Pd: dai cattodem ai territori, malumori per Cappato a Monza(


La scelta di Marco Cappato come candidato per le suppletive di Monza sta creando un malumore crescente dentro il Partito Democratico. Per una ragione politica, legata al profilo dell’esponente radicale. E, soprattutto, per una questione territoriale, legato ai quadri dem di Monza e Brianza che, viene sottolineato, avevano pronta una rosa di nomi da sottoporre alla segreteria: “Ci sono state due lettere ‘private’ precedenti” alla scelta di Cappato e indirizzate “alla segretaria. Alcuni di noi parlano dagli inizi di agosto (giorni della auticandidatura di Cappato) con direzione e organizzazione nazionale”. Una rosa che il sindaco di Monza ed esponente del Pd, Paolo Pilotto, riporta così in una comunicazione riservata ai quadri del Pd locali di cui l’AGI ha preso visione: “C’era un deputato, prima, senatore poi e componente anche del Consiglio d’Europa; una ex viceministra di grazia e giustizia nonché ex commissaria governativa per un ospedale come l’Ospedale Maggiore di Milano (Cà Granda); un professore universitario componente del Consiglio di gestione di un importante ente pubblico brianzolo, e così via”. In cima a questa rosa c’era un esponente dem come Roberto Rampi, nativo del Pd e legato alla ex corrente di Maurizio Martina. Un esponente dem già iscritto al Partito Radicale Transnazionale (l’unico partito a cui ci si può iscrivere avendo già la tessera di un altro soggetto politico), in grado di giocarsela contro il candidato di centrodestra, Adriano Galliani, e contro lo stesso Cappato. Perchè non convergere su di lui?

Come spiega una fonte del Pd brianzolo all’AGI, la vicenda ha avuto due tempi: a fine giugno, dopo la morte di Silvio Berlusconi, si è tentato di improntare il lavoro per la scelta del candidato al seggio di senatore, “ma il partito centrale non ha dato l’importanza che meritava a questo tema”, viene sottolineato, “e si è perso tempo. A quel punto, è arrivata la candidatura di Cappato, più di un mese dopo la morte di Berlusconi, ma il Pd non aveva più la palla nel suo campo: doveva prendersi l’onere di dire ‘no’ a una candidatura che veniva dalla coalizione”.
L’impressione che ne ricavano gli esponenti locali del Pd è che “nessuno è partito con l’idea che si potesse vincere”. Un altro errore: “Non è vero che il collegio di Monza/Brianza è un collegio di destra. Il centrodestra qui ha preso il cinquanta per cento, no il settanta. Hanno vinto perchè gli altri erano uniti e noi no”. E cosa fa pensare che questa volta, presentando una candidatura dem le cose sarebbe andate diversamente? “Dopo la sconfitta di Majorino in Lombardia, il Pd ha vinto in alcuni comuni, come a Seregno, dove ha ottenuto il 70 per cento dei consensi. L’elezione suppletiva non cade in una campagna elettorale nazionale, è molto locale e per questo avremmo potuto giocarcela”. Non solo: coriaceo oppositore del sindaco del Pd, Paolo Pilotto, è Paolo Piffer, già candidato al comune di Monza con il sostegno di Marco Cappato, poi sostenitore al ballottaggio del candidato di centro destra, Dario Allievi. Il dilemma dei dem monzesi, quindi, è sostenere Cappato per le suppletive trovandosi poi, in consiglio comunale, sotto il fuoco del consigliere Piffer che da Cappato era stato sostenuto in campagna elettorale. “E’ un aspetto che è stato sottovalutato”, commenta una fonte parlamentare della minoranza Pd che, tuttavia, mostra preoccupazione per “un rapporto con il territorio di Monza che va recuperato prima del voto”.
Nel comunicato in cui si annunciava la scelta di Cappato, il Pd spiegava di aver “ritenuto di privilegiare l’alleanza più larga possibile tra le forze che si oppongono alla destra”. In quest’ottica, il nome di Cappato serve a tenere insieme Carlo Calenda e Più Europa, ma anche i cinque Stelle hanno deciso di rinunciare a un proprio candidato per “lasciare libertà agli elettori M5s di votare Cappato”.

Dunque, “abbiamo ritenuto di non frammentare lo schieramento che si oppone alla destra ed appoggiare la candidatura di Marco Cappato”. Questo, nonostante “avremmo potuto presentare autorevoli candidature espressione del Pd locale”. Il sistema maggioritario, del resto, favorisce le alleanze: conquista il seggio chi ha un voto in più. E, stando così le cose, il 22 e 23 ottobre a Monza si profila (politicamente) un duello: il centrodestra ha da tempo ufficializzato la candidatura unitaria di Adriano Galliani, secondo da Forza Italia per sostituire il fondatore, che qui un anno fa prese il 50,2%. Fuori dagli schieramenti, a Monza ambiscono al seggio senatoriale altri cinque candidati, fra cui il sindaco di Taormina, Cateno De Luca, che si presenta con la lista Sud chiama Nord.
Per la minoranza interna del Partito Democratico, in ogni caso, si tratta “di un nuovo dito nell’occhio” dato dalla segreteria nazionale ai territori. A questo si aggiunge lo sconcerto di alcuni catto-dem del Pd per la scelta di una figura che si è distinta per battaglie come quella a favore dell’eutanasia. “Le campagne portate avanti da cappato in passato sono un problema per la sensibilità di molti esponenti, ma soprattutto degli elettori cattolici”, sottolinea un esponente della minoranza Pd: “Detto questo”, aggiunge, “ora c’è da affrontare una campagna elettorale difficile. Il collegio non era perso prima di questa candidatura e non è vinto ora”. Paolo Ciani, parlamentare di Demos eletto con il Partito Democratico ha già fatto sapere che il suo partito non sosterrà la corsa del radicale. “Scelta rispettabile, ma non è stata in alcun modo discussa in nessuna sede comune e in ogni caso non ha mai impegnato Demos: rispetto per la persona, le cui battaglie però sono a noi lontane e non ci rappresentano. Visto il sostegno del Pd a Cappato, di cui abbiamo appreso la notizia via stampa, mi trovo costretto a ribadire che questa non è la scelta di Demos”, spiega il segretario di Demos, Paolo Ciani. Per motivi diversi, la scelta di Cappato non npiace a tutta la sinistra interna al Pd e a quella fuori dal partito di Schlein. Peserebbero, su questi distinguo, le posizioni ultra liberiste di Cappato sui temi dell’economia e del lavoro. Ad esempio, sul salario minimo, l’esponente radicale scriveva sui social, il 4 luglio, “Nell’introdurre un salario minimo sarebbe un errore non considerare le differenze locali nel potere d’acquisto. Le economie depresse si sollevano rendendole competitive anche con un costo del lavoro relativamente un po’ più basso, altrimenti si incentiva il nero o la migrazione”. (AGI)