Un’ode alla gioventù e alla musica che nasce dal ‘basso’, dalle bande locali e dai ragazzi che suonao negli scantinati. E’ quella che il maestro Riccardo Muti ha portato nell’Aula del Senato con un’orchestra composta da under 30, in occasione del XXVII concerto di Natale di Palazzo Madama. Un evento che celebra anche i venti anni dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Tanti ne sono passati dal quel 2004, quando l’intuizione di Ricardo Muti portò a mettere insieme “il fiore della gioventù italiana”, come il maestro definisce i suoi ragazzi e le sue ragazze. “Come tutti sanno, l’orchestra Cherubini e’ una orchestra di formazione, quindi ogni tre anni iragazzi cambiano”, spiega il maestro: “Possono rimanere anche di piu’, ma sono tutti ragazzi eragazze al di sotto dei trent’anni. In questo venti anni sono passati piu’ di mille tra ragazzi e ragazze, molti dei quali siedono nelle orchestre italiane, nelle orchestre straniere e per me e’ motivo di orgoglio”. Giovani in cui Muti crede al punto da metterli alla prova con composizioni che toglierebbero il sonno anche ai musicisti più navigati. L’overture da Coriolano opera 62 di Ludwig Van Beethoven e la sinfonia Roma opera 37 di Georges Bizet sono, per dirla con il maestro, “due composizioni estremamente complesse”. L’esecuzione emoziona, Riccardo Muti si lascia andare all’entusiasmo: la sua direzione davanti alle alte cariche, ai parlamentari e agli altri ospiti dell’Aula del Senato, si trasforma a tratti in un ballo, una esultanza. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, assiste rapito. Accanto a lui i presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. “Il Santo Natale e’ un momento che unisce e fa superare le divisioni, non esclude nessuno, include e genera unita’ di intenti e di valori ed e’ questo messaggio che oggi noi vogliamo che voli alto sulle note di questa orchestra”, dice La Russa accogliendo gli ospiti. Assente giustificata la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, impegnata in Finlandia con il vertice Nord-Sud. Dei saluti della premier si fa ambasciatore lo stesso La Russa. “Il Presidente del Consiglio oggi non c’e’ perche’ e’ a trovare Babbo Natale e speriamo porti dei regali”, premette la Seconda carica dello Stato con una battuta: “Mi ha incaricato di portare i suoi auguri. Vogliamo che la speranza si alzi forte dall’Aula del Senato e che coinvolga tutti gli uomini e le donne di buona volonta’”. All’ingresso di Riccardo Muti, l’Aula esplode in un applauso. Il maestro chiede silenzio: attende che entri il Presidente della Repubblica. Entra Mattarella e Muti scende dal podio. I due si salutano con calore. Un gesto del maestro e Ludwig Van Beethoven irrompe in un’Aula solitamente percorsa da suoni ben più stridenti. Nelle prime file si notano, oltre alle tre più alte cariche dello stato, il ministro della Cultura Alessandro Giuli e, dalla parte opposta dell’emiciclo, il predecessore, Gennaro Sangiuliano. Poco più in alto rispetto ai banchi sui quali è seduto Mattarella – quelli del governo sono stati rimossi per fare spazio agli strumenti – prendono posto Gianni Letta e Gianfranco Fini. Dall’altra parte volti conosciuti come quelli di Marco Tardelli, Myrta Merlino e Bruno Vespa. Un senatore muove le mani a tempo. Poi le serra a pugno, come a esultare: sotto lo scrittoio si nota lo schermo di un telefono sul quale passano le immagini di Roma-Parma. Nonstante ciò, quando l’esecuzione termina, l’Aula esplode in un applauso accompagnato da una standing ovation. La Russa prende ancora la parola. Parla a braccio, come durante il saluto di benvenuto. “E’ per me un onore, alla presenza del Presidenre della Repubblica – che mi permetto di ringraziare con un applauso – di consegnare al maestro Muti in segno di gratitudine e ammirazione la campanella con cui si cerca di riportare alla tranquillita’ il Senato quando e’ un po’ in ebollizione”, spiega il presidente del Senato: “Nelle mani del maestro puo’ diventare un suono dolcissimo”. Riccardo Muti offre, ancora una volta, una prova della sua vena ironica e autoironica. “Io non ho preparato un discorso”, premette, “e quando non lo faccio nessuno puo’ prevedere cosa esce dalla mia bocca”. Ciò che esce è una dichiarazione d’amore all’Italia, alla sua musica – a partire da qualla ‘bassa’ – e alle nuove generazioni. “Avete ascoltato due composizioni estramenente complesse suonate dal fiore della gioventu’ italiana. Io ho fondato venti anni fa l’orchestra Luigi Cherubini per tramandare gli insegnamenti che ho ricevuto. Non vengo da orchestre blasonate, ma vengo dalla scuola italiana. Sono direttore emerito dell’orchestra di Chicago. ‘A vita’, si dice. Mi chiedo quanto durerà…A trenta gradi sotto zero, quando uscivo dalla sede della Chicago Symphony Orchestra, avevo sempre un grande calore dentro di me perche’ all’Art Institute di Chicago che è lì vicino ci sono i nomi scolpiti di Michelangelo e Raffaello. Sapete cosa intendo. Il lavoro in un orchestra e’ estremamente difficile…quando lo si voglia fare bene”, aggiunge Muti: “C’è dell’eccellenza nelle orchestre e nelle nostre amate bande locali. Io ho cominciato ascoltando la banda di Molfetta, durante un corteo funebre. Non il migliore degli esordi. Ma questa e’ la parte piu’ preziosa della nostra Italia. Questa e’ l’arte. Quando sono stato a Scampia sono andato a trattenermi per ore con dei ragazzini che si sono messi a suonare in una stanzetta quasi senza aria. Non perche’ qualcuno l’avesse loro imposto, ma perche’ volevano trovare cosi’ liberta’ e bellezza. Questa e’ la bellezza della nostra Italia”. E il maestro conclude con un proverbio cinese: “E’ a forza di pensare ai fiori che i fiori crescono”. (AGI)
MOL