Di Claudia Lo Presti
Rispetto allo strazio che una realtà vile ed inopportuna come la Mafia ha generato in anni in cui è cresciuta alimentandosi del sangue delle sue vittime, scoprirne gli slanci religiosi ed artistici è grottesco. Eppure essa ha tenuto nelle stessa mano armi e rosari, si è circondata di beni di incalcolabile valore. Parimenti ha cambiato il destino di persone che della propria vita avevano cercato di fare un capolavoro; loro, che di capolavori hanno riempito le proprie opulente abitazioni, giocando a fare “gli intenditori”. La bellezza salverà il mondo, l’ostinazione nella ricerca della verità ci riporterà sempre sulla strada giusta; e da aggiustare.
La cultura, in un’epoca in cui esistono i traduttori e non è più fondamentale per farsi capire imparare le lingue, non sottovaluta la varietà di sfumature che esistono in brevi cenni del capo, in quel suono del palato rafforzato da un cenno della testa; quanto da poveri di dottrina si possa scrivere in un pizzino dove sembrano potere entrare infiniti concetti, più di quanti non ne contengano carpette, cartelle, dossier di interminabili anni di indagini. Le vite dei giusti blindate, quelle degli empi sfrontatamente esibite.
I valori ed i sacrifici di chi ha perduto e vinto, le condanne di durata non proporzionata al reato commesso, i sopravvissuti che raccontano. E raccontano… Scorrono le immagini e ciascuno a suo modo narra le memorie, proprie e degli altri, ricordando dove si trovava esattamente quel giorno, a quell’ora, quando la storia sbagliata stravolgeva le storie di intere famiglie incolpevoli ed osservanti di un dovere.
Intrecci talmente fitti che i loro fili si possono seguire sino ad un certo punto quando poi diventano imprendibili per l’occhio umano e ascoltare ciò che è stato ci si chiede se serva a cosa. Il racconto delle storie degli altri ci strazia, l’interruzione ci lascia disarmati.
Ho visto e riflettuto. Ho visto in un teatro nero al chiuso, attrici che raccontano donne straziate che stringono al petto una valigia da cui i sogni sono volati via (Libere, di Cinzia Caminiti, 2022). In una gabbia tridimensionale in un teatro all’aperto, prossimo al binari ed al mare, attrici/donne vittime di un sistema mafioso che fanno il verso agli uomini, trasformandosi in essi, dicendo le peggio cose nell’epoca del maxi processo, la vicenda relativa alle dichiarazioni dei pentiti riguardo alle connivenze mafiose ed al favoreggiamento di cui venne incolpato Bruno Contrada.
Se tutti quelli che hanno perduto e vinto trent’anni fa, fossero ancora vivi oggi e si trovassero in queste contingenze pandemiche, a vivere il bombardamento mediatico martellante di una guerra in realtà più atroce di ciò che si dice, chissà quanti reati riscontrerebbero, quali altre facce della mafia svelerebbero, quali altri nomi troverebbero per parlare ancora dello stesso malessere…
“Se io muoio, altri dopo di me verranno, altri che come me non temono la morte”, Giovanni Falcone
“Nella vita, sono stato sempre il secondo: lo sarò anche nella morte”, Paolo Borsellino.