Morning Bell, dopo il rialzo dei tassi della Fed i mercati corrono ma restano volatili


AGI – I mercati corrono ma restano anche molto volatili, dopo il primo rialzo dei tassi della Fed dal 2018. A spingerli verso l’alto ci sono anche i progressi nei colloqui di pace tra Russia e Ucraina e la schiarita sui lockdown in Cina.

Il rendimento del Treasury a 10 anni si assesta al 2,14% dopo aver toccato il top da tre anni al 2,185%, sulla scia della Fed, mentre il tasso del biennale s’impenna all’1,926% e la curva dei rendimenti si appiattisce. Gli investitori e gli economisti prestano molta attenzione ai rendimenti dei Treasury perché fissano un tetto massimo ai costi di finanziamento e sono un input importante nei modelli finanziari che gli investitori utilizzano per valutare le azioni e altre attività.

La Fed ieri ha annunciato un aumento dei tassi di interesse Usa di un quarto di punto, come previsto, e ha anche annunciato altri sei rialzi equivalenti, uno ad ogni riunione del Fomc per il resto di quest’anno, per combattere aggressivamente l’inflazione.

In Asia i listini vanno in rally, con Tokyo a +3,4%, Hong Kong che vola a +5,2% e Shanghai a +1,6%. Dietro questa impennata ci sono le mosse Fed ma già ieri Hong Kong aveva invertito la rotta e, dopo due giorni di ‘tempesta’, aveva segnato un clamoroso +9% (+22% il settore tech), il top dall’ottobre 2008, dopo che la Cina aveva annunciato una politica per favorire il mercato dei capitali. Il vice premier Liu, che è la ‘longa manus’ di Xi Jinping in economia, in una riunione del Comitato per la stabilità finanziaria, aveva lanciato misure a sostegno degli operatori del mercato immobiliare e atte a “soddisfare la necessità di rilanciare l’economia nel primo trimestre”.

A Wall Street i future sono deboli dopo l’impennata di ieri, sulla scia della d3cisione della banca centrale Usa e dell’accresciuto ottimismo sulle trattative in Ucraina. Ieri sera il Dow Jones aveva chiuso a +1,5%. Inizialmente era diventato rosso subito dopo l’annuncio della Fed e poi ha altalenato a lungo durante la sessione. L’S&P 500 ha chiuso a +2,2% e il Nasdaq a +3,7%. In frenata i future sull’EuroStoxx 50, dopo che ieri la diffusione di un piano in 15 punti per concludere il conflitto tra Russia e Ucraina, ha aperto nuovi spiragli di pace e messo il turbo alle Borse europee. Bene anche lo spread tra Btp e Bund che ieri ha chiuso in calo a 150 punti. Molti osservatori avevano ipotizzato una banca centrale statunitense cauta nel guardare ai prossimi mesi, alla luce della guerra in Ucraina e del possibile effetto delle sanzioni. Le decisioni sui futuri rialzi invece mostrano una Fed abbastanza ‘falco’, aggressivamente decisa a procedere in base alla tabella di marcia già delineata per combattere un’inflazione che continua a salire, dopo aver toccato a febbraio il top da 40 anni. Citigroup e Wells Fargo hanno annunciato che i loro tassi di base saliranno al 3,5% dal 3,25%, sulla scia della mossa della Fed. E oggi toccherà alla Banca d’Inghilterra rialzare i tassi, portandoli dallo 0,50% allo 0,75%. Tuttavia i mercati non sembrano spaventati da tutte queste strette, perché in qualche modo avevano già prezzato le mosse della Fed, come dimostra l’andamento del dollaro, che è sceso dello 0,6% dopo il rialzo dei tassi, nonostante avesse guadagnato il 3% dall’inizio della guerra Russia-Ucraina e il 10% dallo scorso maggio. Oggi il biglietto verde in Asia ha perso un ulteriore 0,2%.

