AGI – S’intitola Paolino. L’arte, la bellezza, la vita l’omaggio editoriale al musicologo napoletano Paolo Isotta, pubblicato il 12 marzo scorso in occasione del trigesimo della sua scomparsa. Il volume, stampato in 300 esemplari fuori commercio, è scaricabile gratuitamente in pdf dal sito della casa editrice Settecolori e raccoglie cinque scritti, componendo una polifonica miscellanea di temi e intonazioni.
Il primo scritto, Musica sacra e Bellezza, è anche un inedito: è l’intervento di Paolo Isotta in occasione del convegno L’Arte e il magistero della Chiesa organizzato nel 2008 dalla Settecolori. Il secondo, La musica, il tempo, il mito, è l’introduzione al libro Wagner Nietzsche e il mito sovrumanista, di Giorgio Locchi, pubblicato nel 1982 da Akropolis-LEDE. Il terzo e il quarto, usciti nel 1980 sul quindicinale Linea, si iscrivono nella linea degli «apocrifi d’autore» alla maniera di Paolo Vita-Finzi, diplomatico e scrittore da Isotta molto amato: nella fattispecie si tratta del ‘calco’ parodico-stilistico della prosa di Leo Valiani e di Giovanni Testori a confronto con un celebre caso ideologico-mondano-giudiziario dell’epoca: l’uccisione della moglie da parte del filosofo francese Louis Althusser.
Il quinto scritto, Manuale di decomposizione, fa parte del volume C’eravamo tanto a(r)mati uscito ancora per Settecolori nel 1984 e poi riedito nel 1998. Quest’ultimo rappresenta anche una memoria intima, quasi una confessione che Isotta fa oltre che al lettore a se stesso. Potrebbe essere datato appena l’altroieri, nulla avendo gli anni sbiadito del testo né reso inattuale, mutando solo le contingenze non le essenze autobiografiche. Anzi, il trascorrere del tempo sembra avere attualizzato alcune osservazioni di allora, come veggenti di un domani che – adesso – s’è compiuto: “Chiuderà, si chiuderà, finirà, ma nel giro di pochissimi anni, un determinato tipo, non tanto di trasmissione del pensiero basato sul segno scritto, quanto di concezione del pensiero”.
E’ una cesura non improvvisa, ma un taglio graduale e progressivo con il “mondo di ieri” cui Isotta ha assistito consapevole ma non inerte a fronte della sua ineluttabilità: “La mia generazione – ribadisce in Musica sacra e Bellezza – per fortuna resterà qui: altre proveranno il linguaggio unico significare il ritorno verso l’urlo originario, e invece che un’infinita innocenza, un’infinita corruzione”.
Poiché spesso gli accadimenti, anche quando sembrano mossi a casaccio, difficilmente si generano per caso, è accaduto che l’ultima fatica di Isotta non alla musica sia stata dedicata, ma a Totò (che Paolino aveva collocato da una vita nel suo pantheon personale) con un libro in cui lo intitola – o meglio lo assevera – “santo”. San Totò, concluso dall’Autore nel giorno del suo compleanno, è uscito postumo per Marsilio, l’editore presso cui aveva pubblicato i volumi degli ultimi anni cominciando da La virtù dell’elefante nel 2014. Non a caso né a casaccio arriva Totò, colui che Isotta (come il popolo napoletano verace) riconosce Santo in virtù di “sublimità artistica”. Come santo dal popolo di Partenope fu fatto un tempo Virgilio, l’autore classico preferito da Isotta.
Musicologo, ma anche molte altre cose, Paolino poté spaziare fino all’ultimo a suo agio, senza indugi e complessi, dal sacro al buffo, dal tragico al riso, da Wagner al suo adorato Paisiello. Alla ricerca di quella “sublimità” che da sé sola giustifica ogni vita che la persegua.
Source: agicultura