Nuova accusa a Suu Kyi e Pechino ammonisce i golpisti


AGI – L’ex capo del governo birmano, Aung San Suu Kyi, rischia di rimanere in carcere a tempo indefinito senza processo, dopo che è stata accusata di avere “violato la legge sulla gestione dei disastri naturali”.  Un’accusa che si aggiunge a quella di avere importato illegalmente dei walkie-talkie.

La legge è stata varata per perseguire le persone che hanno infranto le restrizioni sul coronavirus. La pena massima per la violazione delle leggi sul Covid è di tre anni di reclusione.

Ma una modifica del codice penale introdotta dalla giunta la scorsa settimana consente la detenzione senza il permesso del tribunale. I militari che hanno spodestato con un golpe e tengono nascosta da 15 giorni ai domiciliari l’ex leader settantacinquenne, hanno assicurato che il premio Nobel per la pace “è in buona salute”.

Nel Paese intanto continuano la stretta repressiva e gli arresti dei dissidenti nonostante le condanne della comunità internazionale e le imponenti manifestazioni di piazza che chiedono la liberazione della leader.

Internet è stato bloccato quasi del tutto per la seconda notte consecutiva, ma sui militari è arrivata una doccia fredda da Pechino: il golpe “non è affatto quello che la Cina vorrebbe vedere”, ha ammonito l’ambasciatore cinese nella ex Birmania, Chen Hai.

“Avevamo notato da tempo la faida interna per le elezioni, ma non eravamo stati informati in anticipo di un cambiamento politico”, ha spiegato in una dichiarazione pubblicata sul sito Internet dell’ambasciata cinese.  

Il monito della Cina arriva mentre resta forte la pressione internazionale sulla giunta militare. L’inviata dell’Onu per il Myanmar, Christine Schraner Burgener, ha avvertito di “possibili gravi conseguenze” qualora venga usata la “mano pesante” contro i dimostranti.

Burgener ha avuto un colloquio telefonico con Soe Win, vice comandante dell’esercito e ha definito il blocco di Internet una violazione dei “principi democratici fondamentali”. Le restrizioni all’accesso alla rete, ha aggiunto l’inviata Onu, stanno danneggiando anche “settori chiave, banche comprese”.

I carri armati continuano a percorrere le strade del Paese. Circa 420 persone – politici, medici, attivisti, studenti, scioperanti – sono state arrestate nelle ultime due settimane.

Rimane segreta la località dove sono detenuti Suu Kyi, ex capo de facto del governo civile e il presidente della Repubblica, Win Myint, incarcerati nelle prime ore del golpe.

La connessione Internet è stata quasi completamente interrotta alle 19 e 30 italiane e riattivata otto ore dopo.

La repressione non ferma però la mobilitazione per la democrazia. Centinaia di manifestanti hanno marciato anche oggi a Yangoon, la capitale economica del Myanmar. “Ridateci i nostri leader!” e “Dateci speranza!” gli slogan sugli striscioni.

I blindati per strada hanno però scoraggiato molti cittadini e le manifestazioni non sono più affollate come nei giorni precedenti. 

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Fonte: estero agi