Il prezzo dell’oro è piatto, dopo il minimo da tre settimane toccato dopo la Fed e l’impennata dei rendimenti sui Treasury. Lo Spot gold resta a 1.929,57 dollari l’oncia, dopo aver toccato il minimo dal 28 febbraio a 1.894,70 dollari. Oggi la Boe annuncia il suo terzo rialzo consecutivo dei tassi per fronteggiare l’aumento dell’inflazione e inizia la due giorni della Boj, la Banca del Giappone, che invece manterrà un approccio ultra-accomodante. Sul fronte Bce, oggi sono attesi gli interventi della presidente Christine Lagarde, del capo economista Philip Lane e del ‘falco’ tedesco Isabel Schnabel. Sempre oggi usciranno dagli Usa i dati sui sussidi settimanali di disoccupazione, sulla produzione industriale sull’avvio di nuovi cantieri, mentre sono attesi anche i dati sul Pil dell’Eurozona e febbraio, che dovrebbe essere confermato a +5,8%.

Petrolio in rialzo ma resta molto volatile

Il prezzo del petrolio resta molto volatile e risale in Asia, con il Brent che torna sopra quota 100 dollari al barile e i future sui contratti Wti che salgono a 96,84 dollari al barile. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) ha detto che il calo della domanda di petrolio, causato dal rialzo dei prezzi non avrebbe compensato l’arresto delle forniture di petrolio russo. In precedenza a New York i prezzi del petrolio erano scesi, avvicinandosi ai livelli di prima dell’invasione militare russa dell’Ucraina, con il Brent poco sopra a 98 dollari e il Wti poco sopra i 95 dollari al barile. Dall’inizio dell’invasione in Ucraina il prezzo del petrolio è invece salito intorno al 40%. “L’attuale trend segue le speranze e le aspettative sollevate dagli sviluppi tra Russia e Ucraina”, afferma Matt Smith, analista di Kpler. Dai nuovi colloqui tra Kiev e Mosca, definiti “più realistici” dal premier ucraino Volodymyr Zelensky, emerge che i negoziatori stanno ora discutendo “un compromesso”, che renderebbe l’Ucraina un paese neutrale, sul modello di Svezia e Austria. “Sembra che gli investitori attribuiscano molto peso a questi piani di neutralità, ma consiglierei estrema cautela su questo argomento”, avverte Smith, secondo il quale i prezzi del greggio sono destinati a riprendere quota perché ci si prepara ad affrontare una mancanza di offerta. “In teoria, nelle prossime due settimane ci sarà una mancanza di offerta”, il che dovrebbe far salire i prezzi, assicura.

La Fed riaza i tassi per la prima volta da tre anni

La Fed ha rialzato i tassi Usa di un quarto di punto, per la prima volta dal 2018, portandoli allo 0,25-0,50%. La banca centrale Usa prevede di riportare i tassi al 2% entro la fine dell’anno, allo stesso livello di due anni fa, prima della pandemia di Covid. In pratica farà sette rialzi quest’anno, incluso quello appena annunciato. Il che vuol dire che ritoccherà il costo del denaro di un quarto di punto a ogni riunione fino alla fine dell’anno, anche se Powell non esclude la possibilità di un ritocco più consistente di mezzo punto percentuale. “La Fed è consapevole della necessità di tornare alla stabilità dei prezzi ed è determinata a usare tutti gli strumenti per farlo. Senza stabilità dei prezzi non possiamo avere la massima occupazione”, spiega Powell osservando che l’istituto deciderà di riunione in riunione come è appropriato procedere. “Se riterremo appropriato dover rialzare i tassi più velocemente lo faremo”. Molti osservatori avevano ipotizzato una banca centrale cauta nel guardare ai prossimi mesi alla luce della guerra in Ucraina e del possibile effetto delle sanzioni.

