Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)
Sono giorni di assoluta tensione quelli che si stanno vivendo a Mondragone, località in provincia di Caserta, da quando è stato individuato un focolaio di Covid-19 nei palazzi ex Cirio. Il complesso abitativo, situato alla periferia della città, ospita ufficialmente oltre 700 persone, alcune delle quali appartenenti ad una comunità rom di origine bulgara, all’interno della quale sono stati individuati i 43 soggetti positivi.
Subito dopo l’istituzione della zona rossa, sono scoppiate le rivolte dei cittadini stranieri e, alcuni di loro, hanno violato le restrizioni scendendo in strada per protestare. Altri ancora, nonostante i controlli, hanno fatto perdere le proprie tracce, dandosi alla fuga nottetempo. A questi eventi, sono seguite una serie di tensioni tra la comunità rom e i mondragonesi, sfociate in violenza da una parte e dall’altra, che hanno determinato un preoccupante scenario di guerriglia urbana. Uno scenario, però, che non è figlio della contingenza del momento o dell’emergenza sanitaria, ma che è il previdibile esito di una realtà, quella dei palazzi ex Cirio, fuori controllo ed ai limiti della legalità ormai da almeno un decennio.
La prima, inquietante, criticità riguarda l’esatto numero di residenti, sconosciuto alle istituzioni locali. Il motivo? Molti di essi vivono in quei condomini abusivamente, non hanno sottoscritto alcun contratto, ma sono ospiti dei loro connazionali. Insomma, vere e proprie abitazioni pollaio, stipate fino all’inverosimile e totalmente incontrollabili. Quasi tutti gli stranieri, inoltre, lavorano nelle campagne, spesso in condizioni di sfruttamento e caporalato. Ancora una volta, quindi, si evidenziano gli errori e l’assenza dello Stato, della Regione, del Comune. Non si capisce quale logica abbia suggerito la creazione di questa enclave rom e la conseguente nascita di un “quartiere ghetto”. In una situazione del genere, chiaramente, la tensione sociale, la grande e piccola criminalità e l’illegalità diffusa la fanno da padrone e rendono, di fatto, impossibile ogni forma di integrazione o di pacifica convivenza tra stranieri e autoctoni.
Un focolaio di tensioni, una miccia pronta ad esplodere, un fuoco che cova sotto la cenere da anni, senza che nessuno sia mai intervenuto seriamente. I casi di contagio e l’istituzione della zona rossa, quindi, hanno rappresentato la classica goccia che fa traboccare il vaso. Un vaso che, in questi anni, è stato riempito dall’assenza delle istituzioni di ogni ordine e grado, da uno stato che, a Mondragone come in altre realtà italiane, ha abdicato al suo ruolo.