“Assassini” che cercano di “coprire le loro tracce” rifiutandosi di consegnare il corpo di Alexei Navalny. Non usano mezzi termini i familiari del dissidente morto in carcere in Russia per descrivere Vladimir Putin e il Cremlino.
Nonostante la dura repressione e gli avvertimenti, centinaia di russi hanno partecipato venerdì e sabato a piccole manifestazioni in diverse città per rendere omaggio a Navalny. In due giorni, la polizia ha effettuato 401 arresti, secondo l’ong OVD-Info.
Le autorità sono in allerta, un mese prima delle elezioni presidenziali che dovrebbero vedere Putin riconfermato in assenza di qualsiasi opposizione. Il team di Navalny ha detto che le autorità si rifiutano di restituire i resti a sua madre, sostenendo che la causa della morte non è stata ancora stabilita: “È ovvio che gli assassini vogliono coprire le loro tracce. Ecco perché non consegnano il corpo di Alexei e non lo nascondono nemmeno a sua madre”, hanno scritto su Telegram.
Un legale di Navalny è stato informato dagli inquiurenti “che è stato effettuato un nuovo esame istologico” e che i risultati “dovrebbero essere resi noti la prossima settimana”. “È ovvio che mentono e fanno tutto il possibile per evitare di dover consegnare il corpo”, ha aggiunto la portavoce Kira Iarmysh. “Non vogliono che venga alla luce il metodo utilizzato per uccidere Alexei”.
La madre di Navalny, Lyoudmila, si era recata con un avvocato nella colonia penale IK-3 nella regione artica di Yamal dove le è stato consegnato un “documento ufficiale” che conferma la morte del figlio. “Alexei Navalny è stato ucciso”, ha detto Iarmich che, come molti oppositori, è andata in esilio per sfuggire alla prigione. “La sua morte è avvenuta il 16 febbraio alle 14:17 ora locale, secondo il documento ufficiale”. Le autorità penitenziarie russe avevano annunciato venerdì, in un laconico comunicato stampa, che il famoso attivista, detenuto da tre anni, era morto nella colonia penale dove stava scontando una pena di 19 anni. La sua salute era stata indebolita dall’avvelenamento e dalla prigionia e si sarebbe “sentito male dopo una passeggiata” e avrebbe “perso conoscenza”. Le autorità carcerarie hanno assicurato che è stato fatto tutto per rianimarlo e che le cause della morte sono “in fase di accertamento”.
Da allora non sono trapelati dettagli e Vladimir Putin non ha detto una parola sulla scomparsa di questa figura chiave nel monocromatico panorama politico russo. I Paesi occidentali, dal canto loro, hanno denunciato all’unanimità la “responsabilità” del regime. Il presidente americano Joe Biden, “scandalizzato”, ha accusato il suo omologo russo di essere “responsabile”. Un messaggio ribadito da tutti i leader occidentali. Tutte accuse che venerdì il Cremlino ha giudicato “assolutamente inaccettabili”. Vladimir Putin è rimasto sempre in silenzio.
Pechino, alleata del Cremlino, non si è espresso su questa “questione interna russa”. Anche se le autorità russe tacciono sulle circostanze della morte dell’oppositore e i media statali menzionano appena la sua morte, hanno comunque messo in guardia la popolazione da qualsiasi manifestazione. Nonostante gli arresti, sabato i russi hanno marciato in diverse città per deporre fiori, in particolare sui monumenti in memoria dei dissidenti vittime della repressione politica durante l’era sovietica. Sabato a mezzogiorno, una quindicina di moscoviti sono stati arrestati dalla polizia durante un raduno ai piedi del monumento in memoria della repressione sovietica, ha riferito il media indipendente russo Sota.
Nel pomeriggio alcuni curiosi hanno potuto, sotto stretta sorveglianza della polizia, avvicinarsi al monumento lasciandovi fiori e messaggi.
“Non arrendetevi!”, “Non dimenticheremo mai, non ci arrenderemo mai, la Russia sarà libera”, si leggeva sui fogli sparsi tra i fiori ai piedi del “muro del lutto” vicino al Sakharov Avenue, un luogo tradizionale di raduni dell’opposizione e un’arteria che prende il nome da un famoso dissidente sovietico. (AGI)
UBA