Le parole di Powell invece mostrano una Fed più ‘falco’ del previsto, decisa a procedere in base alla tabella di marcia precedentemente delineata per combattere un’inflazione che continua a salire. “L’invasione da parte della Russia sta causando enormi difficoltà dal punto di vista umano ed economico. Le implicazioni per l’economia americana sono molto incerte, ma nel breve termine l’invasione potrebbe creare ulteriori pressioni al rialzo sull’inflazione e pesare sull’attività economica”, afferma Powell. Inoltre la Banca centrale Usa ha preannunciato che al prossimo direttivo, che si svolgerà il 3 e 4 maggio, inizierà anche a ridurre il maxi-bilancio da 9.000 miliardi di dollari. “La nostra visione è molto chiara – ha detto Powell – assistiamo ad un mercato del lavoro molto forte. L’economia di fondo è forte, i bilanci delle società sono solidi. E nel nostro scenario previsionale di base la crescita economica è forte ma l’inflazione è fuori target. E quindi ora usiamo i nostri strumenti per ripristinare la stabilità dei prezzi”.

Secondo le tabelle diffuse contestualmente alle decisioni di politica monetaria, per l’effetto della guerra in Ucraina e delle sanzioni decise contro la Russia, i banchieri centrali Usa hanno marcatamente rivisto al ribasso le previsioni di crescita economica di quest’anno, a +2,8%, dal +4% stimato a dicembre, mentre hanno confermato al 2,2% la crescita 2023 e a +2% quella 2024. “Non ritengo il rischio di recessione particolarmente elevato”, ha precisato Powell. Sull’inflazione ora al Fomc prevedono un 4,3% quest’anno, 2,7% nel 2023 e 2,3% nel 2024. Lo scorso dicembre prevedevano 2,6% quest’anno, 2,3% il prossimo e 2,1% nel 2024. E poi ci sono le previsioni del Fomc sui tassi che esso stesso decide. In media sui Fed fund i banchieri centrali Usa stimano che salgano all’1,9% quest’anno e al 2,8% il prossimo, laddove tre mesi fa pronosticavano rispettivamente 0,9% sul 2022 e 1,6% sul 2023. “Sentiamo che l’economia va molto forte ed è in grado di sostenere un inasprimento monetario”, ha detto Powell.

La stagflazione è dietro l’angolo

La forte volatilità dei mercati è legata al timore che le vicende belliche e i prossimi rialzi dei tassi possano frenare la crescita senza riuscire a raffreddare l’inflazione. Insomma, la temibile stagflazione è dietro l’angolo. Che significa? Diciamo che un’economia entra in stagflazione, quando soffre non solo per l’assenza di crescita ma anche per un forte rincaro dei prezzi. “La stagflazione – sostiene Antonio Cesarano – in questo contesto diventa uno scenario sempre più probabile almeno per l’Europa e successivamente potrebbe interessare anche gli Usa”. Ci sono tutte le premesse perché si entri in stagflazione in Europa, dove l’inflazione è prevista sopra il 5% nel 2022 e la crescita è sotto stress. “Diciamo che la stagflazione è attesa in Europa tra il primo ed secondo semestre ed è in ritardo di almeno un paio di mesi negli Stati Uniti”. In questa fase l’Europa è più a rischio in quanto risente maggiormente dei crescenti prezzi dell’energia, mentre a proteggere gli Stati Uniti è la sua autonomia in termini energetici. L’effetto stagflazione comporterà un forte dilemma di politica monetaria. Dopo il focus quasi monotematico sull’inflazione potrebbe seguire un maggior equilibrio per tenere conto anche del tema crescita per far ripartire l’economia. “Per prima comincerà la Bce – dice Cesarano – tra qualche mese potrebbe essere il turno anche della Fed, che prima però potrebbe tentare di avviare una breve fase di rialzo tassi/riduzione del bilancio”. A vantaggio della Fed c’è anche un altro fattore, ossia che vi sono componenti dell’inflazione che possono essere ridimensionate tramite il rialzo dei tassi come ad esempio i prezzi degli affitti e delle auto”. In Europa invece l’inflazione dipende in gran parte dal caro energia, una componente su cui i tassi incidono poco.

