“Pino Puglisi lungo l’arco del suo ministero presbiterale come parroco e formatore di coscienze, soprattutto nell’ambito giovanile, ha oggettivamente posto chiari segni e parole di liberazione dall’oppressione mafiosa, perché ha camminato come discepolo fedele dietro a Gesù, lo ha amato con tutto sé stesso, si è nutrito del suo Vangelo e lo ha annunziato da testimone autentico, da martire, fino al martirio di sangue”. Lo afferma l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nell’omelia pronunciata in cattedrale in occasione del 31esimo anniversario dell’uccisione per mano mafiosa di padre Pino Puglisi, parroco beato di Brancaccio. “Non sono un eroe – si legge in un suo scritto ritrovato – non sono un prete antimafia. Sono solo un uomo, un battezzato che ha ricevuto la grazia di un ministero specifico: il sacerdozio”)”. “Oggi, alla luce di questa pagina evangelica – aggiunge don Corrado- il Beato Martire Pino Puglisi ci chiede di rispondere alla domanda chi è Gesù per noi. Chi è Gesù per la Chiesa di Palermo, per le sue Comunità parrocchiali e religiose, per le aggregazioni laicali, per i suoi confratelli presbiteri e diaconi che la servono uniti al vescovo, chiamato – come successore degli apostoli, di quanti lo seguivano lungo la via verso Gerusalemme – a dire (annunciare) apertamente (con parresia) la Parola? Non possiamo permetterci come Pietro di mettere a tacere Gesù. Siamo chiamati a stare nell’unica collocazione dei discepoli del Signore, dietro a lui (opíso mou dice Gesù, come a Pietro, a ogni discepolo: “dietro di me”!), a vivere “del respiro di Cristo”, ad assimilare la sua logica, a seguirlo fino al compimento dell’amore, del dono della vita per lui e per il Vangelo che è fonte di liberazione e di riscatto della vita degli uomini e delle donne chiamati da Dio Padre a vivere da figli liberi e ad ereditare la vita eterna, i Cieli nuovi e la Terra nuova”. Il XXXI anniversario della sua uccisione per volontà e mano mafiosa, continua il vescovo di Palermo, “ci sia di sprone a far nostra l’intenzionalità cristica, messianica, del presbitero di Brancaccio, del nostro fratello nel discepolato e nel presbiterato Giuseppe Puglisi, martire (testimone) di Cristo. Questo tempo e questo territorio geografico ed esistenziale dove insiste la nostra arcidiocesi ci chiedono una rinnovata energia missionaria, la gioia dell’annuncio del Vangelo che diventi proposta di vita e fonte di trasfigurazione della città umana segnata da profonde ferite. La Casa comune, la Terra, è corrosa dallo sfruttamento sconsiderato delle sue risorse e dalla mancanza di cura ecologica ed è sconvolta da una nuova guerra mondiale – la terza guerra mondiale, come ci ricorda Papa Francesco – al limite della guerra totale. Le nostre città sono travolte da una cultura dell’indifferenza, del profitto e della morte, dalla mancanza di un’etica sociale e pubblica, dalla violenza di strada, dallo spaccio delle nuove droghe che devastano i nostri giovani; sono sommerse dai rifiuti, ferite dalla mancanza di opportunità lavorative, dallo spopolamento, dalla dispersione scolastica, dalla marginalità periferica ed esistenziale che produce nuovi scarti”. Nel giorno in cui “facciamo memoria dell’uccisione del discepolo-prete-formatore-martire Giuseppe Puglisi – occorre assumersi l’impegno di una rinnovata evangelizzazione – conclude don Corrado – che prenda le mosse dalla vita della gente e dalle istanze dei territori parrocchiali”. (AGI)
MRG