Musica: Coldplay a Roma, galattico green show per 65mila fan


“Grazie per averci aspettato 21 anni, benvenuti a tutti. Vi voglio bene”. Un pubblico entusiasta si è fatto trovare sugli spalti dello stadio Olimpico di Roma, in una delle serate più calde che ha vissuto la Capitale, rispondendo con un boato al saluto di Chris Martin, il frontman dei Coldplay. Quello di ieri è stato il primo di una serie di concerti che il gruppo terrà a Roma fino al 16 luglio. Eventi che sono tutti soldout da mesi e mesi. Sin dalle prime ore del pomeriggio, i fan si erano assiepati ai cancelli dello stadio, aperti dalle 17. L’afa era insopportabile ma all’interno l’organizzazione ha tenuto conto anche di questo riservando attenzione al pubblico. Erogatori d’acqua gratis e bicchieri per tutti. Personale addetto alla raccolta di rifiuti, per tutelare al massimo l’impianto e far stare meglio tutti. Da tempo i Coldplay riservano interesse ai temi dell’ambiente. Quello a cui assiste il pubblico infatti, è un vero e proprio green show. La band ha ridotto le emissioni di C02 del 59% rispetto al vecchio tour del 2016/17. Non solo, i fan “sostengono il concerto” attraverso un sistema appositamente studiato per ridurre i consumi: sul parterre ci sono pedane dove il pubblico può ballare e con il movimento, attraverso un meccanismo, producono energia. Ci sono anche cyclette per contribuire all’alimentazione energetica, da usare prima e durante il concerto. Il pubblico è chiamato davvero a partecipare a quello che si distingue come un evento all’insegna della sostenibilità. Fra esplosioni di colori, luci sfavillanti, braccialetti consegnati ai fan che si illuminano e vanno a tempo con la musica creando coreografie e immagini, tutto ieri è filato perfettamente liscio. I colori sono davvero uno degli elementi più caratterizzanti di questi concerti, colori e atmosfere che inebriano il pubblico. Su Yellow, per esempio, tutto diventa giallo, pubblico compreso.
Alla prima serata c’erano 65mila persone accorse e alla fine, Roma ne conterà oltre 260mila in quattro date. Sulle tribune anche Roger Federer, “il tennis” per eccellenza, inquadrato più volte dalle telecamere a cui Chris Martin ha dedicato uno “stornello” in inglese. Il concerto, uno show “galattico”, è diviso in quattro parti su circa due ore di evento: Planets, Moon, Stars e Home. Si comincia con Music of the spheres, per snocciolare via via il meglio del meglio. Vere ovazioni per la bellissima Viva La Vida e Hymn for the Weekend. Martin ha invitato anche una ragazza del pubblico a cantare con lui una canzone da lei preferita: la giovane ha scelto Magic ed è stata accontentata. Su A Sky full of Stars, Martin ha chiesto ai fan di mettere “il cellulare in tasca, per cinque minuti. Almeno per una canzone. Alzate le mani – ha chiesto – oppure abbracciatevi e ballate”. Accontentato ovviamente.
Non sono mancati riferimenti alle guerre in corso. Ma soprattutto, non è mancato il richiamo al rispetto dei diritti Lgbtq+ con il frontman avvolto nella bandiera. Il messaggio che vuole far arrivare la band è universale, ovvero di pace assoluta, politica, sociale, sui diritti civli. Insomma, una grande festa “umana”. Del resto, per chi ricorda, all’inizio i Coldplay erano una band intima, quasi malinconica, per poi via via trasformarsi in punto di riferimento per messaggi universali umanitari e di tutela del pianeta. Non a caso, Martin per la canzone My Universe ha fatto ben inquadrare la sua maglietta con su scritto: “Everyone is an alien somewhere” (tutti sono stranieri da qualche parte).
E prima del concerto un filmato viene proiettato per sensibilizzare il pubblico su ambiente e green. Il leitmotiv del tour è un’ode alla razza umana come unica entità che abita un pianeta che deve rispettare e non distruggere. Non dimentichiamo che i Coldplay hanno fatto piantare ben 7 milioni di alberi, tanti quanti sono stati i biglietti venduti negli ultimi anni, a testimonianza di questa loro sensibilità green. Si replica stasera, poi domenica, lunedì e martedì. Poi Chris, Jonny, Guy e Will proseguiranno il tour in Europa. E dopo c’è
l’Australia. (AGI)
MLD