FT rivela bozza di piano di pace in 15 punti

A tre settimane dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, Kiev e Mosca parlano di “significativi progressi” nelle trattative. I margini di un accordo restano limitati ma il Financial Times anticipa una bozza del piano di pace in Ucraina, in 15 punti, che include la rinuncia dell’Ucraina alla Nato e la promessa di non ospitare basi militari straniere o armi, in cambio di protezione da Usa, Gb e Turchia. Nel piano si prevede un cessate il fuoco e il ritiro russo se Kiev dichiarerà la neutralità e accetterà di porre dei limiti alle sue forze armate. Più nel dettaglio l’Ucraina potrà mantenere le sue forze armate, ma sarebbe obbligata a rimanere al di fuori delle alleanze militari come la Nato e ad astenersi dall’ospitare basi militari straniere sul suo territorio. La natura delle garanzie occidentali per la sicurezza ucraina – e la loro accettabilità per Mosca – potrebbe ancora rivelarsi un grande ostacolo a qualsiasi accordo, così come lo status dei territori ucraini sequestrati dalla Russia e dai suoi mandatari nel 2014. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov spiega ai giornalisti che una neutralità che preveda lo status di Austria o Svezia è considerata da Mosca una possibilità da prendere in considerazione. “Questa opzione è davvero in discussione ora. È un possibile compromesso” dice Peskov. “Kiev però rifiuta l’idea e dice aver proposto “un modello di garanzie di sicurezza”. Zelensky si rivolge poi al Congresso americano, invitandolo a fare di piu’: “Una no fly zone non è chiedere troppo”, dice suggerendo come alternativa quella di “fornirci aerei e sistemi di difesa”. Dopo il discorso di Zelensky, Joe Biden definisce Putin un “criminale di guerra” e annuncia altri 800 milioni di dollari di aiuti a Kiev, comprendenti anche droni e armi antiaeree.

Si avvicina il default della Russia

Mosca rischia il default per un debito di 117 milioni: non succedeva dal 1917. Alcuni investitori che attendevano per oggi il pagamento delle cedole su due bond in dollari non hanno ancora ricevuto le somme attese. Lo riferisce una fonte finanziaria sottolineando che il pagamento potrebbe ancora arrivare nelle prossime ore e che comunque a Mosca è concesso un ‘periodo di grazia’ di un mese prima del default conclamato. Non è ancora chiaro come esattamente Mosca intende far fronte ai suoi obblighi. Le sanzioni internazionali hanno bloccato gran parte delle riserve valutarie del Paese, che normalmente sarebbero utilizzate per onorare tali debiti. Il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha già detto che Mosca userà le sue riserve di yuan cinesi per effettuare alcuni dei pagamenti in euro e dollari. In alternativa, il governo ha avvertito che i pagamenti ai creditori dei Paesi “ostili” saranno effettuati in rubli, anche se la valuta si è fortemente deprezzata dall’invasione dell’Ucraina. William Jackson, capo economista di Capital Economics, ha spiegato alla Cnbc che, sebbene alcune obbligazioni russe, quelle emesse dopo il 2018, consentano pagamenti in rubli, questo non si può applicare ai due bond in scadenza oggi e che tentare di pagare in rubli equivarrebbe a un default parziale, in quanto non scatterebbe da subito ma potrebbe giovarsi di un periodo di grazia di 30 giorni prima di diventare ufficiale. Anche Fitch è dello stesso avviso. Due fonti vicine alla situazione hanno inoltre riferito che il pagamento delle cedole di bond governativi russi in dollari in scadenza non è stato annunciato entro la chiusura della seduta di Londra. Il presidente Vladimir Putin ha detto che la banca centrale russa non ha bisogno di stampare moneta e che il Paese ha risorse sufficienti per affrontare le sfide attuali. Mosca sta intanto lavorando con Pechino a un’alternativa al sistema internazionale di pagamenti Swift in risposta alle sanzioni imposte dall’Occidente. Al momento il messaggio che Mosca intenderebbe lanciare, secondo Timothy Ash, senior strategist di BlueBay Asset Management, è che, “se l’Occidente vuole che i creditori occidentali siano pagati, allora le sanzioni sulla banca centrale devono essere allentate”.

Source: agi