Papa Francesco: "Un'offesa a Dio lasciare migranti in balia del mare"


AGI –  Dio “ci ama come figli e ci vuole fratelli. E invece si offende Dio, disprezzando l’uomo creato a sua immagine, lasciandolo in balia delle onde, nello sciabordio dell’indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani”.

Papa Francesco torna dopo 5 anni a Lesbo. Allora, il 16 aprile 2016, sul suo aereo papale portò in Italia 12 rifugiati siriani. Oggi sul territorio ellenico torna per scuotere le coscienze – ancora una volta – dei grandi della Terra, e soprattutto di chi si professa cristiano ma dimentica troppo spesso che “la fede chiede invece compassione e misericordia”.

Dopo l’incendio del campo di Moria, è l’area di Mavrovouni, il Reception and Identification Centre di Mytilene, ad accogliere Francesco. “Sono nuovamente qui per incontrarvi. Sono qui per dirvi che vi sono vicino, e dirlo col cuore. Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi. Occhi carichi di paura e di attesa, occhi che hanno visto violenza e povertà, occhi solcati da troppe lacrime”, scandisce.

E prima di accedere all’area, fa un fuori programma: invece di arrivare in auto al tendone allestito per l’incontro, percorre la lunga strada, tra il fango e le pietre. Una sorta di pellegrinaggio tra gli ultimi degli ultimi. Sorridente, non si sottrae e si avvicina ai tantissimi rifugiati presenti, parla con loro, accarezza i bambini, molti di loro in tenera età.

“E’ un problema del mondo, una crisi umanitaria che riguarda tutti”, rimarca con forza osservando che sulla migrazione “tutto sembra latitare terribilmente”.

“Eppure ci sono in gioco persone, vite umane! C’è in gioco il futuro di tutti”. Le parole del Papa sono chiare: “Quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose”.

La storia lo insegna “ma non lo abbiamo ancora imparato”, è l’amara constatazione di Francesco. “E’ triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, per costruire fili spinati. Siamo nell’epoca dei muri e dei fili spinati”. Occorre smetterla con “il continuo rimbalzo di responsabilità”, non delegare “sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso che qualcuno è costretto a sobbarcarsi!”.

Francesco invita l’Occidente a guardare i volti di questi nostri fratelli dimenticati. Fratelli che “ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna”.

Ma soprattutto di guardare i volti dei bambini, per trovare “il coraggio di vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e sono il futuro”.

“Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi”. “Fratelli e sorelle, vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!”, è la sua implorazione chiedendo a Dio di ridestare l’umanità “dalla dimenticanza per chi soffre”, di scuotere “dall’individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo”.

“Superiamo la paralisi della paura, l’indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini!” per contrastare “alla radice il pensiero dominante, quello che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa”. 

“E’ facile trascinare l’opinione pubblica istillando la paura dell’altro; perché invece – si domanda Francesco -, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio? Perché non si parla di questo?”.

Vanno affrontate le cause remote, “non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica!”, continua Bergoglio che ribadisce che “per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione” perché vi è la necessità di “accompagnare i processi dal di dentro, per superare le ghettizzazioni e favorire una lenta e indispensabile integrazione, per accogliere in modo fraterno e responsabile le culture e le tradizioni altrui”.

A conclusione del suo discorso Francesco ringrazia il popolo greco per l’accoglienza. “Tante volte questa accoglienza diventa un problema, perché non si trovano vie di uscita per la gente, per andare altrove. Grazie, fratelli e sorelle greci, per questa generosità”. 

Source: agi