La grande attenzione che si è concentrata in quest’ultimo periodo sul problema dei cambiamenti climatici e sulla necessità e sulla urgenza di scelte da effettuare in merito alla diversificazione delle fonti energetiche decarbonizzate ha riproposto di nuovo il controverso dibattito sull’opzione nucleare, che rappresenta comunque un riferimento valido nel panorama di produzione energetica “carbon–free”.
In aggiunta a quanto già indicato dalla roadmap della cosiddetta “quarta generazione dei reattori nucleari a fissione” (vedi precedente nota “Lividi nucleari”), ecco dunque entrare in partita la società TerraPower fondata da Bill Gates, con la sua innovativa proposta bene integrata con le altre risorse rinnovabili che favorirebbe una decarbonizzazione più rapida ed economica della produzione energetica.
Il progetto Natrium Reactor Demonstration (natrium è il nome latino di sodio) prevede l’installazione di un impianto nucleare a fissione da 345 MW basato sulla tecnologia Natrium (sviluppata in collaborazione con Hitachi) e costituito da un reattore veloce – che utilizza cioè neutroni non rallentati (non moderati) – raffreddato al sodio, con un accumulo di energia integrato e con una produzione energetica flessibile, legata alla domanda. Tale impianto dovrebbe trovare collocazione in una centrale a carbone dismessa nello stato del Wyoming.
TerraPower, insieme con la società di energia elettrica PacifiCorp, sta esplorando diversi possibili siti nel suddetto stato per il reattore dimostrativo, sostenuto da università e da alcuni laboratori nazionali. La scelta per la sua allocazione finale dovrebbe essere annunciata entro la fine di quest’anno. La previsione di entrata in esercizio di questo reattore è per la fine di questo decennio.
Caratteristiche del progetto demo del reattore Natrium
Il sistema di accumulo di energia di questo reattore dimostrativo si basa sull’utilizzo di sali fusi. Esso è progettato per aumentarne la capacità fino a 500 MW per oltre cinque ore, sufficienti a soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di quasi mezzo milione di famiglie.
Il combustibile utilizzato sarà l’HALEU metallico (uranio ad arricchimento intermedio, circa il 5%, non ancora disponibile in commercio). Ciò potrà rendere le dimensioni dell’impianto più compatte rispetto a quelle dei siti convenzionali, facilitando la manutenzione sia in termini di economicità che di gestione. Il fatto che tale reattore appartenga alla filiera “veloce”, come già accennato, consentirà di ridurre pure i tempi del rifornimento di combustibile (tipologia di reattore cosiddetto “autofertilizzante”).
La nuova architettura Natrium dovrebbe anche semplificare l’ingegnerizzazione che è propria delle precedenti filiere di reattori. Le apparecchiature meccaniche, elettriche e le altre di natura convenzionale (non nucleare) sarebbero infatti alloggiate a distanza dal reattore, in strutture distinte e costruite secondo criteri industriali convenzionali piuttosto che nucleari, riducendo in tal modo i costi.
Per il trasporto del calore dal reattore al sistema di accumulo dell’energia, e quindi alla generazione di elettricità, Natrium utilizzerà tre fluidi: sodio metallico liquido, sale di nitrato fuso e acqua.
Nella zona attiva, il nocciolo del reattore raffreddato al sodio produrrà calore che verrà trasferito al sale fuso attraverso uno scambiatore. Il sale fuso fluirà quindi dall’isola nucleare a quella di produzione energetica, dove potrà essere immagazzinato (e utilizzato per creare energia elettrica supplementare) o fornito direttamente al sistema di generazione del vapore. Sarà quindi questo vapore surriscaldato ad alta pressione che la turbina (o il generatore) convertirà poi in energia elettrica. Il calore accumulato dal sale fuso che opera come refrigerante in definitiva potrà essere immagazzinato tramite la generazione di vapore.
Un aspetto di sicurezza interessante di questo reattore innovativo è dato dal fatto che i sistemi di raffreddamento potrebbero funzionare senza una fonte di alimentazione elettrica esterna, circostanza che limiterebbe i pericoli in caso di arresto di emergenza che richiederebbe pur sempre il raffreddamento continuo del nocciolo che ospita il combustibile, per evitarne il danneggiamento.
Insieme con i continui progressi nella ricerca sulla fusione nucleare, soprattutto con l’installazione del futuro reattore ITER che dimostrerà la fattibilità scientifica di questo promettente processo di produzione energetica, e con l’avanzamento del progetto sulla quarta generazione dei reattori a fissione che stabilirà un grado superiore in termini di sicurezza di una tecnologia certamente matura, ecco che si aggiungono altre proposte per cercare di far fronte a uno dei problemi più pressanti di questo decennio: l’estrema fragilità del sistema climatico planetario a fronte del continuo processo di produzione di gas serra. Un sistema che ha certamente una soglia, superata la quale sarà davvero difficile poter tornare indietro.
Solo che nessuno conosce esattamente dove sia posto il punto di non ritorno.
Si sa solo che occorre far presto. Non possiamo permetterci di fare delle scelte quando ormai sarà troppo tardi.
Source: agi