Di Ettore Minniti
Ci sarà un perché nell’antico Egitto il gatto fu ritenuto animale sacro e divino. Il gatto era sacro al Sole e a Osiride mentre la gatta alla Luna e a Iside. Gli Egizi veneravano Bastet, una divinità con corpo di donna e testa di gatta.
La risposta la possiamo trovare nell’affermazione di Charles Bukowski “Se ti senti male, guarda solo i gatti. Ti sentirai meglio perché loro sanno che tutto è esattamente com’è. Lo sanno e basta. Sono salvatori. Più gatti hai, più a lungo vivi. Se hai cento gatti, vivrai dieci volte di più che se ne hai dieci. Un giorno questo sarà rivelato, e la gente avrà mille gatti e vivrà per sempre”.
E’ una metafora della vita che hanno fatto propria Nicolò e Kristina, due italiani che hanno deciso di trasferirsi in Tunisia per godersi l’agognata pensione, tra spiagge, mare, bar e ristoranti, ma che, ’obtorto collo’ , hanno fatto dell’amore per i gatti una missione e uno scopo nella vita.
Nicolò, una vita in uniforme in Italia, missionario in Hammamet, lo si vede ogni giorno agli angoli delle strade del quartiere, dove abita, impegnato a distribuire cibo e curare i gatti randagi, in particolare quelli più piccoli, i più deboli, i più vulnerabili, sopraffatti dalla legge del più forte nella spartizione degli avanzi di cibo trovati tra i rifiuti. La gente che passa, locali o turisti, osserva incuriosita, quasi sorpresa, qualcuno gli dice “god bless you”, “thank you”, “merci” o l’equivalente in arabo facendo un gesto con la mano verso il cielo.
“Benedetta sia la spazzatura” – ci dice con un sorriso amaro – “perché se non ci fosse nemmeno quella, queste povere creature morirebbero d’inedia oltre a quelle che già muoiono di malattie, soprattutto i cuccioli, come il tifo o la coriza ovvero la rinotracheite, una malattia infettiva che attacca gli occhi fino a renderli ciechi e poi le vie respiratorie con esiti spesso mortali”.
Nicolò due volte al giorno fa il giro tra i bidoni della spazzatura del quartiere, armato di acqua, cibo, antibiotici, collirio antibiotico e di vitamina A, siringa, cotone, soluzione fisiologica, l’antiparassitario, pillole vermifughe, tutti acquistati liberamente a proprie spese in farmacia a prezzi non esorbitanti come in Italia e, da quando ha scoperto che in Tunisia non occorre passare dal veterinario per la ricetta elettronica, anche i vaccini trivalenti.
Nicolò ormai conosce bene il veterinario più vicino, il netturbino di quartiere e tutti quei disperati che più volte al giorno rovistano tra i bidoni della spazzatura in cerca di qualcosa da mangiare, bottiglie di plastica riciclabili o qualsiasi cosa che si possa rivendere anche a un dinaro (30 centesimi di euro).
“Devo costatare, purtroppo, che la mia è una guerra persa. Non ci sono campagne di sterilizzazione dei gatti randagi e non. Si riproducono continuamente secondo il loro istinto naturale; molti proprietari preferiscono non sterilizzare i loro gatti ma abbandonarli, a volte con la madre, a volte senza, dentro una scatola di cartone accanto ai bidoni della spazzatura; in pratica il fenomeno è del tutto fuori controllo. Il più delle volte basta l’equivalente di 1 euro per salvare la vita a un cucciolo malato ma per ignoranza o per indisponibilità economica o, peggio, menefreghismo, si preferisce lasciarli morire soli per strada. Chi ama gli animali soffre vedendo cuccioli malati e affamati, soli che girovagano miagolando per la fame o cercando la mamma, oppure abbandonati senza mamma o con la mamma dentro una scatola di cartone mentre cerca di proteggerli, seguendo con lo sguardo i passanti, come a chiedere aiuto per se e soprattutto per le proprie creature, col freddo, la pioggia, il sole torrido che uccide. Una scena frequente e straziante perché la sofferenza è direttamente proporzionale al livello di sensibilità individuale atteso che essa, come ha scritto qualcuno, ‘è una forma d’intelligenza ed è inutile cercare di spiegarla a chi ne è privo’”.
