Musica: 3 ore di concerto a Londra,i Cure sul palco non deludono


Le lunghe introduzioni musicali, basate su pianoforti, chitarre e sintetizzatori, acquistano molta più presenza dal vivo, mentre uno straziante Smith confessa in ‘All I ever am’ di aver “perso” tutta la sua vita riflettendo sul tempo e sui ricordi e si chiede a che punto quel ragazzo che voleva mangiare il mondo sia invecchiato così tanto in ‘End song’.
Dopo un breve intervallo, i Cure sono tornati sul palco e il pubblico londinese si è scatenato al sentire gli accordi di ‘Plainsong’, ‘Lovesong’ o ‘High’ e, ascoltando i loro testi con prospettiva, è sorprendente che già nel 1989 le loro canzoni parlassero di vecchiaia.
La parte finale è stata, in parte, un tributo a ‘Seventeen seconds’, il loro secondo album in studio (1980), che compirà 45 anni nel 2025, e naturalmente non sono mancati l’inno gotico ‘A forest’ e altri brani come ‘At night’, ‘M’ o ‘Play for today’.
Poi hanno cantato l’amore in ‘Friday, I’m in love’ e, solo ascoltando le prime note, tutto il pubblico si è alzato dalla sedia. Il finale è arrivato sotto forma di ‘Boys don’t cry’.
Smith ha salutato con un “Grazie. Ci vediamo presto”, si è messo le mani al petto mentre il pubblico applaudiva incessantemente e scandiva il suo nome. I Cure sono tornati e l’attesa di 15 anni è valsa la pena. (AGI)