Open Arms: chiesti 6 anni per Salvini


“Diniego consapevole e volontario che ha leso la libertà personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione”. Con queste parole la procura di Palermo ha chiesto 6 anni di carcere per il leader della Lega Matteo Salvini – assente in aula – nel processo Open Arms. Richiesta fatta in nome di “ciascuna di queste parti offese”, di cui “dovremmo leggere i nomi”, oltre che “per difendere i confini del diritto”. “Una follia, ho difeso l’Italia”, per il ministro; “Incredibile e gravissimo”, per la premier; mentre l’opposizione giudica “molto inopportuna” la presa di posizione di Giorgia Meloni.
E’ stata la procuratrice aggiunta di Palermo, Marzia Sabella, a chiudere la lunga requisitoria nell’aula bunker del carcere Pagliarelli, dinanzi alla II sezione penale presieduta da Roberto Murgia che processa l’allora capo del Viminale per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per aver ritardato di venti giorni nell’agosto del 2019 lo sbarco dei migranti a bordo della nave della ong spagnola che ha scritto su X dopo la richiesta di condanna: “Speriamo nella giustizia”.
Il 18 ottobre è prevista l’arringa della difesa, ma oggi è stato il giorno dell’accusa. “Pensiamo che il dibattimento abbia dimostrato – ha aggiunto Sabella – che almeno dal 14 agosto 2019 sussisteva il chiaro e preciso obbligo del ministro italiano e di nessun altro di rlasciare il Pos. Che tale Pos doveva essere rilasciato senza indugio, non un’ora dopo rispetto al momento in cui era stato richiesto; che il diniego avvenne in intenzionale e consapevole spregio delle regole”. E non per ragioni “di natura preventiva o repressiva, né nella tutela dello stesso migrante ristretto, né per altro bene tutelato dall’ordinamento giuridico”, o “nel tentativo di proseguire un disegno politico governativo, magari con qualche forzatura giuridica non giusta, ma quantomeno tendente alla giustizia”. Che dunque “il diniego consapevole e volontario ha leso la libertà personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione”.
Le posizioni e le scelte del ministro Salvini, per la magistrata, “diedero luogo a un caos istituzionale, una situazione che avrebbe portato ad approntare soluzioni di fortuna. In una condizione di estrema difficoltà fu la Guardia costiera che non poteva premere su un ministero da cui non dipendeva”.
A inizio requisitoria il pm Calogero Ferrara aveva premesso che bisogna sgombrare il campo da “equivoci”. Il primo è che non è un processo politico: “L’assegnazione del Pos è un atto amministrativo, e non politico, come ha ribadito qui anche l’ex presidente del Consiglio Conte”. L’altro è che “il contrasto all’immigrazione clandestina e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non hanno nulla che vedere con questo processo. Qui ci sono tre elementi Sar – Search and rescue, l’1, il 2 e il 9 agosto, e addirittura un quarto che si verifica a ridosso di Lampedusa, dal 14 agosto in poi, quando viene consentito l’accesso a Open Arms nelle acque territoriali italiani. A dirlo chiaramente, d’altronde, è stato lo stesso Tribunale dei ministri, quando ha concesso l’autorizzazione a procedere”. “Sono eventi che – ha proseguito – vengono interrotti purtroppo soltanto, e ancora una volta, con un decreto di sequestro da parte della procura di Agrigento che interrompeva l’iter criminoso per cui non veniva concesso il Pos, il place of safety”.
“Salvini per limitare lo sbarco – ha argomentato – decide che qualunque nave che opera salvataggi in mare commette il cosiddetto ‘passaggio non inoffensivo’ perchè pregiudizievole della sicurezza dello Stato. Ma occorrono degli elementi concreti per attuare questa norma. Ma nessuno dei testi che hanno deposto in questo processo, il prefetto di Agrigento, funzionari, ex ministri, a cui abbiamo chiesto se vi fossero terroristi, criminali o rischi di altri natura a bordo hanno confermato tale dato. Siamo in presenza di persone in difficoltà in mare, uomini, donne e minori, che soffrono a cui sono stati negati i loro diritti fondamentali”.
Peraltro, “notizie su questo rischio infondato non giunsero né alla Presidenza del Consiglio né allo stesso imputato, che ha risposto con un secco no deponendo dinanzi a questa Corte”. E comunque, “in base alle convenzioni internazionali in presenza di un evento di soccorso in mare anche i criminali o i terroristi, presunti o reali, non possono essere lasciati in mare. Anche loro devono essere salvati”, ha incalzato Ferrara, “le normative e le convenzioni dicono chesi deve procedere al safe and rescue, ricerca e salvataggio, e l’evento si conclude ‘a terra’, nel Pos, il place of safety, un posto sicuro, che non è detto che sia il porto più vicino”.
Ha ribattuto l’avvocato Giulia Buongiorno, legale di Salvini: “Sono state adottate delle misure proprio per garantire la tutela e la protezione dei migranti. E’ di intuitiva evidenza che è una requisitoria contro il Decreto sicurezza bis, che è un atto del governo, contro la linea politica prima redistribuire e poi sbarcare. Il pm ha proprio espresso un giudizio di grande contestazione di questa linea che, anche con dichiarazioni pubbliche, era portata avanti dall’intero governo. Nonostante abbia detto che questo non voleva essere un intervento contro la politica, in realtà sta processando la linea politica di quel governo. Non c’è una condotta di Salvini sul banco degli imputati, ma c’è la linea politica sotto processo”.
E’ lo stesso Salvini a dire la sua con un video postato sui social network: “Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani. Sei anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi e difeso l’Italia e gli Italiani? Follia. Difendere l’Italia non è un reato e io non mollo, né ora né mai”. Per la premier Giorgia Meloni “è incredibile che un ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo”.
Bolla come “molto inopportuno l’intervento della presidente Giorgia Meloni”, la leader del Pd Elly Schlein: “Noi pensiamo che il potere giudiziario ed esecutivo siano separati secondo il principio della separazione dei poteri e quindi il rispetto istituzionale imporrebbe di non mettersi a commentare dei processi che sono aperti. Stupisce che oggi abbia trovato il tempo per commentare la vicenda di Salvini, mentre da ieri, non abbia ancora proferito parola sul patteggiamento di Giovanni Toti”. (AGI)
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