Pd: ‘fattore Trump’ allarma dem. Schlein, “serve rilancio Ue”

FacebookTwitterLinkedinWhatsapp

Tuttavia, sull’appello all’Unione Europea, tre esponenti della sinistra dem hanno concentrato i propri interventi chiedendo se abbia senso continuare con il mantra del ruolo dell’Ue in un momento in cui l’Ue fa da comprimaria ad altri attori: l’America, la Cina, la Russia. E nel momento in cui il presidente americano annuncia una offensiva attraverso i dazi che colpirà soprattutto l’Unione Europea. Sull’aspetto dei dazi, si sofferma anche la segretaria con i giornalisti. “I dazi sono un problema soprattutto per noi che abbiamo una forte vocazione export”. Sul punto interviene anche Paolo Gentiloni che, da ex premier, si trovò a fronteggiare Trump aòl G7 a Taormina: “Qualche preoccupazione c’è, senz’altro”, premette Gentiloni: “Al G7 di Taormina, Trump mise nel mirino Italia e Germania che avevano l’avanzo commerciale maggiore. Penso che se Meloni usa i buoni rapporti con Trump per evitare una guerra commerciale va molto bene. Ma se i contrasti diventano robusti, fra mediatori e vasi di coccio la distanza è molto limitata”. Un avvertimento che sembra ricalcare quello di Elly Schlein: “Spero che Meloni si sia chiesta perché c’era solo lei” tra i leader europei “e perché l’Unione Europea non è stata accolta e che tipo di messaggio vogliamo dare”. La segretaria dem vede nell’Europa il solo mezzo per fronteggiare l’aggressività del presidente americano. “Serve un rilancio europeo che risponda a questa sfida aggressiva. A patto, però, che l’Unione si ispiri ad un approccio diverso da quello visto fin qui: “Serve una politica industriale europea degna di questo nome” con “investimenti comuni, il Next Generation. L’Europa deve dotarsi di una strategia su tecnologia e difesa comune. Guai se passa l’idea del si salvi chi può”. A questo si lega l’affaire Starlink. “Il governo ha ammesso in Aula che una trattativa c’è”, osserva Schlein: “Non dobbiamo svendere la sicurezza nazionale ed europea al migliore offerente”. La segretaria del Pd esce dall’Aula della Camera e si lascia cadere su uno dei divanetti del Transatlantico. “Abbiamo iniziato alle otto e trenta e finito alle tredici, è stata una bella e lunga discussione”, dice ai cronisti che le si fanno attorno. Una ‘maratona’ se sommata a alla rinione successiva, con i gruppi parlamentari chiamati a dare il via libera alla risoluzione sulle sulle comunicazioni del ministro dell Difesa, Guido Crosetto, sulle armi all’Ucraina. Sei ore circa di confronto, in totale, che hanno avuto come convitato di pietra il presidente americano insediato ieri. Non che si sia parlato solo di Trump, chiaro: durante le riunioni è stata fatta una ricognizione a 360 gradi sugli ultimi passaggi politici e su quelli che i dem si trovano davanti, dall’autonomia al decreto sulle armi a Kiev passando per la mobilitazione su scuola, sanità e salari. Ma è stato sul presidente Usa che si è tornati a più riprese e per le ragioni più diverse. “Abbiamo sentito quanto è stato detto”, dice Schlein che definisce quello di Trump “un messaggio molto aggressivo e preoccupante. E’ come se esprimesse già un delirio di onnipotenza”. La cerimonia di Washington e, soprattutto, il discorso di Donald Trump sono stati passati al setaccio dei dem e hanno fornito argomento di discussione, tanto nell’esecutivo Pd quanto nell’assemblea dei gruppi. La risoluzione dem sull’Ucraina conferma il “pieno sostegno a Kiev” e ribadisce la necessità di un ruolo attivo dell’Europa nella promozione di un percorso negoziale per arrivare il prima possibile a un cessate il fuoco e a una “pace giusta”. (AGI)


FacebookTwitterLinkedinWhatsapp