ROMA – Dea madre, protettrice della regalità, dea funeraria, ma anche grande maga: Iside, l’antichissima dea egizia dal corpo di donna stretto da una lunga tunica aderente, moglie di Osiride, dio dei morti, e madre del dio falco Horo ha sempre esercitato, come simbolo dell’intero Egitto, un fascino irresistibile per i Romani. Come alcuni altri imperatori, affascinati soprattutto dal culto tributato in quella terra ai re divinizzati, anche Nerone ne fu rapito e questa inclinazione è definitivamente emersa dal restauro recente della Domus Aurea dove il Grande Criptoportico del padiglione della villa di Colle Oppio ha svelato tracce dell’immaginario egizio in cui gli dei Anubi e Arpocrate ne sono protagonisti indiscussi.
Un aspetto che ha ispirato la trama della mostra “L’Amato di Iside. Nerone, la Domus Aurea e l’Egitto” che narra la passione di Nerone per l’Oriente, di cui Iside ne incarna l’essenza, e racconta la penetrazione capillare dei culti isiaci nella Roma del I secolo d.C.. Protagonista del racconto è la Domus Aurea, la Casa d’Oro di Nerone che proprio con il sole dorato si identificava secondo una visione di matrice orientale. La suggestione è offerta dal riaffiorare nel portico maestoso, quello che univa i due cortili esterni e permetteva di raggiungere velocemente gli ambienti di rappresentanza più importanti del palazzo neroniano, di affreschi che mostrano, nello splendore di colori derivati dal sapiente uso del blu egizio, decorazioni egittizzanti e soggetti legati al culto isiaco. Sono queste decorazioni che hanno dato lo spunto per “far ritornare all’antico splendore alcuni ambienti del palazzo neroniano” racconta la direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, che ha curato la mostra. Un percorso nuovo nella villa d’oro che grazie a giochi di luce che ricostruiscono evocazioni egizie mette in mostra decine di preziosi reperti legati alla cultura orientale provenienti dai maggiori musei italiani, alcuni ritrovati, come nel caso del frammenti delle statue di Iside e Horus, nei fondali del Tevere. “La parola cultura nasce da colere, culto degli dei, e il culto delle divinità è una chiave interpretativa molto importante per fare un’analisi storica delle varie epoche che si sono succedute” ha commentato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, anche lui affascinato da questa “connessione tra il mondo dell’antica Roma e il mondo dell’antico Egitto”.
(ANSA)