AGI – Nel mondo, 200 milioni di donne e bambine hanno subito mutilazioni genitali femminili; tra le vittime, 44 milioni sono bambine fino a 14 anni, e 3,9 milioni di ragazze sono a rischio ogni anno. In questa drammatica forma di violenza rientrano più di 600.000 donne e ragazze in Europa e oltre 80.000 in Italia. Domani, in occasione della Giornata internazionale della tolleranza zero per le Mutilazioni Genitali Femminili (Fgm), Amref vuole dare voce a tutte loro, e far luce su un fenomeno la cui eradicazione è necessaria per l’emancipazione di migliaia di bambine, donne del domani.
La battaglia contro la violenza di genere è una battaglia comune. L’Unione Europea ha da poco avanzato una nuova strategia per l’uguaglianza di genere, e Papa Francesco, solo qualche giorno fa, ha toccato il tema delle mutilazioni genitali femminili, definendo le violenze contro la donna “una vigliaccheria e un degrado” per gli uomini e “per tutta l’umanità”.
“Noi di Amref lottiamo per la visione di un mondo libero dalle Fgm, e faremo il possibile per contribuire a porre fine alla pratica entro il 2030, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)”, spiega Paola Magni, referente per i progetti di contrasto alle FGM di Amref Health Africa. “La complicazione, ora che il mondo sta affrontando la pandemia di Covid-19 di cui siamo tutti al corrente, riguarda le interruzioni e il rallentamento dei progetti e dei programmi di prevenzione e contrasto delle Fgm”. Secondo un report Unfpa, infatti, potrebbero verificarsi due milioni di casi di Fgm nel prossimo decennio che sarebbero stati altrimenti evitati, e la riduzione di 1/3 dei progressi finora ottenuti.
Un recente studio condotto da Amref Health Africa, in collaborazione con Amref International University, sugli effetti della pandemia Covid-19 sulle mutilazioni genitali femminili e sui matrimoni precoci e forzati in Kenya, ha confermato le paure di Magni, dimostrando un crescente numero di casi di FGM nel Paese. La ragione più comune presentata è stata la chiusura delle scuole (50%) e la conseguente permanenza a casa. Prima del Covid-19, inoltre, la ricerca ha suggerito che i servizi forniti per i casi di Fgm includevano consulenza psicologica e sessuale (52%), soccorso (45%) e reinserimento nella comunità (23%). Durante l’emergenza c’è stato un aumento della consulenza psicologica e sessuale (69%), una riduzione dei soccorsi (18%) e del reinserimento nei servizi di comunità (7%) e un notevole aumento dei servizi non offerti dal 15% (prima di Covid-19) al 49% (durante Covid-19).
“Per me la lotta alle mutilazioni è diventata una missione. Mia sorella ha subito la mutilazione genitale femminile quando aveva solo 12 anni. Dopo pochi mesi, è stata data in sposa a un uomo più grande di lei. Non ho potuto fare nulla per lei, ma da allora ho deciso che questa era la mia battaglia. E voglio vincerla”. Sono queste le parole di Ibrahim Ole Kinwaa, che dal 2017 lavora nello staff di Amref in Tanzania per contrastare le Fgm. Anche lui teme le conseguenze del Covid-19 su un’intera generazione di giovani donne.
“Ho paura per le nostre ragazze” dichiara. “Qui in Tanzania la situazione è molto preoccupante. La chiusura delle scuole ha messo a rischio molte ragazze”. Ma Ibrahim e, come lui tanti altri, non si è fatto fermare dal Covid-19: ha continuato con passione il suo lavoro affinché i risultati già raggiunti non venissero sprecati.
In molte zone del continente africano, le Fgm sono un reato ma, purtroppo, come si evince dalle testimonianze di molte donne, la mutilazione è una pratica identitaria, e il divario tra l’esistenza di una legge e la sua applicazione nelle aree più remote, esiste ancora. Ad accompagnare una legge approvata da uno Stato, soprattutto nel caso in cui vieta una pratica molto radicata, servono dei processi di formazione, sensibilizzazione ed empowerment, che riguardino non solo le comunità locali, ma anche tutti i settori coinvolti dal fenomeno: sociosanitario, educativo, legale, forze dell’ordine. È infatti così, con un approccio multisettoriale che in questi anni, con il suo lavoro, Amref ha salvato migliaia di bambine, donne del domani.
Uno degli obiettivi di Amref è infatti dare gli strumenti affinché le comunità scelgano di intraprendere riti di passaggio alternativi (Arp), senza alcuna forma di “taglio”. A oggi, nella sola contea del Kajiado (Kenya) l’azione di Amref ha fatto calare del 24% le Fgm, dal 2009, e sono oltre 20.000 le ragazze salvate direttamente, attraverso gli Arp. Complessivamente, sono circa 500.000 le donne e le ragazze che hanno beneficiato dei progetti Amref, sia in maniera diretta che indiretta.
Amref Health Africa, forte della sua esperienza ventennale nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili (Fgm), come da sempre si impegna a fare nel continente africano, intende ora prevenire e contrastare la violenza di genere rappresentata dalle Fgm anche nelle città Milano, Torino, Padova e Roma: territori di intervento del nuovo progetto “P-ACT”.
Tra le vittime di questa drammatica forma di violenza, si contano infatti più di 600.000 donne e ragazze in Europa e oltre 80.000 in Italia. “In Italia, oggi, facciamo ciò che in Africa portiamo avanti da oltre vent’anni, mossi dall’inconfutabile consapevolezza che ogni donna ha il diritto di essere libera”, spiega Paola Magni. “Siamo felici, inoltre, che gli elementi che, come Amref difendiamo, siano condivisi dall’Unione Europea e inclusi nelle nuove ‘Linee guida sull’Uguaglianza di Genere e Empowerment di Donne, Ragazze e Bambine (2020-2024)’, dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo”.