Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)
Il tema della mobilità sostenibile ad oggi è, senza dubbio, uno di quelli che tengono maggiormente banco in ambito politico e sociale. Tra i mezzi maggiormente gettonati, specie negli ultimi mesi, possiamo certamente annoverare i monopattini elettrici. I “due ruote”, d’altra parte, sono finiti al centro di un vivace dibattitto nell’opinione pubblica italiana, sia per i recenti incentivi governativi che per le caotiche situazioni (multe, incidenti ecc), verificatesi in diverse città del Belpaese.
Un mercato, quello dei monopattini elettrici, in continua crescita, seppur in quadro mondiale ricco di contraddizioni. É questo quello che ci rivela lo studio “How e-scooters can win a place in urban transport” condotto dal Boston consulting group. Un giro d’affari che, a livello globale, si aggira sui 30 miliardi e che, al momento, trova terreno fertile in 350 città. Nel contempo aumentano gli investimenti in favore dei gruppi egemoni nel settore, che possono quindi implementare la qualità della loro offerta e il loro radicamento nei vari angoli del globo. Lo studio sopracitato, in ragione della continua crescita del comparto, ha individuato 750 città del mondo considerate “ideali” per sviluppare l’uso dei monopattini. Proprio da questa analisi, però, vengono fuori le maggiori controversie, dettate soprattutto dalle profonde differenze infrastrutturali, culturali e sociali che caratterizzano le città protagoniste dello studio. Se realtà come Berlino e Copenhagen potrebbero diventare l’Eden dei monopattini, altre sono invece meno adatte e stanno incontrando grandi difficoltà nel gestire il boom di questi mezzi.
Non sono pochi, infatti, quei comuni, e ce ne sono molti in Italia, che hanno limitato l’uso dei monopattini elettrici e che hanno dovuto registrare infrazioni, incidenti e situazioni poco piacevoli. Problematiche che, secondo il Boston consoulting group, potrebbero essere risolti grazie ad una moderna pianificazione urbana ed alla creazione di spazi ad hoc, come ad esempio avviene con le piste ciclabili. Osservazioni sicuramente corrette, ma molto dipende anche dalla conformazione strutturale di determinate città e soprattutto dall’aspetto culturale, dallo sviluppo di un’idea di mobilità che non sia monopolizzata da auto e motoveicoli.
Tornando all’aspetto prettamente economico ed alle opportunità che un simile mercato offre, vale la pena sottolineare quelli che sono i marchi egemoni del settore, quelli che hanno più successo in Italia. Primatista è la cinese Xiomi, seguita da Segway (azienda USA passata ad una proprietà cinese nel 2015, che proprio in questi giorni ha deciso di chiudere i battenti) e dalla tedesca Hudora. I marchi italiani (Nilox, Nito e Vivobike) al momento curano, soprattutto, progettazione e distribuzione dei monopattini, dal momento che nel nostro paese sono pochi gli impianti di produzione. Se le istituzioni hanno deciso di incoraggiare la mobilità sostenibile perché non farlo, ad esempio, sostenendo la nascita di poli produttivi tricolore? Le capacità della nostra industria e il genio italico potrebbero, davvero, sfruttare al meglio le opportunità offerte da un settore in crescita, superando anche le difficoltà della sua piena affermazione nei confini nazionali e puntando, con forza, sulle esportazioni.