Lo prende la commozione mentre ci racconta il suo amore per gli animali. “Sono qui da quasi un anno e mezzo ma non mi aspettavo una situazione così; il coraggio di abbandonare tra i bidoni della spazzatura accanto ad una strada trafficata dei cuccioli, specialmente privandoli della mamma, come avviene anche in Italia, è un atto di viltà incommensurabile. Tuttavia ho avuto modo di conoscere degli italiani e dei tunisini che hanno un cuore e che cercano, come possono, di aiutare queste creature a cercare di sopravvivere. Riuscire a farli adottare è difficilissimo o quasi impossibile. Lo scorso anno, dovendo tornare in Italia, pur di non abbandonare dei cuccioli che avevo trovato in tre occasioni all’interno di scatole di cartone lasciate sotto il sole torrido di luglio 2023, dopo averli nutriti e curati, sono stati accolti vicino a Tunisi nel rifugio dell’associazione L’Arca di Noè-Hope Shelter, gestita da una signora italiana che vive qui da molti anni e alla quale pago le spese per il loro sostentamento in attesa di riuscire a farli adottare in Italia. L’alternativa era rimetterli in strada e francamente non me la sono sentita. Uno di loro è stato adottato in Svizzera e vive a Ginevra da un paio di mesi; era l’ultimo arrivato, aveva circa trenta giorni e si trovava dentro una scatola, disidratato, con accanto al fratellino già morto. Non mi attendo ricompense né in questa vita né in nessun’altra, lo faccio perché sento di farlo e a volte preferisco fare delle rinunce in loro favore”.
Non dissimile dalla storia di Nicolò quella di Kristina, capo treno in Italia, una vita a viaggiare, oggi in cerca di pace interiore. A volte, in maniera causale li vedi insieme nella loro meritevole e caritatevole missione.
“La mia storia a Hammamet si è intrecciata dal primo momento con i suoi gatti! L ‘incontro quasi casuale con una grande scatola di cartone e all’ interno la mamma con i suoi piccoli! L ‘inizio sembra una bella favola, dove pensi che salvarli sarà un lieto fine! Giorno dopo giorno scopri che di scatoloni ce ne sono a ogni angolo e che Chopette e i suoi piccoli sono una goccia nell’ oceano fatto di sofferenza e tristezza”, anche lei, come Nicolò, ha la voce piena di un misto di commozione, rabbia, rassegnazione ma speranzosa.
“Si parte il mattino, nella borsa abbiamo cibo, un collirio, uno spray per i parassiti! Alcuni giorni non ce la fai più perché sono troppi, sono malati e sono piccoli. Ti guardano con i loro occhi pieni di speranza, quasi a chiedere ti prego fai qualcosa. Ti senti impotente in questo mare di sofferenza! L ‘elenco di quelli che se ne vanno e’ infinito, per rispetto hanno un nome Suono, Kaabi, Marcellino, i quali sebbene curanti ma non ce l ‘hanno fatta! Rimane per sempre il loro ricordo, la loro fotografia, hanno fatto parte della nostra vita! La loro corsa quando si arriva con la borsa del cibo, avete dato un valore al nostro tempo e sarete sempre nei nostri cuori!”.
“Abbiamo sterilizzato”, prosegue nel suo triste racconto, “vaccinato, tenuto con noi tre gatti uno dei quali sarà adottato in Italia. Il suo nome è Luigino, il mitico, il gattino del fruttivendolo piccolo e solo, i suoi giochi erano le carote e i finocchi. Siete tanti, siete piccoli e dignitosi eroi e ognuno di voi meriterebbe di essere ricordato. Vi ringrazio per tutta la bellezza, armonia e fascino che avete portato nella nostra vita. Io non ho la soluzione a questo problema, ma aiutare loro significa aiutare la bellezza, l’intelligenza, la purezza di questi meravigliosi esseri!”, conclude con gli occhi che le brillano.
Che belle persone dall’animo nobile e sensibile, che hanno trasformato la terza età in un momento d’impegno sociale.
E’ un onore per me averle conosciute e data testimonianza del loro silente impegno quotidiano.
I loro motti? “Chi nutre un animale affamato alimenta la sua anima (Charlie Chaplin) ”; “La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali (Gandhi) ”.