Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei contribuenti)
Si chiama “Promise Land“, terra promessa, l’inchiesta condotta dalla squadra mobile della Polizia di Catania e coordinata dalla locale Procura distrettuale che, nei giorni scorsi, ha portato all’arresto, in varie città italiane, di dieci persone di nazionalità nigeriana. Le accuse, supportate da una lunga ed importante fase investigativa, sono quelle di: associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta di persone, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione, con le aggravanti della transnazionalità del reato, di avere agito mediante minaccia attuata col rito religioso-esoterico del vodoo.
Le indagini partono dalle dichiarazioni di una giovane nigeriana, giunta al porto di Catania il 7 aprile 2017 insieme ad altre 433 persone, a bordo della nave Acquarius dell’Ong Sos Mediterannée. La ragazza, infatti, ha riferito agli investigatori di essere stata reclutata, insieme ad altre 14 connazionali, per essere condotta in Italia con la promessa di un lavoro. Il passo successivo era stato quello del rito Vodoo, per assoggettarla e costringerla a prostituirsi allo scopo di ripagare il debito di ingaggio di 25.000 euro, con la minaccia di ritorsioni verso i familiari rimasti in patria. Una volta sbarcata sulle coste etnee Giuly (nome di fantasia), era stata “accolta” dai referenti dell’organizzazione, i quali l’avevano avviata, tra violenze e vessazioni, alla prostituzione.
Questi i fatti, questa l’ennesima prova di un fenomeno terribile ed oscuro che, nel più assoluto silenzio, si è affermato nelle nostre città, stabilendo un sodalizio delinquenziale con le locali organizzazioni criminali. Ci riferiamo, chiaramente, alla mafia nigeriana, entità della quale, per troppo tempo, si è perfino ignorata l’esistenza, e che è diventata sempre più potente. Come tesmoniano altre inchieste, condotte di recente sul territorio nazionale, la principale attività di questa mafia è, per l’appunto, lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione, oltre al sempre redditizio traffico di droga. I metodi sono quelli comuni a tutte le mafie, ma diventano ancora più pervasivi perchè strettamente legati al retaggio culturale di quelle terre, alle credenze popolari e religiose. Le vittime, in sostanza, sono totalmente soggiogate dal punto di vista psicologico, ed è questa l’arma più potente.
Questa vicenda, a nostro avviso, deve far riflettere ancora una volta sui meccanismi odiosi e criminali che si celano dietro i flussi migratori. Alcune partenze, come racconta questa inchiesta, sono addirittura eterodirette. La disperazione e la fame di masse sterminate diventano occasione di guadagno e di speculazione. Lo spirito di accoglienza viene, troppo spesso, sfruttato per beceri interessi. Una situazione che, la Procura di Catania con in testa il Procuratore Carmelo Zuccaro, denunciano da anni. Spiace constatare, però, che siano stati oggetto di numerosi attacchi, guidati da quella cultura del sospetto e dalla tendenza ad “etichettare politicamente” tutto e tutti che infettano il nostro paese. La questione immigrazione è una delle più complesse dei nostri tempi, e va affrontata con l’impegno e la serietà che, partiti e schieramenti politici, non hanno mai avuto. Serve il controllo dello stato e delle istituzioni, serve chiarezza e limpidezza da parte di quelle organizzazioni che hanno un ruolo fondamentale nell’accoglienza. Ma servono, soprattutto, lungimiranza e voglia di costruire un futuro migliore, che non si esauriscano in un banale ed abusato “aiutiamoli a casa loro”. Il destino ed il futuro di queste terre, meravigliose e potenzialmente ricchissime, passa soprattutto dai loro giovani, dalla loro voglia di crescere, costruire e realizzarsi nella propria nazione, tra la propria gente. Perché, se saranno costretti a scappare in eterno, se l’unica soluzione sarà quella di un lacerante abbandono della patria, nulla potrà mai cambiare.