Niente è scontato, crisi imprevedibile


di Xavier Mancoso

Mentre scriviamo Giuseppe Conte si appresta a salire le scale del Quirinale con le dimissioni in tasca, ed è più debole di quanto non fosse quindici giorni fa, perché la ricerca dei “responsabili” in Senato non ha dato l’esito sperato e il pressing sui singoli senatori dell’area centrista ha offerto uno spettacolo poco edificante al Paese.

Il premier ha ceduto, alla fine, all’idea delle dimissioni perché ha capito di non poter superare indenne lo scoglio costituito dal voto di giovedì sulla relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Una bocciatura in Parlamento avrebbe precluso a Conte la via del reincarico, infatti anche quei pochi senatori che gli avevano consentito, la settimana scorsa, di ottenere una maggioranza relativa sulla fiducia al suo governo senza renziani, i Mastella, i Nencini, forse anche i due in uscita da Forza Italia, non sono disposti a sostenere la riforma Bonafede sulla prescrizione e i processi penali e civili.

Adesso la gestione della crisi è nelle mani del Presidente della Repubblica, che farà un rapido giro di consultazioni e, presumibilmente entro la giornata di giovedì prossimo, prenderà le sue decisioni.

Si è aperta, formalmente, una crisi che non è completamente al buio, ma è a forte rischio di diventarlo. Infatti, nonostante le dimissioni, non è per niente scontato che Conte riesca ad avere i numeri necessari per formare un nuovo governo.

Mattarella ha davanti diverse ipotesi. Potrebbe conferire, come gli indicheranno M5S, PD e LEU, un reincarico a Giuseppe Conte, che insisterebbe a formare il gruppo parlamentare dei responsabili potendo offrire loro uno spazio nel nuovo governo, strada quanto mai stretta e in salita. Oppure potrebbe affidare un mandato esplorativo ad un’altra personalità con il compito, essenzialmente, di verificare se si può ricucire il rapporto con Renzi, ricompattando la vecchia maggioranza.

Soltanto nel caso in cui queste prime due possibilità dovessero fallire o rivelarsi impraticabili, il Capo dello Stato cercherà altre strade: governo istituzionale, tecnico, di salute pubblica. O, infine, governo-ponte che definisca la legge elettorale e porti a nuove elezioni entro l’ultima settimana di giugno.

Le mosse del Capo dello Stato dipenderanno da ciò che gli diranno le delegazioni. Particolarmente importante la posizione di Italia Viva, che potrebbe dirsi disponibile o meno a ritornare in maggioranza con Conte o anche sparigliare le carte indicando altri nomi, perfino quello di Luigi Di Maio, come si vocifera.

E, una volta affidato l’incarico, gli sviluppi dipenderanno dalla reale volontà, dietro la facciata propagandistica, delle forze politiche e parlamentari: M5S, PD e LEU terranno ferma davvero la posizione “o Conte o elezioni”? Si formerà il gruppo dei responsabili? Conte sarà disposto a fare marcia indietro e sedersi al tavolo con Renzi? Forza Italia manterrà la sua compattezza? Meloni a parte, Salvini e Berlusconi sono davvero convinti di escludere governi di unità nazionale?

Inutile fare previsioni, nei prossimi giorni, man mano, vedremo sciogliersi tutti i punti interrogativi. Rimarrà la certezza, invece, che questa crisi cade nel momento meno opportuno; il vero rischio che una politica scriteriata fa correre al Paese è di far precipitare la crisi politica in crisi finanziaria, di non riuscire a contenere il dramma sociale, di non garantire la qualità e l’efficacia gestionale del piano di Recovery, di mettere in discussione la stessa scelta europeista.

L’Italia, in questo momento, ha bisogno della campagna vaccinale, non di quella elettorale, ha bisogno di correre per salvare il lavoro, evitare il dramma delle famiglie, scongiurare la chiusura e il fallimento delle piccole e medie imprese, delle partite Iva, delle professioni.