Moda: Confindustria Fermo,se si fermano scarpe si fermano Marche


“Abbiamo bisogno di misure certe e norme che non cambiano all’improvviso e il caso Superbonus è emblematico: la politica deve capire che le norme retroattive per chi fa impresa sono devastanti e l’imprenditore programma, non improvvisa. Purtroppo, questa modalità d’azione sta penalizzando anche il settore moda, motore della provincia di Fermo e anche delle Marche, nonostante le buone performance dell’automotive”. Così il presidente di Confindustria Fermo, Fabrizio Luciani, a pochi dalle elezioni Europee parlando delle difficoltà del sistema moda. Due le priorità: “Costo del lavoro e credito d’imposta: si fermano le scarpe, si fermano le Marche”. Da qui la richiesta di “una politica industriale ragionata, condivisa e soprattutto stabile”. Per il calzaturiero, settore leader nelle Marche per vocazione all’export farmaceutico escluso, il fatturato nel periodo gennaio-marzo di quest’anno è calato dell’8,9% a 366 milioni. “Il credito d’imposta per ricerca e sviluppo è in attesa dell’ultimo fondamentale step: le linee guida che porteranno i certificatori a verificare gli investimenti di calzaturieri e cappellai – spiega Luciani -. Ma devono essere linee guida dalle maglie larghe, altrimenti alla crisi dei mercati si aggiungerà quella finanziaria. E soprattutto serve una norma chiara e definitiva da qui in avanti che non penalizzi la creatività”. Guerre, aumento dei dazi e logistica stravolta dal blocco del canale di Suez: il contesto internazionale pesa sul locale. “Scarpe e cappelli fanno le Marche grandi nel mondo – osserva il presidente degli industriali Fermani -. Il problema è che la gente oggi non compra. I dati degli analisti si fermano spesso al ‘valore’ dimenticando la quantità. Il crollo delle produzioni è compensato dall’aumento dei prezzi di vendita delle griffe. Ma se così il fatturato dei grandi resiste, a fermarsi è quello dei tanti imprenditori e artigiani del nostro distretto”. (AGI)