assistenziali per maggiorazioni sociali, integrazioni al minimo e GIAS dei dipendenti pubblici (23,793 miliardi in totale), l’incidenza scende al 11,72%, dato più che in linea con la media Eurostat; la percentuale cala addirittura all’8,64% escludendo, oltre alle integrazioni al minimo e alla GIAS dei dipendenti pubblici, anche i circa 59 miliardi di imposte (Irpef) che in molti Paesi dell’Unione o di area Ocse sono molto più basse, quando non del tutto assenti, sulle pensioni.
“Un esercizio di calcolo – ha commentato Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nel corso dell’evento di presentazione – tutt’altro che sterile se si considera che la corretta determinazione di questi dati è fondamentale per evitare che eccessive sovrastime convincano l’Europa a imporre tagli alle pensioni che, come evidenziano questi numeri, presentano invece una spesa tutto sommato sotto controllo”.
Secondo il Rapporto, “stupiscono allora ancora di più i dati comunicati dalle nostre istituzioni in sede europea, con le prime stime Eurostat sul 2022 relative a pensioni di vecchiaia, anticipate e superstiti che ammontano per l’Italia al 16,7%, contro il 12,6% della media Ue”. (AGI)