Parità di genere. Il Piano della ministra Bonetti


L’Italia ha finalmente un “Piano Nazionale per la parità di genere”. Cosa c’è da sapere sulle strategie da mettere in campo per il quinquennio 2021/26

di Anna La Mattina

Il Piano Nazionale di ripresa e resilienza ha anche previsto una serie di azioni che riguardano l’annosa questione della Parità di genere o Gender equality che dir si voglia, sulla base della quale Elena Bonetti, ministra per le Pari Opportunità del Governo Draghi, ha stilato un piano strategico, con delle priorità, da concretizzare nel periodo 2021-2026.
In realtà occorre dirla tutta: l’Italia è risultata al 14° posto nella classifica degli Stati dell’Unione, in fatto di riduzione del gender gap, ovvero della differenza di trattamento, sotto i profili socio-economico e culturale; il che significa che il nostro Bel Paese ha perso punti sul versante della parità di genere. In particolare, dopo la pandemia le differenze di trattamento a scapito delle donne sono aumentate.
Per esempio sono tornati al lavoro il 72% degli uomini ed il 28% delle donne, lasciando intendere, ancora una volta, che le donne sono rimaste a casa, a farsi carico del cosiddetto caregiver, cioè che le mansioni di cura della famiglia sono ancora vistosamente e prevalentemente a carico delle donne.
La società italiana sembra ancora molto lontana dall’organizzarsi per accogliere ampiamente le donne nel mondo del lavoro e nella società. Per non parlare delle donne nelle istituzioni, a capo di aziende, nei ruoli dirigenziali in generale, dove sono ancora troppo poche, rispetto alle capacità di cui esse sono dotate e della risorsa che potrebbero essere, portando il contributo della loro visione del mondo nel sociale, all’esterno del ristretto mondo familiare.
Diciamo che una reale distribuzione dei compiti tra uomo e donna, nella vita di tutti i giorni, potrebbe favorire la presenza femminile nel mondo del lavoro e nella politica, sdoganando le preziose risorse di cui esse sono portatrici, beneficando la società nel suo complesso.
In verità l’Italia ha subìto le bacchettate dell’UE per questa grave mancanza, che ci vede passare dal 76° al 63° posto, nella classifica stilata dal World Economy Forum; ragione per la quale la parità di genere è ritornata ad essere protagonista del dibattito politico nel nostro Paese.
In poche parole, siamo i peggiori d’Europa: lavoro di cura non retribuito, disoccupazione, poca rappresentanza a livello politico e di leadership, violenza di genere, segregazione orizzontale e verticale degli impieghi e un sessismo generalizzato che ancora pervade la nostra società.
Vediamo quali sono i punti sui quali la ministra Bonetti ha focalizzato la sua attenzione e stabilito le priorità, tenendo conto del fatto che l’argomento della gender equality è previsto al punto n.5 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU.
Alcuni giorni fa la ministra ha presentato la Strategia per la parità di genere 2021-2026. L’obiettivo del piano strategico è chiaro: risalire di cinque punti nella classifica del Gender equality index dell’EIGE (Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere) nei prossimi 5 anni. Con il dovuto impegno, potremo certamente sperare di rientrare, alla fine del periodo indicato, entro i primi dieci paesi europei; un percorso ambizioso e necessario.
“Per la prima volta nella sua storia, l’Italia si dota di uno strumento che indica, con chiarezza, la direzione da intraprendere per le politiche che dovremo perseguire nei prossimi anni, per portare nel Paese la vera e piena parità”, così si è espressa la ministra Bonetti in un’intervista, specificando le “cinque priorità da raggiungere”: lavoro, reddito, competenze, tempo, leadership. Il documento prevede inoltre di ridurre il gap salariale tra uomo e donna, il miglioramento del tasso d’occupazione, un incentivo all’imprenditoria femminile, l’incremento delle quote rosa nei Consigli di Amministrazione e sconti fiscali per i datori di lavoro che puntano alla parità tra i generi. Sarà previsto anche un diversity manager, per monitorare l’applicazione della normativa sulla parità nel mondo del lavoro.
Dal punto di vista della cura domestica sono invece previste strategie per combattere l’idea che la maternità debba gravare unicamente sulla donna: contributi figurativi in maternità, congedi di paternità, fondi per asili nido e detrazioni per caregiver e babysitter.
C’è anche il tentativo di combattere i retaggi sessisti a livello culturale, favorendo una maggiore rappresentanza delle donne nelle istituzioni, in politica, nel settore delle comunicazioni e in quei settori considerati ancora “maschili” come i cosiddetti S.T.E.M. (settori Scientifici, Tecnici, Ingegneristici, Matematici).
Sarà poi essenziale tenere conto anche della violenza di genere (siamo a 36 vittime di femminicidi dall’inizio dell’anno) e della salute riproduttiva delle donne: temi importanti e battaglie cruciali che non possono più essere ignorati e disattesi, se si vuole lottare per la parità per tutte le donne.
La strada è lunga, ma la sensazione che stiamo facendo passi in avanti, volentieri (o costretti) nella giusta direzione, questa volta è forte!