Palermo, il politico candidato al boss: “Se sono potente io, lo siete pure voi”


AGI – “Se sono potente io… siete potenti voi altri!”. Lo sussurra, il 10 maggio scorso, Pietro Polizzi, 52 anni, un passato da consigliere provinciale e, fino ad oggi, candidato al consiglio comunale di Palermo tra le fila di Forza Italia. Lo sussurra rivolgendosi a due interlocutori di spessore: il boss Agostino Sansone, 74 anni e il suo “factotum” Gaetano Manlio Porretto, 67 anni.
Tutti e tre sono stati arrestati questa notte dai poliziotti della Squadra Mobile che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Il reato contestato, per tutti e tre, è il 416-ter, ovvero scambio elettorale politico mafioso.

Pietro Polizzi sussurra, incontrando Sansone e Porretto nella sua segreteria politica di via Casalini, per sancire il patto. Che viene ascoltato in diretta dagli investigatori. Scrive il gip, che riporta quando scritto dai pm che hanno coordinato l’indagine, l’aggiunto Paolo Guido e i sostituti Giovanni Antoci e Dario Scaletta: “Si tratta… di una captazione dotata di rara capacità dimostrativa: ciò sia per la chiarezza delle parole utilizzate dagli indagati, sia perché in essa si rinvengono direttamente e immediatamente tutti gli elementi del fatto penalmente rilevante punito dalla disposizione incriminatrice di cui all’art. 416-ter C.p., senza alcuna necessità, al fine di ricostruire l’accordo criminoso raggiunto dagli interessati, di fare ricorso ad altre emergenze”.

Si tratta di una indagine molto più ampia, da quanto si apprende, che riguarda anche i fratelli Sansone, i costruttori ritenuti vicini da sempre a Cosa nostra e in particolare ai corleonesi di Totò Riina. Ma di fronte a questo fatto specifico viene decisa “discovery”, ovviamente parziale.

Il trojan instillato nel telefonino del boss Agostino Sansone, fa il suo dovere fino in fondo. La conversazione captata tra l’anziano mafioso, il collaboratore Porretto e il candidato consigliere comunale di FI, Pietro Polizzi va avanti. Con il politico che dice: “Nel senso che ce la facciamo! … perché con mio zio … Eusebio ho fatto un sacco di cose ‘duoco’ (‘li”, ndr) all’Ast, quando hai bisogno all’Ast… il contratto … la moglie è quindi… candidata di Micciche'”.

Si legge nel provvedimento del gip: “Il candidato Polizzi, ben consapevole dello spessore mafioso dell’anziano ‘uomo d’onore’ che aveva di fronte, proseguiva affermando di essere fiducioso di poter ottenere un successo elettorale (‘buoni, nel senso che ce la facciamo!’), anche in ragione del consenso ottenuto con l’aiuto di Eusebio Dalì (vicedirettore dell’Azienda Sicilia Trasporti (‘perché con mio zio Eusebio ho fatto un sacco di cose ‘duoco’ all’Ast, quando hai bisogno all’Ast…’), la cui moglie, Adelaide Mazzarino, è candidata in tandem proprio con l’indagato Polizzi”.

“Il Polizzi poi – si legge ancora – precisava come la Mazzarino fosse espressione di Micciché (‘la moglie è quindi candidata di Miccichè… tutta Palermo, a lei devi votare!’), con ciò evidentemente rafforzando agli occhi dei suoi interlocutori le proprie garanzie di politico ben integrato negli ambienti”.

“E lo dobbiamo risolvere! Aiutami che tu lo sai che ti voglio bene! e tu lo sai che io quello che posso fare lo faccio!”, diceva ancora Pietro Polizzi, rivolgendosi a Agostino il 10 maggio scorso nel corso di un incontro che si è tenuto nella segreteria politica del candidato. Aggiungeva Polizzi: “Hai risolto il problema della tua vita! per … questo dico che noialtri ci dobbiamo “addattare duoco (adattare qui, ndr).

“Davvero emblematica la frase pronunciata in dialetto da Polizzi – si legge nel provvedimento – che, nel contesto del dialogo intercettato, rappresentava la prospettiva di reciproca prosperità (dunque anche per il sodalizio mafioso) che il loro accordo, in ragione delle alleanze politiche appena stabilite, gli avrebbe garantito”.

La riunione si chiude con Porretto che rassicura Polizzi, “Pietro tutto il possibile! Tranquillo!” e Sansone che ribadisce: “Ci vediamo”. “Però siamo stati iunco … ci siamo calati alla china!”, diceva Gaetano Manlio Porretto rivolgendosi sempre il 10 maggio a Sansone, al termine della riunione con il candidato al consiglio comunale Pietro Polizzi. La conversazione tra i due avviene in macchina ma viene captata grazie al trojan inserito del dispositivo mobile dell’anziano costruttore. Il quale risponde: “”Si pero’ … e’ tutto programmato! Ora invece: “Guarda! … Cosi’!” (ndr. esclama in tono imperativo) perché siamo in condizioni!”.

A quel punto Porretto aggiunge: “Se Dio vuole! Perché noi bene abbiamo fatto! Non è che c’è qualcuno che puo’ parlare male di noialtri”. È un dialogo emblematico – quello tra i due – che prosegue ancora. Con Sansone che afferma “”e abbiamo tutte le carte in regola Manlio!” e Polizzi che risponde: “e vedi che … cugi’! Un cristiano solo non vale neanche una lira!”.

“Si tratta di parole che attestano, in maniera estremamente evidente, la capacità di Cosa nostra – si legge nel provvedimento del gip di Palermo – di attrarre un imponente consenso anche – ma forse soprattutto – nel momento in cui, per richiamare le parole degli stessi indagati, dopo avere solo temporaneamente ‘chinato il capo davanti alla piena’ appare sconfitta, ma, in realtà, giovandosi della fitta coltre di silenzio e omertà che riesce a imporre, pervade silenziosamente il tessuto sociale per trarre nuova linfa. Per inciso, giova evidenziare che il Porretto (al pari di Sansone) utilizzava più volte le espressioni ‘noi’ e ‘noialtri’ volendosi con ciò evidentemente riferire proprio alla famiglia mafiosa di Palermo Uditore”.

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