Contro la globalizzazione dell’indifferenza, parla il presidente del Centro Astalli: “Crescono le diseguaglianze nel mondo e queste sono le conseguenze”
Umberto De Giovannangeli
La globalizzazione dell’indifferenza. La disuguaglianza in vita e in morte. La vergogna dei respingimenti. Il Riformista ne discute con padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati.
“Altri tre bambini morti di sete… Dai, dai, parlateci ancora della regina”. È il titolo di questo giornale a commento dell’ultima tragedia in mare. Padre Ripamonti, ci sono morti che pesano come una piuma, e altri che pesano come una montagna?
Purtroppo sì. Ed è una conseguenza di quelle disuguaglianze che dividono il mondo. Alcune morti legate anche alla tradizione di paesi richiamano l’attenzione di un pubblico e altre che, pur essendo molto più gravi come caratteristiche, non richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media. È la conseguenza di questo mondo diviso dove non vige l’uguaglianza. E questo fa sì che alcune, tante, troppe persone valgano meno di altre. Lo vediamo nelle continue morti in mare. Prima ci si scandalizzava di fronte a una singola morte, poi ci sono state necessarie centinaia di morti e adesso non ci si scandalizza più di nulla.
Vorrei restare su questo punto. In un suo recente bel libro, lei ha messo sotto accusa la “globalizzazione dell’indifferenza”. Siamo dentro questo buco nero dell’anima e della mente?
struire il bene comune e visione del futuro. In questa ottica, il nostro auspicio è che l’unanimità raggiunta sulla questione degli sfollati ucraini possa rappresentare qualcosa di più profondo della risposta emergenziale all’invasione russa. Possa essere piuttosto l’inizio di una riflessione verso una politica comune sulle migrazioni, attraverso una vera solidarietà tra gli Stati, espressione dei principi fondanti dell’Unione.
C’è chi accusa il “mondo solidale” di fare denuncia e mai proposte.
È un’assoluta falsità. Come Centro Astalli abbiamo proposto la tempestiva attivazione di un’operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale che salvi i migranti in difficoltà e li conduca in un porto sicuro che non può essere la Libia; l’apertura immediata di canali umanitari dalle zone di guerra o di crisi umanitarie e quote d’ingresso per la gestione di una migrazione legale, ordinata e sicura. Tutte proposte concrete, praticabili, che si muovono nella direzione della legalità e dell’inclusione. Una via alternativa all’esternalizzazione e ai respingimenti esiste. Se non la si pratica è per scelta, non per mancanza di soluzioni.
Nel dibattito politico-elettorale che si è sviluppato sul tema delle migrazioni, vengono avanti, a destra, proposte come il blocco navale nelle acque territoriali libiche o i respingimenti di massa. L’altro da sé percepito sempre e comunque come minaccia e nemico da cui difendersi.
Fonte: il riformista